Nel mirino degli investigatori sono finiti i subappalti e le forniture dei lavori riguardanti l'interporto alla zona industriale di Catania e il raddoppio ferroviario. Dopo l'operazione Dama nera la società ha riorganizzato i suoi assetti aziendali. Dall'inchiesta romana spunta un'interdittiva che sarebbe stata tenuta nascosta
Tecnis, sospesa la certificazione antimafia Decisione basata su dossier Dia del 2014
Arrivano, uno dietro l’altro, i problemi per la Tecnis spa. Il colosso degli appalti nel Sud Italia, secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica, da giovedì scorso sarebbe senza la certificazione antimafia. L’interdittiva, disposta dalla prefetta di Catania Maria Guia Federico, si baserebbe su un’indagine della Dia di Catania del 2014. Al vaglio degli inquirenti sono finiti subappalti e forniture di materiale e i possibili collegamenti con Cosa nostra. Gli agenti, su disposizione della Prefettura locale, avevano effettuato alla fine di luglio 2014 alcune perquisizioni nei cantieri dell’interporto alla zona industriale e in quelli del raddoppio ferroviario etneo. Nella stessa giornata gli uomini dell’antimafia erano andati a ispezionare anche i cantieri della società catanese a Salerno, dove Tecnis è la società capofila di un raggruppamento temporaneo d’imprese che si occupa della realizzazione di Porta ovest. Un sistema di gallerie per collegare il porto commerciale con lo svincolo autostradale della Napoli-Salerno. Il progetto da 115 milioni di euro è poi finito al centro di un’inchiesta della procura salernitana dopo un crollo verificatosi alla fine del 2014.
La sospensione della certificazione antimafia è soltanto l’ultimo capitolo della turbolenta storia che riguarda l’azienda. Un gruppo edilizio da 1300 dipendenti con appalti sparsi in tutta Italia, finito nelle ultime settimane nuovamente al centro delle cronache dopo l’arresto dei suoi fondatori: gli imprenditori Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice. Entrambi sono finiti agli arresti domiciliari per il presunto coinvolgimento in un giro di tangenti e mazzette nei lavori pubblici dell’Anas. Un sistema che avrebbe avuto come vertice Antonella Accroglianò, ribattezzata dagli inquirenti la Dama nera. Una dirigente con modi di fare autoritari dalle cui mani passavano gli atti amministrativi della principale stazione appaltante d’Italia. Dopo il suo arresto, Accroglianò ha iniziato a parlare con i magistrati di gare d’appalto, tangenti e di Tecnis. «A Natale dell’anno scorso – racconta un altro articolo di Repubblica – arrivò un’interdittiva antimafia per Tecnis, che si decise di tenere nascosta».
Alla fine di ottobre Costanzo e Bosco hanno deciso di lasciare il consiglio d’amministrazione della società. Una scelta da inquadrare nell’ambito di una riorganizzazione interna generale con la nomina dell’ex direttore nazionale della Direzione investigativa antimafia Tuccio Pappalardo come presidente dell’organismo di vigilanza. Durante l’ultimo vertice aziendale, la società ha disposto anche la riduzione del numero dei componenti del cda che passano da cinque a tre. A rimanere in carica sono Riccardo Acernese, come presidente, e Giovanni De Pra, mentre è entrato come nuovo membro Roberto Arcidiacono. Lo scorso agosto aveva invece lasciato il suo ruolo il manager Giulio Stanzione.