La sorella di Matteo Messina Denaro fa scena muta davanti al giudice. Gip: «È stata paziente tessitrice di conflitti»

Rosalia Messina Denaro si è avvalsa della facoltà di non rispondere davanti al giudice per le indagini preliminari Alfredo Montalto. La sorella del boss stragista Matteo Messina Denaro, arrestata venerdì scorso per associazione mafiosa, durante il suo interrogatorio di garanzia nel carcere Pagliarelli di Palermo di questa mattina ha scelto la strada del silenzio e fatto scena muta anche alla presenza del suo legale Daniele Bernardone. Il difensore che ha scelto, nonostante la donna sia la madre di Lorenza Guttadauro che invece l’ormai ex latitante ha nominato come sua avvocata di fiducia dopo essere stato catturato. «La mia assistita è in buone condizioni, compatibilmente con la sua situazione», ha dichiarato l’avvocato Bernardone. Quando è stata arrestata dai carabinieri, la donna avrebbe sostenuto che la sua «famiglia è perseguitata dalla giustizia». Su questo il legale di Rosalia Messina Denaro ha risposto che si tratta di «aspetti che non attengono la difesa», precisando che «ogni valutazione è prematura, vista la fase preliminare delle indagini».

Prima ancora di assistere al suo silenzio, il gip di Palermo ha parlato di Rosalia Messina Denaro come della «donna che ha gestito al più alto livello i rapporti con il capomafia». Una situazione che, dal punto di vista di Montalto, rende evidente il pericolo che «l’associazione, dopo l’arresto del fratello (avvenuto il gennaio nelle clinica privata La Maddalena di Palermo) possa individuare in lei la nuova mente strategica dell’organizzazione». Da tenere in considerazione nel ribadire l’esigenza della misura cautelare, c’è anche la questione «che i flussi di denaro gestiti sono ancora tutti in circolazione o custoditi in luoghi sicuri. Se lasciata in libertà – ha aggiunto il gip – la donna potrebbe compiere altri delitti finalizzati al controllo economico del territorio o a reinvestimenti illeciti o, più in generale, proseguire nell’attività criminale in Cosa nostra o per conto di Cosa nostra».

Arrestata all’interno della sua casa di Castelvetrano, nel Trapanese, la donna che si rivolgeva al fratello chiamandolo Fragolone per non nominarlo nei pizzini è considerata dal gip «una personalità particolarmente pericolosa e tendente al crimine». Nei trent’anni di latitanza di Matteo Messina Denaro, alla sorella sarebbe stato riservato il ruolo di «paziente tessitrice» dei conflitti tra i parenti. La donna sarebbe diventata anche la «riservata veicolatrice delle decisioni del latitante» su questioni di carattere familiare avrebbe soprattutto ricoperto la carica di cassiera per conto del boss: la sorella Rosalia avrebbe ricevuto ingenti somme di denaro, le avrebbe custodite, rendicontate e in certi casi anche distribuite in base alle esigente. Inoltre, alla donna sarebbe stato riservato il ruolo di «canale di smistamento dei pizzini tra il latitante e altri associati mafiosi».


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