Regione e Comune hanno dato le autorizzazioni per ampliare una piccola struttura esistente che avrà una capacità di 200mila tonnellate all'anno. Potranno essere smaltiti anche liquidi pericolosi. «Come possiamo parlare di promozione del turismo e di Montalbano se poi la gente deve trovare tutto questo?», attacca l'ex sindaco
Scicli, impianto per rifiuti vicino al centro Unesco Anche fanghi dai petrolchimici, cittadini in allarme
A Scicli nascerà un mega impianto per il trattamento di rifiuti pericolosi con capacità annua di 200mila tonnellate. L’autorizzazione (Aia) è stata rilasciata dalla Regione Siciliana al’Acif Srl che ha richiesto di ampliare un piccolo impianto già esistente in Contrada Cuturi, a meno di due chilometri dal centro abitato della città patrimonio Unesco. La notizia ha colto di sorpresa tutti, compresi i deputati locali che hanno affermato di non essere a conoscenza dell’iter che ha portato al rilascio finale dell’autorizzazione che è datato 3 marzo del 2016.
In città è scattato l’allarme. Si tratta di un impianto che ogni giorno potrà ospitare fino a 800 tonnellate e che può trattare un lungo elenco di rifiuti: codici che vanno dai fanghi provenienti dalle raffinerie di Priolo e di Gela, a vari tipi di solventi fino a mercurio, arsenico e acidi di varia natura. «Il 99 per cento dei codici Cer (Catologo europeo dei rifiuti) autorizzati – denuncia Lino Carpino, esperto di tematiche ambientali e componente della lista Scicli Bene Comune– sono di tipo industriale, vanno cioè a garantire un servizio alle industrie, molte delle quali non operano nemmeno nella nostra provincia. Se avessero voluto fare un impianto utile per il territorio, avrebbero potuto creare un centro per la gestione dei rifiuti prodotti a Scicli, invece arriveranno materiali pericolosi prodotti chissà dove».
Il primo a sollevare politicamente la questione è stato il deputato di Forza Italia Giorgio Assenza, che ha presentato un’interrogazione urgente al presidente della Regione per chiedere il riesame e la sospensiva cautelare del decreto autorizzativo, al fine di analizzare più a fondo una pratica che è andata avanti nell’ombra. Assenza ha informato anche il presidente della commissione antimafia, Nello Musumeci, «non perchè ci siano elementi che richiedono l’intervento della stessa – ha affermato – ma perchè quando si tratta di argomenti così delicati e di autorizzazioni così importanti è giusto che ci sia una adeguata attenzione da parte degli organi istituzionali».
La notizia ha allarmato i cittadini, nel giro di una settimana si sono tenute decine di riunioni pubbliche per discutere della questione. Sotto accusa sono finiti i commissari prefettizi che dopo lo scioglimento guidano il Comune di Scicli. Il parere al progetto dell’Acif nel luglio 2015 porta la loro firma, arrivato esattamente dopo un anno che la precedente giunta comunale aveva dato parere negativo. L’altro aspetto discusso è il fatto che nel gennaio del 2015 il consiglio comunale aveva cercato di tutelare quell’area predisponendo il cambio di destinazione urbanistica in zona agricola, per tutelare un territorio dove già sorgono due discariche dismesse, bonificate solo parzialmente e su cui, nonostante tutto, pascolano anche le greggi.
I tecnici della ditta Acif abbiano cercato di rassicurare sulla qualità dell’impianto, definito «all’avanguardia», ma al momento con scarsi risultati. «Per quanto possa essere innovativo – ha affermato Bartolomeo Falla, ex sindaco di Scicli per due legislature – la puzza arriverà sempre, come possiamo parlare di promozione del turismo e di Montalbano se poi la gente deve trovare tutto questo?». Altro aspetto contestato è quello relativo al traffico dei tir. Secondo la ditta, con l’impianto a pieno regime arriveranno venti camion al giorno con una portata di 40 tonnellate. Un altro dato che preoccupa i cittadini, trattandosi di stradine di campagna, su cui dovrebbero transitare mezzi pesanti contenenti in alcuni casi liquidi pericolosi.
Diverse associazioni si sono riunite per presentare un ricorso al Tar, basato su possibili vizi di forma nel percorso che ha portato alle autorizzazioni: dalla mancanza della Soprintendenza alla conferenza di servizi, al riferimento al piano regionale dei rifiuti, scaduto nel 2014. La battaglia è ancora aperta.