Tra gli occupanti anche cinque minori e tre portatori di handicap. Dal sindacato la richiesta di un confronto vero con le parti sociali. «Occorre instaurare un dialogo fisso - dice Zaher Dervish -. Loro parlano di occupazione abusiva, io direi riqualificazione visto che questi locali erano in condizioni di abbandono già dal 1991»
Uditore, tentato sgombero per tre famiglie Occupato bene confiscato e abbandonato
Un nuovo tentativo di sgombero da parte della polizia municipale, a Palermo, nei confronti di famiglie senza casa che occupano alcuni locali sotto il livello della strada in via Beato Angelico 53, al quartiere Uditore. I vigili si sono limitati a raccogliere i dati e identificare le 12 persone presenti, tra cui cinque minori e due portatori di handicap. Si tratta di tre famiglie che da tempo hanno scelto come casa un immobile confiscato alla mafia in stato di abbandono. Presenti sul posto i rappresentanti del Sunia, sindacato inquilini della Cgil.
«La nostra presenza ha fatto desistere gli agenti dal portare avanti lo sgombero – racconta a MeridioNews Zaher Dervish, responsabile palermitano del Sunia -. Ma il problema così non trova una soluzione. La situazione ormai è diventata a dir poco esplosiva. Loro parlano di occupazione abusiva, io direi riqualificazione visto che questi locali, secondo quanto riferiscono le persone che vi abitano, erano in condizioni di abbandono già dal 1991».
Un refrain, quello degli sgomberi, che ormai si ripete sempre più spesso in città. Neanche un mese fa gli sgomberi di via Siracusa. «Si fa oltretutto un piano di alienazione degli immobili di proprietà pubblica senza prendere in considerazione le esigenze di famiglie che vivono in un totale disagio abitativo. Tra queste anche alcune che vivono in auto – continua il sindacalista -. Abbiamo chiesto come sindacati un incontro al sindaco ma non abbiamo avuto risposta. Occorre instaurare un dialogo fisso con le parti sociali come regola fondamentale per risolvere i problemi sociali della città che a nostro avviso non sono affrontati».