«Essere clown non significa avere solo un pezzo di plastica rosso sul naso e dei vestiti colorati, ma è una relazione molto profonda con l’umano». A parlare a Meridionews è Kuan Yin, una delle referenti taiwanesi dei laboratori del progetto di formazione Clown on the loose realizzato a Canicattini Bagni, dal 14 al 17 agosto, da Area Teatro di Augusta e Clown Heart Studio di Taiwan in collaborazione con l’impresa sociale Passwork.
Quindici migranti fra donne e ragazzi utenti dello Sprar Obioma e del centro per minori stranieri non accompagnati Casa Aylan di Canicattini Bagni e dello Sprar La Pineta di Floridia, sono stati coinvolti in una tre giorni di workshop sull’arte della clownerie e, mercoledì sera, si sono esibiti in piazza XX Settembre a Canicattini Bagni. «Solitamente, i migranti – commenta Sebino Scaglione, il presidente di Passwork – sono abituati a essere soggetti passivi dell’animazione sociale, invece, con questo progetto sono diventati parte attiva».
Evelyn, diciottenne originaria della Nigeria in Italia dal 2015, è una delle ragazze che ha partecipato a questo progetto scoprendo che quella del clown è una arte che sente propria. «Sono molto grata a chi ha organizzato questo progetto che mi ha dato la possibilità di scoprire quanto è bello donare un sorriso. Sono stata molto contenta di essere coinvolta in questi giorni di formazione – aggiunge Evelyn – anche se non è stato facile, per me, mettermi nei panni di un pagliaccio».
Da anni le due associazioni di Augusta e Taiwan collaborano per realizzare momenti di formazione e azione centrati sull’originale pedagogia dell’arte del nouve clown, basata sulla percezione di se stessi e degli altri, ideata da Alessio Di Modica di Area Teatro e abbracciata da Clown Heart Studio che la sta diffondendo nel sud-est asiatico. «L’arte del clown – commenta Di Modica – è uno studio artistico-teatrale rivoluzionario perché porta con sé anche una forte dimensione umana, anzi è una delle evoluzioni più alte dell’essere umano. Quest’anno abbiamo voluto coinvolgere nel nostro progetto i migranti che arrivano in Sicilia, in particolare nella provincia di Siracusa, per metterli al centro di un pezzo di storia che possa contribuire a costruire un mondo nuovo. Il clown, in questo caso, diventa per ognuno di loro la scoperta del proprio universo fantastico da regalare agli altri».
Europa, Asia e Africa si sono incontrate nella piccola cittadina iblea dove l’intenzione delle realtà locali già coinvolte è quella di creare un gruppo permanente di migranti-clown. Gli ospiti delle strutture del territorio, donne e ragazzi che hanno conosciuto la sofferenza più profonda, andrebbero in giro per ospedali, orfanotrofi e case di riposo per anziani a portare un sorriso con i loro nasi rossi. «Perché, in fondo – conclude Di Modica – il clown non è altro che una persona capace di amare».
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