Truffa all’Ue, in manette imprenditori e funzionari Tra finanziamenti milionari e ispettori compiacenti

Dopo il terremoto al Comune di Palermo, un’altra pesante inchiesta scuote questa volta i palazzi della Regione. I finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo hanno infatti portato alla luce una maxitruffa sui fondi agricoli all’Unione europea e alla Regione siciliana che ha portato in manette anche dei funzionari della Regione. Sono 24 in tutto le persone coinvolte e raggiunte da misure cautelari, quattro sono finite in manette e si trovano in carcere, mentre dodici sono ai domiciliari e in otto sono stati sottoposti all’obbligo di dimora nel comune di residenza. 

Secondo gli investigatori delle fiamme gialle, si sarebbe trattata di una vera e propria «spregiudicata consorteria criminale, ideata, promossa e diretta dai fratelli Di Liberto, finalizzata all’ottenimento, in modo illecito, di rilevanti finanziamenti pubblici concessi dalla Regione siciliana e alla perpetrazione di reati di falso, con la connivenza di professionisti e di Filippo Cangialosi, funzionario istruttore presso l’Ipa di Palermo». Giovanni e Francesco Di Liberto sono due imprenditori di Belmonte Mezzagno, sono loro, insieme a Cangialosi e a un altro imprenditore, Paolo Giarrusso, in quattro indagati finiti in carcere nell’operazione di stamattina. Secondo gli inquirenti, i fratelli sarebbero riusciti a incassare, anche con l’aiuto di fatture false, delle erogazioni milionarie di fondi per la realizzazione di due progetti, a Ciminna e Monreale e per una terza richiesta da 2,5 milioni era già stata percepita la prima tranche di finanziamento. 

Con lo stesso provvedimento il Gip ha disposto il sequestro preventivo di 14 imprese, tre delle quali con sede all’estero (Ungheria, Austria e Romania), per un valore complessivo di circa 24 milioni di euro, oltre che il sequestro, anche per equivalente, di disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili per oltre 12,5 milioni di euro, pari all’ammontare dei contributi pubblici indebitamente percepiti. Bloccata, inoltre, l’erogazione di contributi indebiti per ulteriori 3,5 milioni di euro. I reati contestati sono, a vario titolo, associazione per delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, falsità materiale e ideologica in atto pubblico, rivelazione di segreto d’ufficio, soppressione e occultamento di atti pubblici.

Ma se da una parte c’era chi avrebbe percepito indebitamente i fondi pubblici, dall’altra c’era chi avrebbe aiutato a far sì che tutto ciò si potesse compiere. Il secondo filone di indagine, infatti, «è incentrato sull’operato dei funzionari pubblici deputati al controllo dei requisiti e all’attribuzione dei punteggi per l’ammissione al contributo delle domande di finanziamento». Secondo i riscontri effettuati dalle Fiamme Gialle, sarebbe accertata «l’esistenza di molteplici cointeressenze tra i soggetti privati proponenti le domande di finanziamento e i dirigenti/funzionari dell’Ipa di Palermo, finalizzate all’illecito ottenimento di rilevanti finanziamenti pubblici concessi dalla Regione Siciliana attraverso l’alterazione o addirittura la sostituzione dei documenti posti a supporto delle richieste».

E per questo, oltre ai quattro arrestati, ci sono anche diversi funzionari pubblici tra le persone finite ai domiciliari, tra cui l’ex sindaco di San Cipirello, Vincenzo Geluso, componente dell’ufficio di gabinetto dell’assessore regionale all’Agricoltura, l’ex ispettore capo dell’Ipa Antonino D’Amico e Giuseppe Taravella, ex rappresentante legale del consorzio agrario di Palermo Scarl e in servizio presso l’Ispettorato dell’agricoltura di Palermo.


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