Tecnis, operai nei cantieri ma lavori bloccati «Atto di responsabilità dopo intervento Stato»

Stamattina gli operai della
Tecnis sono tornati nei cantieri. Ma i lavori non vanno avanti. A seguito del sequestro preventivo dell’azienda, e della nomina di Saverio Ruperto come amministratore giudiziario, è stato sospeso lo sciopero a oltranza. Era stato indetto la settimana scorsa per ottenere il pagamento di tre mensilità arretrate da parte dell’impresa di costruzioni – tra le più importanti del Sud Italia per giro di affari – che attraversa un grave periodo di crisi. «È un segno di responsabilità dei lavoratori di fronte all’intervento dello Stato. Siamo fiduciosi che riesca a risanare l’azienda», spiega il sindacalista Cgil Giovanni Pistorìo. Ma l’avanzamento delle opere resta fermo per la mancanza dei materiali di costruzione, causati dal ritardo nei pagamenti dei fornitori. Sulla vicenda interviene anche la segretaria nazionale del Cgil Susanna Camusso.

L’abbandono della protesta segue l’intervento disposto dalla procura di Catania che accusa i proprietari dell’azienda –
Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice -di asservimento alla mafia. Di conseguenza è decaduto il nuovo consiglio di amministrazione e sono stati affidati pieni poteri a Ruperto. L’ex sottosegretario agli Interni era già in carica come commissario prefettizio dopo che la notifica dell’interdittiva antimafia aveva azzerato il precedente cda. L’azione della magistratura «per i lavoratori è una garanzia – spiega il sindacalista – L’impresa è come se avesse un nuovo proprietario: lo Stato, rappresentato dal professor Ruperto». Per ciò che riguarda i pagamenti degli arretrati, però, non è cambiato nulla. Sia per i fornitori che per i lavoratori.

I sindacati chiedono che siano le stazioni appaltanti a farsi carico, in
surroga, degli stipendi degli occupati. Anche di questo si parlerà venerdì, a Roma, in un incontro tra rappresentanti dei dipendenti, governo e Ruperto. «Continueremo a dialogare – prosegue Pistorìo – Ma intanto dimostriamo la nostra disponibilità tornando al lavoro». Oggi però, nonostante la disponibilità della manodopera, i cantieri catanesi di metropolitana e ospedale San Marco sono rimasti fermi. I fornitori, che lamentano ritardi nei pagamenti, hanno bloccato l’invio del materiale di costruzione. Inoltre i circa 60 occupati della Metro Catania 2013, la consortile che si occupa del tratto ferroviario Borgo-Nesima, sono stati messi tutti in cassa integrazione straordinaria.

Intoppi che ostacolano la realizzazione della promessa, fatta da Ruperto a commento della sua nomina ad amministratore giudiziario, di
sbloccare in breve l’avanzamento delle opere in costruzione. Se i tempi di consegna non saranno rispettati, secondo quanto stabilito negli accordi con le stazioni appaltanti, Tecnis sarebbe costretta a pagare costose penali, che aggraverebbero la sua già critica condizione economica. Per evitare il fallimento, il precedente cda aveva avviato le procedure per attivare un piano di ristrutturazione del debito, richiesta poi ritirata per mancanza di accordo con i principali creditori. Adesso si valuta se ripresentarlo o se ricorrere a un’altra procedura di accordo con i creditori: il concordato preventivo.

Una misura, quest’ultima, su cui sembrerebbe ricadere la preferenza di Ruperto. I passi da seguire sarebbero tre. L’azienda presenta un piano in cui si impegna a pagare solo una parte dei debiti, che per Tecnis in totale ammontano a circa
100 milioni. La proposta, solo se approvata ;da tutti i creditori, passa poi nelle mani del tribunale. I giudici, verificata la copertura economica dell’azienda, danno il via libera scongiurando il fallimento. Ma per il buon esito del percorso è importante che l’azienda riottenga il certificato antimafia, passaggio che, secondo quanto sottolineato dalla stessa Procura etnea, dovrebbe arrivare in tempi brevi. E che consentirebbe all’impresa di partecipare a nuovi appalti e, sbloccando pure quelli già assegnati, potrebbe offrire più garanzie a creditori e giudici. 

«Il messaggio non può essere, non deve mai essere, quello che il lavoro c’è se c’è la criminalità e si perde invece quando interviene la giustizia», commenta Camusso, in visita a Catania quest’oggi per la presentazione della Carta dei diritti dei lavoratori. La segretaria nazionale della Cgil aggiunge: «Bisogna avere delle norme che permettano di distinguere le responsabilità, e in particolare le infiltrazioni della criminalità organizzata, dal destino di quelle aziende attraverso delle procedure che non siano quelle oggi in atto, che spesso portano a perdere le aziende».


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