I lavori per il completamento dell'Istituto mediterraneo di eccellenza pediatrica sono fermi da tempo. Intanto, secondo la denuncia dei deputati pentastellati, sempre più famiglie sono costrette ad andare lontano dalla sicilia per poter curare i propri piccoli
«Solo costi e nessun beneficio» Tre interrogazioni M5S sull’Ismep
«Un groviglio di attese, progetti e perizie di variante che dal 2002 ad oggi ha prodotto solo costi e nessun beneficio». Al centro della denuncia del M5S il centro di eccellenza per le cure pediatriche di Palermo. Partito nel 2002 come Centro per l’eccellenza materno infantile (Cemi) e divenuto, col governo Crocetta e l’assessore Borsellino, Istituto mediterraneo di eccellenza pediatrica (Ismep), attualmente la struttura non è ancora stata completata. Esiste solo una parte dello scheletro, costruito dopo una costosa perizia di variante che avrebbe imposto la traslazione della struttura perché incrociava la sottostante conduttura dell’acqua. «Uno scheletro che ha bruciato soldi e, soprattutto, le speranze delle famiglie dei piccoli pazienti, costrette a costosi e scomodi viaggi della speranza in cerca di cure lontano dalla Sicilia».
«Nel solo 2014 – afferma la deputata alla Camera, Giulia Di Vita– secondo l’ultimo rapporto sulle schede di dimissioni ospedaliere, la Sicilia ha perso per le cure dei malati siciliani, non solo bambini, oltre 175 milioni di euro». Per fare luce sulla vicenda i deputati del Movimento hanno presentato tre interrogazioni alla Camera e all’Ars (a prima firma Giulia Di Vita e Giorgio Ciaccio) per capire cosa ha imbrigliato la struttura che avrebbe dovuto aprire i battenti già nel 2006 e poi nel 2015.
«Le ultime previsioni – afferma la Di Vita – danno il taglio del nastro nel 2018, ma nemmeno l’attuale assessore alla Sanità sembra crederci più di tanto, almeno a giudicare dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa. Per Gucciardi, infatti, al momento la priorità sembra essere l’ospedale di Taormina per quanto riguarda la cardiochirurgia pediatrica, peccato che anche lì i medici del Bambino Gesù di Roma, a cui si paga una ricca convenzione da cinque anni, comincino a fare fagotto e a tornare a casa».
«In questi anni – afferma Giorgio Ciaccio – c’è stata una sequela ininterrotta di partenze ed interruzioni, con avvicendamenti di governi ed assessori e di fondazioni che nascono e muoiono sotto una pioggia di finanziamenti che ci proponiamo di verificare. Come intendiamo verificare l’andamento dei costi, lievitato notevolmente per presunti errori di sottostima, a partire dall’aggiudicazione della gara, avvenuta con il notevole ribasso del 35 per cento».
Il Cemi, di cui l’Ismep ha preso il posto, doveva essere uno dei tre centri di eccellenza previsti dall’accordo di programma del 18 aprile del 2002 tra Ministero della Salute, ministero dell’Economia e Regione Siciliana. Il progetto contemplava pure la realizzazione del centro di eccellenza oncologico di Messina e quella del centro di eccellenza ortopedico di Catania.
«Altro che eccellenze – commenta la Di Vita – attualmente per l’assistenza ai bambini non siamo nemmeno al minimo sindacale, basti pensare al reparto di malattie metaboliche rare che abbiamo visitato di recente, ridotto in condizioni pietose, e che è stato aperto dopo 10 anni».
Le interrogazioni dei due deputati mirano a capire, tra le altre cose, qual è lo stato di attuazione dei tre centri di eccellenza, quando se ne prevede l’ultimazione ed il funzionamento. I tre atti puntano pure a fare luce sulla legittimità del ruolo tenuto nella vicenda Ismep dal direttore sanitario dell’Arnas Civico, Rosalia Murè. Per questo Giulia Di Vita ha scritto pure all’Autorità nazionale anticorruzione per capire se «possano ritenersi sussistenti eventuali profili di illegittimità,d’incompatibilità o d’inconferibilità ai sensi della vigente normativa anticorruzione».
La dottoressa Murè, infatti, già quando era stata nominata direttore sanitario dell’Arnas Civico ha co-firmato in qualità dirigente dell’assessorato alla Sanità il decreto che istituiva l’Ismep, di fatto sopprimendo, a favore della struttura di cui era neo dirigente, il precedentemente previsto Cemi.
«Peccato – afferma Giulia Di Vita – che risulti che la firma del decreto sia arrivata dopo che la dottoressa Murè aveva provveduto alla risoluzione del suo contratto di lavoro con la Regione».