Sono usciti i testi dei quesiti che come ogni anno gli aspiranti camici bianchi di tutt'Italia hanno dovuto risolvere per guadagnarsi un posto tra le matricole dell'ambitissima Facoltà di Medicina e Chirurgia, dove il numero chiuso non perdona. Quaranta le domande di cultura generale, la metà dell'intero questionario
Tutta colpa del decostruttivismo
“La coscienza di Zeno” potrebbe essere un quadro di Modigliani, Leonardo Sciascia potrebbe non aver scritto “Il giorno della civetta” e quando parliamo di «questioni di lana caprina» potremmo riferirci a cardigan e maglioni. I test di ammissione alla Facoltà di Medicina e Chirurgia sono il regno dell’improbabilità, una fucina di affermazioni che si contraddicono e si spiegano a vicenda, che hanno lo scopo di verificare quanto siano preparati gli aspiranti medici del domani. Si sa, per un chirurgo è essenziale, più che avere la mano ferma, capire che Garibaldi, nell’aprile 1861, riteneva che il dualismo tra garibaldini e truppe regolari fosse un falso problema.
Sì, perché degli ottanta quesiti che compongono il questionario a cui si sono sottoposti, la scorsa settimana, migliaia di studenti italiani, ben quaranta hanno a che fare con la cultura generale, e la rimanente metà è divisa tra biologia, chimica, fisica e matematica.
Come a voler dire: chi se ne importa che un potenziale ginecologo non conosca la differenza tra un’amniocentesi e una endoscopia, quel che conta è che abbia letto quell’articolo di Repubblica, uscito il 3 maggio 2010, in cui Michèle Petit spiega che «leggere costituisce un ambito privilegiato in cui elaborare un universo interiore e quindi, di riflesso, per relazionarsi con l’universo esteriore».
Quaranta domande, ciascuna con cinque risposte possibili ma solo una corretta che dovrebbe far parte del background culturale di ogni candidato alla professione di dottore.
Okay: «dirimere una questione» significa risolverla e una persona con molti interessi non può definirsi «sinottica» bensì «eclettica», questo non è troppo complicato, ma perché un neo-diplomato dovrebbe sapere che «sbrigare una pratica burocratica» equivale ad evaderla, cioè portarla a termine?
Tutti i neo-diplomati, si sa, passano i pomeriggi dopo la scuola a sperimentare che le vie della burocrazia sono infinite.
Sì, certo, non è una domanda impensabile, come non è impensabile chiedere quale sia il sinonimo di «vagliare» tra «decidere» e «custodire», o il contrario di «evasivo» tra «sfuggente» e «suggestivo».
D’altro canto, termini come «glabro» non sono forse di uso comune? «Ma Berlusconi non era glabro dieci anni fa? Oh, quell’uomo, invece di invecchiare, ringiovanisce. Beato lui!».
E la cronaca di questi giorni non ci ha forse fatto esclamare, più volte, che la situazione politica italiana odierna è «kafkiana», tendente al «boccaccesco»? Ieri, me lo diceva mio fratello, che ha diciassette anni e tra un anno i test per Medicina vuole farli lui: «Luisa», mi diceva, «non trovi che la situazione politica italiana odierna sia kafkiana e tendente al boccaccesco?». E, subito dopo, mi ha spiegato che stava guardando un telefilm in streaming e un neurologo aveva «proceduto all’escissione di un basilioma nella regione temporale sinistra». Scissione? Regione? Io gli ho detto che non sapevo che Bossi avesse una laurea in Medicina, e lui se n’è andato indignato, dandomi dell’ignorante, ma ancora non ho capito perché: mica sono tenuta a sapere che Bossi esercita la professione medica nei telefilm in streaming su internet.
Però sono tenuta a sapere che Arnold Schönberg, il celeberrimo Arnold Schönberg, ha inventato un tipo di musica che si chiama «dodecafonica», che non è una roba da clavicembalo, ma una cosa contemporanea. Figuratevi, è così nota che Wikipedia dedica ben sette righe alla definizione di «dodecafonia» e, dopo averle lette, tutto è chiarissimo, gli occhi ti si illuminano di scienza e conoscenza, diventano come quelli di Calderoli.
Ma siccome abitiamo in Italia, basta leggere i giornali per passarli, questi test per Medicina. Tra le risposte alla domanda sul significato dell’espressione «dare l’ostracismo a qualcuno», tipo, mi aspettavo di trovarci la fotografia di Gianfranco Fini, e sempre a lui ho pensato quando c’era da identificare la parola “fuori dal coro”: «trama», «protagonista», «intreccio», «antagonista» e «decisionista». L’ultima, no? Il nostro Presidente della Camera l’ha ripetuta talmente tante volte, durante il suo discorso a Mirabello, che ormai ha quasi perso il valore che Di Pietro si era tanto impegnato a darle.
Tutta colpa del «decostruttivismo»! Lo so, lo so, non c’entra niente, ma io glielo chiederei alla Gelmini se mi sa dire perché il «decostruttivismo» non ha niente a che vedere col «cubismo». E, quasi quasi, visto che è Ministro dell’Istruzione, le domanderei di farmi un esempio. Ho il dubbio che, pure chiedendo l’aiutino da casa al Ministro Bondi, qualche problema l’avrebbe.
Però chi sogna di fare la matricola a Medicina e Chirurgia la telefonata a casa non ce l’ha, e nemmeno lo sconto del 50% sulle risposte possibili. Al massimo, può affidarsi ad un santo protettore. Qualcuno consiglierebbe don Abbondio. Faceva il prete, mica il filosofo, e poteva permettersi di gridare: «Carneade! Chi era costui?».