L'anno scorso ha salvato 5568 persone nel Mediterraneo, con un equipaggio di otto persone. Per riuscirci l'imprenditore Michael Buschheuer ha riadattato un vecchio peschereccio usato nel mar Baltico: «L'Ue non fa altro che combattere i rifugiati e screditare i soccorritori», racconta. Guarda le foto
Sea-Eye, a Licata nave tedesca che salva i migranti «Temiamo pressioni delle nuove destre sui governi»
«Nessuno lascia il proprio paese volontariamente. Permettere che delle persone anneghino è un fallimento morale». Con queste parole, l’imprenditore tedesco Michael Buschheuer ha spiegato il senso dell’operazione Sea-Eye, missione di soccorso e salvataggio dei migranti in mare che ha dato il nome anche alla nave privata ormeggiata per tre mesi al porto di Licata, e appena salpata per la prima missione del 2017.
Nel 2016 la Sea-Eye ha salvato 5568 migranti e dal 20 aprile scorso pattuglia il Mediterraneo per segnalare e soccorrere imbarcazioni in pericolo davanti alle coste libiche. Nata nell’autunno 2015 dall’iniziativa di un gruppo di cittadini di Ratisbona, guidati dall’imprenditore «stanco di assistere inerme alle morti», l’organizzazione ha acquistato e riadattato un vecchio peschereccio lungo 26 metri che per quasi 60 anni è stato utilizzato a Rügen, isola del mar Baltico. La Sea-Eye è stata ferma nel porto agrigentino in attesa di riparazioni, periodo nel quale sono stati organizzati incontri e iniziative con studenti e scout, compresa una giornata del naufrago durante la quale gli otto membri dell’equipaggio hanno organizzato visite a bordo e una festa d’addio con gli abitanti e gli stranieri presenti in città.
«Per ringraziare la comunità dell’accoglienza, abbiamo deciso di mostrare loro quello che facciamo, a partire dalla nave». Con loro, a raccontare cosa voglia dire attraversare il mare per sfuggire alla miseria, c’è Muhamad, egiziano arrivato dalla Libia e salvato dalla Sea-Eye il 25 maggio scorso. Ora guarda il mare e le zattere di salvataggio, e sorride, felice di avercela fatta: «Dieci giorni, dieci giorni», ripete in un italiano incerto, ancora incredulo, pensando alla traversata. A casa ha lasciato una situazione disperata, stando ai frammentari racconti di chi lo ha soccorso: un padre cieco e dei fratelli muti, tutti a suo carico da quando ha iniziato a lavorare a soli sei anni.
Sulla nave c’è una infermeria dove personale medico presta le cure di primo soccorso a chi ha subito lesioni gravi, mentre in quelle che una volta erano le zone riservate al trattamento del pesce ci sono giubbotti di salvataggio, scorte di acqua e cibo. «Il nostro compito è soprattutto quello di monitorare le acque al largo delle coste libiche e segnalare le imbarcazioni sovraffollate al Centro di ricerca e soccorso marittimo di Roma (Mrcc) – spiega Friedemut Weber, uno dei volontari -. Abbiamo soccorso anche una donna incinta, ma principalmente portiamo i rifugiati al sicuro su una nave più grande».
Nel febbraio dello scorso anno, la Sea-Eye ha iniziato il suo viaggio dalla Germania fino a Malta. Da aprile l’equipaggio, che cambia ogni due settimane, ha iniziato la missione. Cercano le navi dei rifugiati, lanciano l’allarme e mettono in sicurezza l’imbarcazione fino a quando una nave più grande arriva a portare le persone a bordo. La Ong tedesca conta 700 volontari, per lo più tedeschi, ed è appena salpata dal porto di Licata, dove sperano di tornare il 22 marzo. «Qui l’accoglienza è stata calorosa», commentano. Al porto di Marina di Cala del Sole hanno allestito anche una mostra fotografica per raccontare il proprio lavoro. «Il nostro comportamento in mare non cambierà – spiegano -. Anche nel 2017, opereremo a larga distanza dalle coste libiche, per evitare di metterci in pericolo. Questo comporterà l’aumento della difficoltà del viaggio per migranti e rifugiati, perché sarà ancora più difficile avvistarli».
Un’ultima battuta sul ruolo delle istituzioni europee. «L’unica risposta dell’Ue è quella di combattere i rifugiati e di screditare i soccorritori», dicono, non nascondendo di temere le «pressioni dei governi incalzati dalle nuove destre». Per finanziare il progetto hanno calcolato che servono 250mila euro per carburante, alimentari, dispositivi medici, elettronica, tasse portuali. «Ma contiamo di raggiungere questo obiettivo entro il 2017 – concludono -. Andiamo avanti grazie alle donazioni dei privati».