«14 Novembre 2017. Giorno 42°. Mozia». Inizia così il post su Facebook con il quale Peppe De Caro, Tano Melfi, l’archeologo Peppe Labisi e il professore Giovanni Uggeri, ordinario di Topografia antica all’Università La Sapienza di Roma, annunciano l’arrivo nella piccola isola del Trapanese, tappa finale di un cammino più metafisico che fisico, iniziato, come sempre, il 4 ottobre, giorno di San Francesco, sotto una pioggia battente che li ha accompagnati per 48 ore. Chiunque si sarebbe scoraggiato, loro si sono beccati il raffreddore ma sono andati avanti perché, come dice De Caro, «è una cosa che ci parte dal cuore. Abbiamo attraversato fiumi d’acqua e tutto il gruppo ha superato prove incredibili, ma è un cammino che offre solo vantaggi. Chiunque decida di farlo scoprirà qualcosa che lo arricchirà e che gli farà vedere il mondo con occhi nuovi».
È un po’ stanco De Caro, mentre racconta l’ultimo giorno di questa straordinaria avventura, iniziata come il sogno di quattro amici a costo zero e dal quale sta nascendo una rete alla quale stanno aderendo tutti i Comuni, attraversati e non. Da oriente a occidente, da nord a sud, dalla costa all’entroterra, tutti si stanno innamorando di questo progetto partito dal basso. «Basta guardarsi negli occhi per capire chi è trasversale e chi no – continua De Caro, che racconta come, lungo il cammino, abbiano trovato una statuetta bizantina consegnata al museo di Palikè e una moneta a Grammichele, donata agli archeologi del museo della città – e siamo sempre di più. Siamo arrivati a formare fino a gruppi di 20 persone, una bellissima marea umana che entrava nei piccoli borghi e vi trovava un’accoglienza calorosa, festosa. In ogni centro abbiamo firmato i protocolli d’intesa che sanciscono l’adesione alla rete e che saranno trasformati in delibere che permetteranno ai futuri camminatori di poter mangiare e dormire, in tenda o in apposite strutture, a basso costo. Abbiamo percorso – sottolinea l’organizzatore – anche 27 chilometri in un giorno, le nostre gambe erano al top, ogni giorno è stato un superare i nostri limiti e a Palazzolo Acreide il sindaco, Carlo Scibetta, ci ha dato perfino le chiavi del palazzo di città per riposare, a dimostrazione del fatto che c’è una fiducia totale. Oggi siamo stati accolti da Nino De Vita, poeta dialettale amico di Sciascia e Bufalino che ci seguiva da tanto, e con lui amici da mezza Sicilia: da Palermo, Mazara del Vallo, Contessa Entellina. Suonavano al nostro passaggio, non ci hanno mai lasciati soli. Con noi ha camminato anche l’assessore al turismo di Castronovo, Vincenzo La Barbera, che aveva percorso per qualche giorno anche le rotte di Idrisi».
Il tono di voce cambia alla domanda: «E da domani?». «Sarà difficile – risponde – ma adesso comincia la seconda parte del lavoro, che è davvero ingente. Andremo a Palermo per consegnare all’Osservatorio turistico della Regione la mappatura definitiva con tutto il lavoro fotografico e di documentazione fatto sulle edicole votive, sugli alberi secolari, sulle piante (anche pericolose) e sulle aree a rischio di dissesto idrogeologico incontrati lungo il tragitto. Abbiamo scattato oltre 4000 foto. Sul percorso al momento ci sono già gli adesivi, ma dobbiamo provvedere a completare la mappatura e ad apporre la segnaletica, probabilmente in pietra. Il percorso – spiega De Caro – è perfetto, questo cammino adesso deve diventare di tutti. A ogni futuro camminatore consegneremo la credenziale da far timbrare in ogni comune aderente nel quale si farà tappa. Tutti quelli che abbiamo attraversato hanno firmato il protocollo d’intesa, e quelli che non l’hanno fatto (Marsala, Alimena, Monterosso Almo, Calatafimi, Trapani) sono stati fermati da problemi tecnici ma rimedieranno a breve. Con il museo Whitaker di Mozia saranno studiate delle formule specifiche per i pellegrini, mentre le associazioni che gestiscono i boschi e le riserve sono con noi».
È una Sicilia nuova e tutta da scoprire quella che sta nascendo dalla Trasversale, fatta di una rete reale di amicizie e di persone che si guardano negli occhi e riscoprono valori che sembravano perduti per sempre. Come il piacere di una partita a pallone all’improvviso, nonostante la stanchezza. «Siamo arrivati a Corleone dopo 25 chilometri – ricorda Peppe – e un gruppo di giovani sui 15-16 anni ha lanciato l’idea, sfidandoci un po’ per gioco. Abbiamo vinto 11 a 7, è stato straordinario. C’è mezza Sicilia pronta a collaborare, l’entroterra è ancora puro ed è sicuramente la parte dell’Isola che porterò di più dentro di me».
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