Politica

Voto diretto per le ex province, all’Ars l’ok in commissione Bilancio. Ma dopo lo stop di Falcone arriva quello di Galvagno

Nonostante la sentenza della Corte costituzionale si va avanti. All’Assemblea regionale siciliana (Ars) la maggioranza di centrodestra continua a lavorare alla reintroduzione del voto diretto nelle ex province. Questo nonostante qualche giorno fa – con la sentenza numero 172 – la Corte costituzionale abbia ritenuto fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Regione siciliana. Praticamente la maggioranza che alla Regione sostiene Renato Schifani sta provando da tempo a introdurre il voto diretto (cioè quello che chiama alle urne cittadine e cittadini) per i Liberi consorzi comunali e per i Consigli metropolitani, gli enti che – con l’entrata in vigore nel 2014 della legge Delrio – hanno sostituito le province. Attualmente, infatti, per eleggere gli organi dei Liberi consorzi e dei Consigli metropolitani è in vigore un voto di secondo grado: si tratta di un voto che non coinvolge cittadine e cittadini, ma sindaci e consiglieri comunali, che votano la presidenza dell’ente e la composizione del consiglio. Mentre sta provando a introdurre il voto diretto, però, il centrodestra ha anche rinviato per l’ennesima volta il voto di secondo grado – è già successo 19 volte – cosa che, appunto, ha sollevato le questioni relative alla legittimità costituzionale. Nel frattempo, infatti, i Liberi consorzi comunali e i Consigli metropolitani sono commissariati.

A fine ottobre scorso la Corte costituzionale ha detto che «la legge della Regione siciliana che ha ulteriormente differito le elezioni degli organi dei Liberi consorzi comunali e dei Consigli metropolitani, contestualmente prorogando la gestione commissariale degli stessi enti, viola gli articoli 5 e 114 della Costituzione ed è, pertanto, costituzionalmente illegittima». Dietro all’ennesimo rinvio delle elezioni di secondo grado per questi enti ci sarebbero due cose: 1) la ferma volontà della maggioranza di centrodestra di arrivare all’approvazione di una legge per il voto diretto, 2) la mancanza di un accordo politico tra i partiti del centrodestra per arrivare a delle candidate e a dei candidati condivisi. In questo momento, quindi, sembra che il centrodestra stia prendendo tempo. Intanto – nonostante la recente sentenza della Corte costituzionale – oggi la commissione Bilancio dell’Ars ha votato il disegno di legge (ddl) che reintroduce il voto diretto nelle ex province. E il testo è già stato messo all’ordine del giorno della commissione Affari istituzionali, convocata per domani alle 10:30 dal suo presidente, Ignazio Abbate (Democrazia cristiana Sicilia nuova) per il parere finale. Se approvato anche in quest’altra commissione, il disegno di legge sul voto diretto dovrebbe tornare in aula (dove siedono tutti i deputati e le deputate) per l’ennesimo tentativo di approvazione. Ennesimo perché la cosa è già andata male più volte: a febbraio il governo è andato sotto una prima volta – con le opposizioni che hanno chiesto le dimissioni di Schifani – a fine luglio si è verificata una situazione per certi versi simile, con il disegno di legge che è stato bocciato ancora una volta con il voto segreto.

Interrogato oggi dalla stampa sulla questione, il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gaetano Galvagno (Fratelli d’Italia), ha detto: «Siamo in sessione di bilancio, penso che il ddl sulle ex Province si possa affrontare dopo». Ed è il secondo stop che arriva da una voce della maggioranza di centrodestra, dopo quello di Marco Falcone, parlamentare europeo di Forza Italia e segretario del partito nella provincia di Catania. Qualche giorno fa Falcone ha detto: «Avevamo detto che il tentativo di ripristinare subito l’elezione diretta delle ex Province sarebbe stato solo una tattica dilatoria, e così è stato. Oggi abbiamo una nuova conferma: il rinvio delle elezioni provinciali in Sicilia è una prassi incostituzionale». Parole che sembrano provenire più da un membro dell’opposizione, che da uno della maggioranza. E vale la pena ricordare che fino a prima dell’elezione al parlamento europeo Falcone è stato assessore regionale della giunta Schifani. Ancora: «Voglio ricordarlo anche oggi – ha detto Falcone nei giorni scorsi- l’elezione diretta nelle ex Province rimane il nostro faro, ma è sempre più evidente che il quadro normativo nazionale non ci consente, ad oggi, di raggiungere tale obiettivo. Il territorio ha invece bisogno di essere governato subito. Ciò avverrebbe anche con le elezioni di secondo livello, senza che debbano farsi altri giochi di palazzo. Auspichiamo che a Palermo prevalga il senso di responsabilità». Certamente non è usuale sentire un membro della maggioranza – ormai impegnato al parlamento europeo, certo, ma ci siamo capiti – rimproverare così la sua parte politica, per di più parlando di giochi di palazzo. Non resta che aspettare domani e poi i prossimi giorni, così da capire come andrà quella che per la maggioranza che sostiene Schifani è diventata quasi una telenovela.

Mauro Gemma

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