Senza case e senza servizi sociali

“Pago duecento euro per il mio posto letto. Contratto? Ma quando mai. Non ho firmato nulla”.Marco è uno studente di Lettere che non vuole dirci il suo cognome. Un po’ si vergogna di essere uno dei fuorisede che paga l’affitto in nero per risiedere nelle vicinanze della sua facoltà. Certo, risiedere all’Antico Corso è comodo. “Non si devono prendere bus e dunque si evitano altre spese. E poi è un quartiere accogliente, c’è modo di pranzare con dieci euro”.

Il fatto è che a causa del caro affitti all’Antico Corso la casa è diventata un diritto negato. Molte famiglie sono dovute andare via, e non è un caso se fino agli anni Novanta i residenti erano diecimila per poi scendere ai quattromila attuali. “Il diritto alla casa stato trasformato in una merce –continua Mannino .secondo cui il problema del caro affitti e quello della mancanza di strutture sociali si intrecciano inesorabilmente- Molti si sono dovuti spostare altrove, a Librino per esempio. Per garantire che gli abitanti possano continuare a vivere all’interno del proprio quartiere, noi del Comitato abbiamo stilato un piano di recupero “.

Il piano del Comitato è valido ancora oggi come dieci anni fa. I cittadini chiedono un calmieraggio agli affitti, anche trovando un accordo con le categorie dei padroni di casa. Il “disumano aumento degli affitti” potrebbe essere bloccato dal Comune “con una politica di acquisizione di edifici da adibire a case ad affitti popolari, da destinare agli abitanti che, costretti ad abbandonare il privato, possano egualmente restare in quartiere. Oppure con la conversione di edifici, attualmente con altra destinazione d’uso, a case dello studente, in modo da bloccare la speculazione fatta a loro danno, e ridurre la domanda di case da parte loro, riducendo così il valore di mercato di un’abitazione da affittare ad universitari (meno domanda, meno mercato, meno speculazioni, meno sfratti a famiglie originarie)”.

Insomma, “serve una politica di incentivazione alla ristrutturazione delle case di piccoli proprietari residenti, spesso costretti ad abbandonare perché impossibilitati a sistemare le proprie abitazioni.

Tale politica permetterebbe di ridurre l’attuale altissimo livello di rischio sismico della zona, data la condizione di molti edifici all’atto. Inoltre riporterebbe il quartiere alla sua originaria morfologia urbanistica”. Ma il presidente della prima circoscrizione Carmelo Coppolino parla di “inevitabile corso del mercato”, e ci tiene a sottolineare che l’Università è diventato un elemento di ricchezza per il quartiere, un’opportunità vera. “Pensi solo ai Benedettini- dice- e a come è stato rimesso in sesto grazie all’Ateneo”.

E i servizi sociali? Su quello non c’è nulla da ribattere. Coppolino sa che l’Antico Corso non può contare su strutture, anche comunali, adeguate. “Questo quartiere rispecchia il bianco e il nero di Catania, i suoi contrasti. I servizi sociali e gli spazi per i giovanissimi, servono eccome. Eppure il centro sociale di via Plebiscito, all’altezza dell’ospedale Vittorio Emanuele è stato chiuso perché era in affitto. Ed è in affitto, in attesa di sfratto, l’asilo nido di via Tomaselli.  I servizi sociali? Hanno spostato tutto prima in via suor Cantalupo e poi trasferire tutto in via Zurria. Stanno, insomma, riducendo e centralizzando allo stesso tempo. Sbagliato. E gli assistenti sociali sono solo 23 in tutta la municipalità”. Il consiglio di quartiere sta però valutando la possibilità di un’apertura di un consultorio, ma gestito dall’Asl. Ci si aggrappa a quel che c’è.  E adesso anche i politici lo sanno.

 

Storia di Salvo

Costretto a “scappare” da suo rione

Salvatore D’Aquino ha 29 anni, vanta un passato da monello al doposcuola dell’Experia e nelle aule della “Manzoni”, e oggi lavora nel suo autolavaggio di via San Vito 3. Lui è uno degli “sradicati” dal quartiere. D’Aquino è stato costretto ad andarsene già al momento del suo matrimonio, nonostante lui, suo padre e il padre di suo padre, abbiano sempre abitato all’Antico Corso. “Mi sarebbe piaciuto rimanere nel mio quartiere e invece abito in via Nuovalucello, e mi tocca fare il pendolare- racconta- Per una casa mi hanno chiesto qualcosa come 180 mila euro; per un appartamento che sino a qualche anno prima ne valeva 40 mila”. La speculazione si fa sentire, ma Salvatore continua a lavorare nel suo quartiere. “Almeno questo”, dice. “Lo sa cosa penso? Che tra qualche anno qui attorno ci saranno solo appartamenti per universitari e basta. C’è gente che gira col Mercedes. Sono quelli che si sono arricchiti con il caro affitti.  Credo che il peggio debba ancora venire”. 

 

Il Comune

“L’Antico corso godrà di un occhio di riguardo”

“Certo che l’Antico Corso godrà di un occhio di riguardo nell’ambito dell’Urbanistica. E’ solo questione di tempo. Il sindaco Stancanelli ha detto che a breve si andrà in consiglio per il Piano regolatore ”.

Luigi Arcidiacono, assessore comunale all’Urbanistica, questo quartiere lo conosce bene. Se non altro perché ai tempi della sua presidenza alla facoltà di Giurisprudenza ha dovuto fare i conti con il caso Purità e con tutte le complicazioni conseguenti.

Oggi, invece, il suo compito è quello di guardare all’Antico corso sotto un’altra ottica. Quella di un’area dove centinaia di cittadini chiedono che venga interrotta la pratica della gestione del territorio senza programmazione, e che quest’ultima diventi invece uno strumento di pianificazione urbanistica.

“Sì, i confronti con i cittadini del quartiere su questi temi ci saranno, eccome”, assicura Arcidiacono, che però sceglie di fermarsi alle dichiarazioni di massima del sindaco. “Non posso anticipare nulla”, aggiunge, “ma la nostra attenzione non si limiterà solo alle emergenze. Stiamo raccogliendo dati. Le problematiche del luogo le ho ben presenti”.  E lo stop al cantiere della Purità? “Ha avuto l’effetto di portare a galla cose molto interessanti. Ma di certo, non si possono lasciare le cose così, in balìa del tempo, e delle incertezze atmosferiche”.

 

La Chiesa dell’Idria e il vecchio S. Bambino

“Solo transenne e tubi, un pericolo per i bimbi”

Che una volta lì dentro ci fosse una chiesa è difficile crederlo. Il “complesso monumentale”, come lo chiamano gli addetti ai lavori, della chiesetta dell’Idria, tra le via Mascali e del Piano, appare come una piccola costruzione in assoluta rovina. Il ponteggio metallico che lo ingabbia (posto dalla Soprintendenza nel ’94, anche a seguito dei danni causati dal terremoto del 1990), e che dovrebbe assicurare l’incolumità dei passanti, è arrugginito e precario. Un enorme cespuglio campeggia sul tetto della chiesa, con tanto di “cascata” rampicante, e all’interno qualcuno ci getta spazzatura, fili di rame rubati, di tutto.

[chiesa Idria – foto Dario Azzaro]

Il “complesso monumentale” appartiene alla Curia, che è stata più volte diffidata dal Comune. Perché non si procede alla messa in sicurezza definitiva? E’in corso un contenzioso tra due ditte. Così anche questa struttura del quartiere rimane vuota e abbandonata a sé stessa.

Il consigliere comunale Puccio La Rosa, di An, è uno di quelli che ha tentato più volte di portare all’attenzione delle istituzioni il caso. Lo ha fatto negli anni scorsi, e lo ha rifatto ieri mattina, con un’interrogazione dove segnala al sindaco Stancanelli e a metà della sua giunta, che il cantiere “realizzato anni fa attorno alla struttura per i necessari lavori di consolidamento strutturali risulta abbandonato, da oltre 14 anni, e costituisce fonte di pericolo. E’ fonte di degrado – segnala ancora una volta il consigliere comunale, che già nel 2003, dai tempi del suo impegno per il consiglio di quartiere, aveva indirizzato altre analoghe interrogazioni alle giunte che si sono succedute- per essere ricettacolo d’immondizie d’ogni genere, per l’intero rione Antico Corso. Il ponteggio metallico costituisce un’evidente fonte di pericolo per la presenza di lamiere e materiali di edilizia lasciati sul posto senza alcun controllo”. La Rosa segnala persino che il cantiere “ha costituito motivo d’incidente ai danni di diversi bambini”.

C’è poi un’altra struttura pericolante, proprio a fianco del centro Experia, e cioè l’edificio del vecchio ospedale “Bambino” , lacerato a tal punto da fare temere anche per i passanti che transitano tra la via Bambino e la via Plebiscito. Pure in quel caso la messa in sicurezza non promette nulla di buono e la “ferita” sul muro è evidente ad occhio nudo. Le travi metalliche che puntellano uno dei muri esterni favoriscono persino l’accumulo dei rifiuti.

R.D.N.

 

Il “Bastione degli infetti” eterno rudere

“Ad ogni elezione qualcuno lo riapre”

I turisti arrivano sino a qui, in via Torre del vescovo a due passi dall’omonima torre  per ammirare il Bastione degli infetti, che ospitò i malati di peste.  Trovano però un cancello sprangato. Se poi la loro curiosità fosse talmente forte da imitare i ragazzini del quartiere scavalcando i muri laterali, allora troverebbero pure il resto: una distesa di erbaccia altissima, una pavimentazione i cui dislivelli sono quasi impossibile da distinguere, con il rischio più che reale di rompersi il collo.

[il Bastione degli infetti – foto Dario Azzaro]

Il bastione degli infetti è un reperto archeologico citato nelle guide turistiche. I resti paiono risalire al sedicesimo secolo, ma costruiti su una base più antica (13°/14° secolo). Il principe Paternò Biscari credeva che il tutto fosse stato edificato su resti romani; un’ipotesi, questa, che avvalorerebbe ulteriormente il sito.

“E’ stato inaugurato più volte. Ad ogni campagna elettorale i candidati sono venuti qui a promettere la riapertura. Ma non è mai successo nulla”, hanno denunciato i ragazzi dell’Experia, nei giorni scorsi, durante l’occupazione simbolica del bastione. C’è di più. Il bastione è tristemente noto per avere nei fatti occultato per anni un macello clandestino, noto anche agli studenti dell’adiacente liceo classico “Spedalieri”, le cui lezioni, fino a tutti gli anni Ottanta, venivano spesso intervallate dai nitriti dei poveri cavalli scannati. L’architetto Giuseppe Lanza, volto noto nel quartiere, abita proprio davanti il bastione. “Nessun soprintendente ha preso in seria considerazione questo sito, che nel suo genere a Catania è assolutamente unico. Questa via viene considerata “passeggiata archeologica” al catasto. Ma la verità è possibile appurarla recandosi qui e guardando con i propri occhi il degrado di questo spazio”.

 

 

Gli articoli “La lenta agonia dell’Antico Corso” e “Senza case e senza servizi sociali” sono stati pubblicati su Il Giornale di Sicilia, edizione di Catania, lo scorso martedì 24 novembre, pag 23 e 24 a firma Rosa Maria Di Natale


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