Tony Troja, candidato fuori dagli schemi politici «Mettetemi alla prova, poi potrete giudicarmi»

«Amatela, qualunque cosa accada, perché è la nostra città». La musica, la satira e quell’idea di candidarsi a sindaco maturata già nel 2014. Tony Troja cita James Taylor e presenta il suo progetto di governo per Palermo. Un progetto nato durante una cena tra amici e che ha preso corpo nel tempo «è stato limato, è stato aggiunto qualcosa e ora è il programma di SiAmo Palermo». «Abbiamo fatto le cose in maniera seria», spiega lo stesso Troja, che ha iniziato ad approcciarsi ai temi civici e politici attraverso la satira, per poi passare ai fatti con una candidatura tutt’altro che improvvisata. «Sul piano della differenza politica – dice – non temo nessun confronto. Ho un programma, voglio metterlo in pratica e basta. Quello che mi preoccupa di più in questa campagna elettorale è quell’elettore che tende ad andare con chi reputa il cavallo vincente. E in questo momento, anche grazie ai media i cavalli vincenti sono tre e io sarei un outsider».

Una condizione che non spaventa il musicista. «Poco mi importa. Durante questi due anni e mezzo abbiamo incontrato parecchie persone, molte di loro si sono convinte ad appoggiare la mia candidatura, molte si sono candidate con noi, perché pensano di poter dare il proprio contributo». Quella di SiAmo Palermo è una lista civica a tutti gli effetti, composta da esordienti sul panorama politico cittadino. «C’è Francesco Carbone – continua Troja – che per anni ha denunciato il sistema delle Poste Italiane, c’è un soccorritore del 118, che ne vede di cotte e di crude ogni giorno, ci sono musicisti, persone normali, nessun professionista della politica. Quello che proponiamo è un programma basato sul pragmatismo, non vogliamo fare cose enormi, progetti fantascientifici, ma partire da cose basilari. Non ha senso, per esempio, parlare di grandi opere nella mobilità se prima non rimettiamo a posto il manto stradale, i marciapiedi. Una cosa che dovrebbe essere normale nella quinta città d’Italia. Ci stiamo candidando per cercare di migliorare un po’ le cose».  

«Il sindaco Tony Troja lo sa fare? – prosegue il candidato – Non si sa, ma ho le idee chiare. Voglio fare il sindaco non certo per interessi politici o economici. Ho sempre campato di musica e anche da primo cittadino continuerei, nei limiti del possibile, a farlo. Tony Troja è una persona fuori da ogni schema politico che ancora non sa se sa fare il sindaco, ma che non può essere schedato a priori. Prima mettetemi all’opera, solamente dopo che mi avrete visto fare le cose potrete esprimervi. Se avrò fallito, io stesso dovrò dire che ho fallito. In quel caso tornerò a mesto mesto a fare il musicista come ho sempre fatto». Ancora una volta Troja punta sul rapporto diretto con la gente, una linea intrapresa già con le tante dirette sui social, in cui si confronta, commenta, si infervora. «Chistu sugnu», lo slogan che ha scelto per accompagnare la sua immagine nella campagna elettorale. «Quello che dico sempre alla gente è: “Se volete che tutto resti come prima allora vuol dire che ci sgubbate“. Abbiamo visto il fallimento di altre amministrazioni. Anche di chi rappresenta un partito che in altri Comuni non ha fatto bene. Per carità, ci saranno anche delle mosche bianche, ma abbiamo visto che tutte le esperienze sindacali sono state fallimentari. Allora cerchiamo di spostarci non su un’alternativa, ma su un modello nuovo». 

Tony Troja ha offerto a MeridioNews la propria visione e i propri programmi per sette tra i temi più caldi di questa campagna elettorale suggeriti dai cittadini. Le stesse domande verranno poste a ogni candidato nelle interviste a venire. 

SOCIETÀ PARTECIPATE – «Le partecipate sono come quel paziente che deve essere operato per una patologia, ma una volta su tavolo operatorio si trovano tanti altri problemi. Noi sappiamo che le partecipate hanno un problema, ma finché non le osserviamo al loro interno non sappiamo esattamente come stanno le cose. Finché non entriamo nelle istituzioni, anche solo come semplici cittadini che vogliono vedere realmente come stanno le cose. È inutile snocciolare numeri o fare accuse, queste cose le può sapere solo chi è dentro al sistema. E l’amministrazione attuale, mi dispiace dirlo, è poco trasparente. Ci sono stati anni di malapolitica che hanno indotto anche questa amministrazione a metterci una pezza. Non voglio difendere o attaccare nessuno, ma così stanno le cose».

MOBILITÀ – Per Troja in tema di mobilità la parola d’ordine deve essere buonsenso. «Prima di pensare di correre bisogna imparare a camminare. Non ha senso pensare opere fantascientifiche quando ancora non siamo in grado di assicurare dei servizi normali. Il tram lo consideravo inutile perché avevamo un sistema di autobus che copriva il 97 per cento del territorio palermitano. Quando è arrivato sono state eliminate 34 linee su 88, che non sono state sostituite dal nuovo mezzo, ma soppresse e basta, non andando così a risolvere un problema, anzi, creandone altri. Il tram c’è e ce lo teniamo, ma non andiamo troppo oltre: per collegare piazza Politeama con Mondello usiamo i mezzi che ci sono, potenziamo il sistema su gomma. Non andiamo ancora di più a smembrare Palermo, impariamo a camminare. Devo anche spezzare una lancia in favore dell’Amat: gli autobus partono quasi sempre in orario, ma si perdono poi nel traffico cittadino, che è caotico, malgestito, con automobilisti che spesso impegnano le corsie preferenziali, non mettono la cintura, parlano al cellulare. Se uniamo a questo un corpo di polizia municipale con un’età media molto alta, con mezzi spesso guasti – 70 moto su 80, per esempio – ecco che il quadro è completo. Una corretta gestione del traffico basterebbe di per sé a migliorare di molto la qualità dei servizi. Inoltre l’Amat si trova nei guai perché secondo le ultime stime un passeggero su due non paga il biglietto dell’autobus. Si potrebbe allora ragionare come un padre di famiglia, con soluzioni logiche. Potremmo impegnarci, per esempio, intensificarndo i controlli per fare rispettare le regole a bordo assicurandoci che i viaggiatori paghino il biglietto. Poi se c’è chi quel biglietto non può permetterselo possiamo sempre pensare a forme di agevolazioni, per dare a tutte le persone le stesse opportunità. Per quanto riguarda le pedonalizzazioni, invece, penso che come le Ztl vadano fatte con criterio. Io non voglio privare il palermitano della propria auto, che è una risorsa di ogni cittadino, ma sono d’accordo con la Ztl. Purché si tratti di una Ztl che assicuri dei parcheggi funzionali e controllati, custoditi 24 ore su 24, in cui potere lasciare l’auto. Non semplici aree di sosta, vere e proprie strutture servite da mezzi pubblici che portino direttamente all’interno della Zona a traffico limitato. Anche in questo caso con le dovute eccezioni dettate comunque dal buonsenso». 

RIFIUTI – «Lo standard della differenziata dovrebbe essere al 65 per cento, noi siamo attorno al dieci. È chiaro che c’è un problema. A Bellolampo tutto quello che si può differenziare passa dal Tmb, trattamento meccanico biologico. Tutto il resto va a finire nelle vasche, che vengono riempite e ricoperte a mo di sarcofago per poi non essere più toccate. In questo caso non bisogna essere ipocriti: costruire un inceneritore, con tutti i criteri previsti dalla legge, per smaltire quello che non si può differenziare, eviterebbe il problema delle esalazioni di diossina a fronte di emissioni comunque sostenibili. E si potrebbe creare anche energia, come a Vienna, dove il termovalorizzatore alimenta due ospedali. Per quanto riguarda la differenziata, invece, va fatta dovunque possibile, ma come mi ha insegnato mio padre, se una cosa non si può fare non si fa. Per questo bisogna individuare quelle zone in cui la gente per un motivo o per un altro è impossibilitata materialmente a differenziare: penso ad esempio agli anziani, e individuare diverse forme di raccolta e smistamento dei rifiuti». 

PERIFERIE – «L’errore che si fa è quello di pensare che la periferia debba essere parte integrante di una città. Si tratta di un errore perché ogni periferia è un quartiere, con una sua storia, una sua cultura, delle tradizioni. Prima delle circoscrizioni esistevano le unità di primo livello: 55 quartieri ognuno con le sue specificità. Io abito nella settima circoscrizione, che mette insieme persone che abitano a Mondello con altre che vivono a Tommaso Natale. Non sentirai mai sentire un abitante di Valdesi dire che è di Partanna Mondello, anche se sono ormai raggruppati, perché sono territori con una propria identità. Le circoscrizioni, che per quanto mi riguarda eliminerei, sono solo delle istituzioni politiche. Non dobbiamo cercare di avvicinare le periferie al centro di Palermo, ma dare loro la possibilità di crescere autonomamente seguendo storia e tradizioni in modo tale da potersi valorizzare nuovamente».

DEGRADO DEI BENI CULTURALI – «Abbiamo maestranze locali che si occupano di restauri, quello che manca è la volontà di fare le cose. Intanto si può fare girare l’economia con quello che già esiste, poi a poco a poco possiamo fare grandi cose. Il degrado è di due tipi: quello culturale, di ognuno di noi, che si combatte solo con un ottimo sistema scolastico; e quello ambientale. Se una struttura giace nell’abbandono è perché spesso manca la volontà di recuperarla. Purtroppo troppo spesso gli interessi politici, quando ci sono soldi di mezzo, fanno la parte del leone».

EMERGENZA ABITATIVA – «Il Comune di Palermo, pare abbia praticamente secretato gli archivi con tutti gli immobili sotto sequestro o da destinare. La prima cosa che dobbiamo fare, se dovessi diventare sindaco, è entrare in quell’archivio, assegnando anzitutto le case subito disponibili. Per quanto riguarda il campo rom, inoltre, costruire dei moduli abitativi, che sono pur sempre migliori della baraccopoli di viale del Fante, non è impossibile e neanche così dispendioso. E il posto in cui situarli si trova». 

STADIO – «Non sono riuscito ancora bene a inquadrare il nuovo presidente del Palermo, ma se vuole e ha i soldi può tranquillamente costruire uno stadio. SiAmo Palermo, però, è una struttura partecipativa: prima di fare qualsiasi cosa di interesse pubblico, anche da sindaco, devo prima chiedere il parere ai palermitani».


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