Quello delle royalties (la percentuale sugli utili) che le compagnie petrolifere pagano alla Regione Siciliana è, da sempre, un tema molto controverso. E torna prepotentemente d’attualità dopo l’approvazione del decreto Sblocca Italia, che facilita ancora di più la ricerca e l’estrazione di greggio, in mare e sulla terraferma. Controverso non solo per ragioni economiche, ma anche e, forse, soprattutto, per ragioni sociali. Perché i danni ambientali e sanitari denunciati dai cittadini non rientrano in nessun tipo di ragionamento economico-finanziario.
Ma i siciliani oltre al danno hanno subito la beffa. Che si è tradotta in una tassazione alquanto benevola nei confronti di chi ha costruito fortune con il greggio raffinato nell’Isola. Parliamo di un misero 10 per cento, percentuale bassissima contro una media delle aliquote applicate negli altri Paesi del mondo che oscilla tra il 20 e l’80 per cento.
«Questo assai generoso sistema di contribuzione ha fatto sì che in Sicilia – spiegano gli esperti del settore – a fronte di 974mila tonnellate di petrolio estratto, sono state pagate royalties per soli 19 milioni di euro (dati ricavati dal Rapporto energia 2011 – Assessorato Regionale dell’Energia)». Se, quindi, per cento litri di benzina, ognuno di noi, tra imposte ed accise, paga circa cento euro allo Stato, le compagnie petrolifere pagano soltanto 1,95 euro per ogni quintale di petrolio. Insomma, una cifra decisamente irrisoria per la Regione e per i siciliani che non godono nemmeno di alcun beneficio sui carburanti.
Sulla base di questi studi, il Movimento 5 Stelle regionale l’anno scorso era riuscito a fare approvare una norma che portava dal 10 al 20 per cento le royalties dovute dalla società del petrolio. La norma non solo non è stata applicata, ma è anche stata sottoposta ad un ritocco sostanzioso. Una generosità bloccata dal Commissario dello Stato.
Cos’è successo? Gennaio 2014: su proposta dell’assessore regionale alle Attività Produttive, Linda Vancheri, l’Ars approva la riduzione dell’aliquota dal 20 al 13 per cento (legge di stabilità, articlo 5). In questo articolo abbiamo pubblicato l’elenco dei 44 deputati che hanno espresso voto favorevole. Tutti riconducibili a Pd, Megafono e Udc, più uno. Ovvero l’ex deputato grillino Antonio Venturino. Un’agevolazione per i petrolieri quantificabile in 14 milioni di euro. Con il 13 per cento, infatti, la Regione incasserebbe circa 24 milioni, invece dei 38 che avrebbe ottenuto con una percentuale al 20.
I Siciliani, distratti ma non stupidi, si accorgono dell’operazione pilatesca e sul web esplode la protesta. Ma ad accorgersene è anche il Commissario dello Stato, che cassa la norma: «L’articolo 5 comma 2 si ritiene essere in contrasto con l’articolo 81 della Costituzione – scrive il Commissario dello Stato – A sostegno, della cennata censura, si rileva che il legislatore dispone che l’aliquota di prodotto dovuta dal titolare di concessione di coltivazione di giacimenti di idrocarburi liquidi e gassosi e di gas diversi dagli idrocarburi sia ridotta dal 20 per cento al 13 per cento, ma non si preoccupa di quantificare le evidenti minori entrate e la conseguente copertura dell’onere derivante».
E ancora: «Nella relazione tecnica non è fatto alcun cenno alle ragioni che hanno indotto il legislatore a tale scelta ed alle conseguenze sugli equilibri finanziari dei Comuni nei cui territori ricadono i giacimenti».
Il tutto mentre rimane irrisolta la questione delle accise sui prodotti petroliferi che, secondo lo Statuto siciliano, dovrebbe andare alla Regione e che invece continua ad arrivare nelle casse del governo nazionale. Ma come si sia conclusa la questione e quanto pagheranno quest’anno le compagnie petrolifere resta al momento un mistero.
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