Una vita difficile

Affrontare l’organizzazione di una rassegna cinematografica internazionale con un mucchio di buone intenzioni aiuta. Nella cinquantaduesima edizione del “Taormina FilmFest”, chiusasi con l’edizione recentemente restaurata de “Il fantasma dell’Opera”, le buone intenzioni hanno convissuto con l’ineludibile austerity imposta dall’assenza, fra i finanziatori, di BNL.

La manifestazione conclude il programma delle proiezioni per la sezione “opera prima” con due pellicole dirette ed interpretate da artisti italiani: “L’estate del mio primo bacio” e “Anche libero va bene”. Se il film diretto da Carlo Virzì non testimonia che il debutto di un regista evidentemente convinto che il perbenismo borghese e le inquietudini sentimental-sessuali di un adolescente non siano un concetto esaurito, di differente caratura appare, invece, l’esordio dietro la macchina da presa di Kim Rossi Stuart. La vita sembra somigliare molto poco al cinema, ai suoi colpi di scena, a volte straordinari, talaltre semplicemente improbabili. E il quotidiano dramma di uno sfortunato cameraman umiliato dalla moglie li esclude categoricamente: dissolvenza in nero, titoli di coda. Nessun intreccio autoconclusivo, insomma.

Sono stati i cortometraggi di “Play the Lab”, concorso lanciato da Nokia e Mikado (dal laboratorio creativo ideato da Wim Wenders – NdR) a fare da interludio fra i due film italiani. Il taglio quadrangolare delle immagini e la durata dei filmati, non fanno che accentuare l’elemento di novità di una soluzione espressiva controversa.

Imputare, in parte o in tutto, all’attuale direzione artistica la progressiva perdita di smalto del festival potrebbe essere sensato. Sed in dubio pro reo.


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