Sicilia, si apre una settimana di proteste e di scioperi

L’ISOLA SEMBRA ORMAI UNA POLVERIERA. SONO IN SUBBUGLIO I COMUNI. PROTESTANO I DIPENDENTI DELLE PROVINCE E DELLE SOCIETA’ PARTECIPATE DALLE STESSE PROVINCE. SI ACCINGONO A SCENDERE IN PIAZZA I DIPENDENTI DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE. I DIPENDENTI DEL SERVIZIO 118 SONO SUL PIEDE DI GUERRA. I FORESTALI FREMONO. L’INDUSTRIA E’ SPARITA. L’AGRICOLTURA E’ ALLO SBANDO. E CROCETTA E LA SUA GIUNTA? BALLANO SUL TITANIC…

Comincia oggi, per la Sicilia, una settimana politica e parlamentare che si annuncia piuttosto travagliata. L’Isola è in subbuglio. Proteste sociali di qua, protesta sociali di là. L’unico a non essersi accorto di quello che sta succedendo nella nostra Isola – negli uffici pubblici, ma anche nella società – sembra il presidente, Rosario Crocetta.

Da tre mesi interi settori dell’Amministrazione regionale sono senza soldi. Nessuno parla perché, bene o male, i soldi per il funzionamento della ‘macchina’ regionale (stipendi del personale, sanità, pensioni, rate dei mutui e, in generale spese obbligatorie) sono stati inseriti nel Bilancio, che non è stato impugnato dall’Ufficio del Commissario dello Stato. Bene o male, i dipendenti in servizio e i pensionati regionali percepiscono (secondo noi ancora per qualche mese) le indennità.

Viceversa, la Finanziaria è stata abbondantemente impugnata. Da qui il blocco di oltre mezza Regione. Ripetiamo: interi settori dell’Amministrazione regionale sono senza soldi. Ma questo non sembra aver allarmato il presidente della Regione.

Una parte dei Comuni siciliani sembra al capolinea. Subiscono i tagli del Governo nazionale e quelli del Governo regionale. Non solo. Sembra che tutti i Comuni dell’Isola siano indebitati per un miliardo e 200 milioni con gli Ato idrici e per una cifra superiore con gli Ato rifiuti. Nessuno spiega ai cittadini siciliani che questi soldi li pagheranno loro nei prossimi anni con ulteriori aumenti dell’Irpef e dell’Irap: aumenti che si sommeranno a quelli, già in corso, con i quali prima è stato pagato il ‘Piano di rientro’ per la sanità e, adesso, le ‘rate’ del mutuo ‘ascaro’ da un miliardo di euro che la Regione si accinge ad accendere con la Cassa depositi e prestiti.

La situazione, nei Comuni siciliAni, è drammatica. Il vice presidente dell’ANCI Sicilia (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), Paolo Amenta, ci dice che il 50 per cento dei Comuni dell’Isola ha pagato i precari con scoperture bancarie. Mentre l’altro 50 per cento non li ha potuti pagare perché le banche non gli fanno più credito.

Quando parliamo dei precari ci riferiamo soltanto ai 24 mila precari degli enti locali, escludendo tutti gli altri precari che prestano servizio presso gli uffici della Regione, nelle Province oggi commissariate e nelle società controllate da Regione ed ex Province.

Di più: nei prossimi mesi molti Comuni siciliani non avranno nemmeno i soldi per pagare non solo i precari, ma anche gli stessi dipendenti comunali.

Di fatto, numeri alla mano, il già citato miliardo di euro che la Regione si accinge a chiedere in prestito alla Cassa depositi e prestiti servirebbe, a malapena, a pagare meno della metà dei debiti dei Comuni siciliani. Invece, bene che vada, ai Comuni dell’Isola, del miliardo del mutuo, dovrebbero andare 300 milioni di euro circa. Il condizionale è d’obbligo, perché a nostro avviso, per non fallire, la Regione potrebbe far continuare a ‘galleggiare’ i Comuni, a cominciare da Catania e Palermo, che ‘navigano’ in acque finanziarie tempestose…

In tutto questo, i Comuni siciliani – pur essendo ormai a un passo da baratro – continuano a pagare, indirettamente, gli stipendi a una marea di consiglieri comunali, in virtù di una legge regionale folle – con successive modifiche ed integrazioni – che il buon senso avrebbe già dovuto bloccare almeno da due anni!

Delle ex Province, poi, meglio non parlarne. La Regione li ha commissariate. Ma ha dimenticato che queste Amministrazioni – prive degli organi di rappresentanza politica – gestiscono ancora tanti servizi che vanno pagati. E hanno ancora personale, che va pagato.

Quello che succede lo sintetizza sempre Amenta: “Per le Province servono quasi 200 milioni di euro. La Regione ne ha erogato appena 10…”. E siamo a fine aprile.

Anche il personale delle Amministrazioni provinciali rischia di restare senza stipendio. Non parliamo, poi, del personale delle società collegate alle Province: migliaia di persone che prestano servizio da decenni, che sono state del tutto abbandonate.

Mercoledì prossimo è prevista una manifestazione a Palermo. Dovrebbero arrivare i Sindaci da tutta la Sicilia. Ma sembra che alla manifestazione potrebbero unirsi i dipendenti delle nove Province siciliane lasciate, di fatto, senza soldi e i dipendenti delle società partecipate dalle stesse Province, anche loro abbandonati a se stessi.

Ai disastri di Comuni e Province si aggiungono i circa 10 mila dipendenti della Formazione professionale che il Governo Crocetta, al di là delle chiacchiere, vuole sbattere fuori dal settore. Non lo sta facendo direttamente. Lo sta facendo indirettamente, ipocritamente e cinicamente, bloccando i trasferimenti agli enti formativi che sono costretti a licenziare.

E’ interessante notare che il Governo, sulla Formazione, ritarda volutamente i rendiconti, per non pagare al personale gli arretrati. E fare ‘cassa’ per realizzare altri obiettivi. Si gioca con la vita di 10 mila persone. In un momento drammatico. Perché fuori dalla Formazione, oggi, queste 10 mila persone non troveranno mai un altro lavoro.

Anche i dipendenti della Formazione, sembra mercoledì prossimo scenderanno in piazza, sempre a Palermo. Ma è un film che abbiamo già visto. In prima fila ci saranno i sindacalisti. Giunti a Palazzo d’Orleans, tutti dal presidente della Regione per firmare un accordo che il Governo non rispetterà. Va avanti così da oltre un anno.

Nemmeno gli uffici della Regione si salvano. Nei giorni scorsi il parlamentare nazionale del PD, Davide Faraone, si è ricordato che la Regione ha mille e 800 dipendenti. Ma ha dimenticato che, da quando il Governo Crocetta si è insediato, i dirigenti sono privi di quella parte del contratto legato alla parte variabile.

Molti dirigenti ai quali Faraone vorrebbe ridurre gli stipendi, in realtà, da oltre un anno, si assumono responsabilità che, a norma di legge, non dovrebbero assumersi. Perché non sono garantiti né economicamente, né – cosa forse più importante – giuridicamente. L’onorevole Faraone, prima di parlare, dovrebbe quanto meno capire come stanno le cose (tra qualche ora, in altra parte del giornale, vi diremo cosa sta combinando il Governo regionale con i dirigenti).

Fine dei problemi? Non esattamente. L’agricoltura è allo sbando. Ci sono problemi di irrigazione. Perché i Consorzi di bonifica sono senza soldi. Non possiamo nemmeno dire che il settore agricolo è alla frutta, perché in Sicilia, ormai – a parte alcune aree – non vanno bene nemmeno i frutteti, che scontano la concorrenza sleale di prodotti – peraltro scadenti – che arrivano dal Marocco e, in generale, dal Nord Africa, ma anche da altre parti del mondo. Naturalmente a prezzi stracciati.

Intanto i supermercati siciliani – non abbiamo notizie dalle altre regioni italiane – negli ultimi mesi sono invasi da salsa di “pomodorino di Pachino”: ormai sono così tanti e variegati che dobbiamo pensare che a Pachino debbono aver trovato l’Eldorado. Con i produttori che dovrebbero essere diventati tutti ricchi. Sarà così? Oppure sta finendo come a Pantelleria alla fine degli anni ’90, quando il numero delle bottiglie di ‘Passito’ era almeno dieci volte più che proporzionale alla capacità produttiva dei vigneti della stessa Pantelleria?

Vogliamo parlare di quello che succede con il grano? Quello siciliano, di ottima qualità, sparisce. Mentre in Sicilia arriva il ‘rituffo’ cerealicolo. Prodotto chissà dove e chissà come. E i controlli? Vattelappesca!

Chi è che Governa l’agricoltura siciliana, ammesso che sia governata?

Dall’agricoltura alla forestazione. Il bel tempo è arrivato. La speranza è che non arrivi qualche sciroccata violenta. Perché, in questo, momento, non si capisce chi dovrebbe andare a spegnere gli incendi nei boschi della Sicilia, se è vero che i forestali sono senza soldi. Altro problema irrisolto.

Sanità. Parliamo del Servizio di Pronto soccorso? Due giorni fa Angelo Aliquò, ‘bocciato’ dalla Commissione speciale nominata dall’assessore Lucia Borsellino, ma ripescato, non si capisce sulla base di quali meriti, ha proposto i “contratti di solidarietà”. Un’ingegnosa formula linguistica, tipica di chi non ha nemmeno il coraggio di parlare in corretta lingua italiana, che significa riduzione degli stipendi per i 3 mila e 200 dipendenti del Servizio 118.

Subito sono insorti sindacati e Partiti (l’ultimo a protestare è il parlamentare regionale del Partito dei Siciliani, Giovanni Lo Sciuto, che annuncia battaglia a Sala d’Ercole). Morale: tutto rimandato a dopo le elezioni europee…

Dobbiamo continuare? Vogliamo ricordare la presa in giro agli operai dell’ormai ex Fiat di Termini Imerese, o dobbiamo stare zitti per non intralciare la campagna del Sindaco uscente di questa cittadina che, dal 2010 ad oggi, si è limitato ad accompagnare la morte industriale di questo Comune? Ed è serio continuare a menare il can per l’aia parlando ancora di “reindustrializzazione”, quando l’unica cosa fatta in questi anni, per Termini Imerese e la sua ex Fiat, è la Cassa integrazione?

In questo marasma è arrivata la ‘novità’ del capo del Governo Matteo Renzi: gli 80 euro al mese in più, in busta paga, a chi guadagna meno di mille e 500 euro al mese. Provvedimento giusto se a pagare fosse lo Stato. Ma Renzi, questa sua trovata demagogica e populista, la sta facendo pagare agli stessi siciliani: in primo luogo alla Regione che, pronto accomodo, dovrà trovare 70-80 milioni di euro. E che, in prospettiva, dovrà fronteggiare una riduzione del gettito Irpef.

Geniale, la mossa di Renzi, per la Sicilia. Proprio nel momento in cui la Regione si vede costretta a mantenere ai massimi livelli le aliquote Irpef, per pagare, per i prossimi trent’anni, il mutuo ‘ascaro’ da un miliardo di euro, Roma crea le condizioni per ridurre lo stesso gettito Irpef!

Sì, proprio quel gettito Irpef con il quale, nei prossimi anni, i cittadini siciliani dovranno cominciare a pagare, come già accennato – oltre alle ‘rate’ del mutuo da un miliardo di euro – anche i 2,5 miliardi di euro e forse più di debiti per acqua e rifiuti…

Ah, dimenticavamo: per pagare mutui, acqua e rifiuti bisognerà aumentare anche le aliquote Irap. Domanda: chi è che, in queste condizioni, nei prossimi anni farà impresa in Sicilia?

 


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