Sea Watch, la voce di chi vive tutti i giorni il mare «Ingiusto tenerli lì, li soccorrerei con la mia barca»

«Per la legge del mare, oltre che umanamente, è ingiusto che stiano lì fermi da giorni in mezzo all’acqua». A parlare di ingiustizia, in merito alla vicenda dei 47 migranti bloccati sulla Sea Watch a poche miglia dalla costa, è anche chi con il mare ci vive. «È vero che i migranti che ospitiamo sono tanti e che anche che l’Europa dovrebbe fare la propria parte sul tema dell’immigrazione – commenta un pescatore sulla quarantina -. Questo però non significa che li possiamo lasciare lì a quindici minuti di navigazione da noi». 

Fuma una sigaretta, mentre sistema le reti dopo una mattinata passata sulla sua barca di legno bianco e azzurro. Occhi chiari e mani che mostrano i segni di un lavoro duro. «Molti di quelli che sono arrivati da noi negli ultimi anni fanno lavori umili come il mio – continua, dopo essere rientrato nel porticciolo di Riva Giuseppe Garibaldi nell’isola di Ortigia – anche se c’è sempre il rischio che finiscano nelle mani di chi ha solo interesse a sfruttarli». 

Da giorni i cittadini di Siracusa si confrontano con la presenza di una imbarcazione carica di migranti a poche bracciate dalle loro case. In città la vita continua a scorrere normalmente, eppure i discorsi ruotano quasi tutti attorno a questo. Le posizioni, come immaginabile, sono due. C’è una minoranza che manifesta di fronte al mare o davanti al tempio di Apollo a suon di canti e con striscioni come #scendeteli, mentre dalla parte opposta ci sono i cittadini che si trovano d’accordo con le decisioni fin qui assunte dal ministro Salvini. 

In questa diatriba, che si manifesta soprattutto sui social network, qualcuno ha tirato in ballo anche chi il mare lo conosce e lo vive ogni giorno. «Abbiamo letto su Facebook – dice un signore sulla sessantina davanti a un bar – che i pescatori di contrada Stentinello (nella zona di Santa Panagia dove si stanno svolgendo alcuni dei presidi dei manifestanti, ndr) avrebbero lamentato che canti e urla degli attivisti starebbero minando il loro lavoro perché fanno scappare i pesci. Ma a me – specifica l’uomo – risulta che lì pescatori non ce ne siano». E, in realtà, è difficile immaginare che qualcuno possa prendere in mano una canna e lanciare l’amo in uno specchio di mare su cui si affaccia, a destra, il colosso della zona industriale siracusana.

Al contempo c’è chi preferirebbe che l’amministrazione comunale si concentrasse sui problemi quotidiani. «Non è normale che il nostro sindaco si interessi a questi migranti senza pensare prima alle priorità di noi cittadini siracusani», commenta un cliente. Discorsi da bar che assumono forme di analisi politica. «Ci sarebbe una ringhiera del lungomare di Levante da sistemare e tanti siracusani poveri e senza lavoro a cui trovare una sistemazione immediata», gli fa eco un altro. Anche se per tutti è chiaro che, comunque la si pensi, questi non sono giorni come altri. «L’Italia e la Sicilia non possono essere la soluzione a tutto, ma se quelle persone a bordo finissero in mare, io andrei immediatamente a prenderli con la mia barca. Esattamente come farei con ogni altro essere umano», conclude il pescatore.


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