Sanità siciliana piena di debiti, pagheranno le generazioni future

Un sistema sanitario non più “sostenibile”. La spesa che cresce. La crisi di il liquidità. La quota di compartecipazione alle spese a carico della Regione che è cresciuta. E gli inutili ricorsi presso la Corte Costituzionale. Le Aziende sanitarie in ‘rosso’ che ritardano i pagamenti alle imprese. Le imposte ormai ai massimi livelli. E via continuando.

C’è di tutto, insomma, nella relazione che i vertici della Corte dei Conti della Sicilia hanno presentato alla Camera dei deputati. C’è un pauroso indebitamento. E ci sono i costi che sono cresciuti a dismisura. I magistrati contabili non negano che, tra il 2007 e il 2009, grazie al Piano di rientro, le cose sembravano migliorare. Poi, però, le ‘esigenze’ della vecchia politica hanno rigettato la sanità siciliana sull’orlo del baratro.

A conti fatti, il nuovo Governo regionale del neo presidente eletto, Rosario Crocetta, si troverà subito ad affrontare una situazione che, in materia di sanità, è incandescente. Un settore che, sotto il profilo finanziario, è diventato “insostenibile”. La Regione paga, ormai, quasi il 50 per cento della spesa sanitaria. Inutili i ricorsi, perché la Consulta ha dato per ben due volte ragione allo Stato (figuriamoci!).

I costi sono cresciuti. E, in questi anni, li abbiamo pagati con le risorse Fas (Fondi per le aree sottoutilizzate). Invece di realizzare le infrastrutture, abbiamo pagato il deficit sanitario. In più abbiamo portato ai massimi livelli Irap e Irpef. Un disastro. 

Poi ci sono i risultati negativi delle Aziende sanitarie di Messina, Catania e Siracusa. Mentre nella Asp di Palermo va in scena qualcosa di unico: “l’utilizzazione di un sistema informativo obsoleto e poco integrato con gli altri sistemi informativi che determina l’inattendibilità dei criteri impiegati per il calcolo degli ammortamenti e la difficoltà di imputare correttamente le manutenzioni straordinarie al singolo cespite patrimoniale”. Siamo alla follia.

Insomma: tra giochi contabili e altro cresce l’indebitamento del sistema sanitario siciliano. Debiti trasformati in indebitamento di lungo periodo con una rata annua – tenetevi forte – pari a 180 milioni di euro! Morale: i disastri fatti dall’attuale classe politica (perché i direttori delle Aziende sanitarie e ospedaliere sono stati scelti dalla politica) sono stati scaricati in buona parte sulle generazioni future!

E poi? Poi lo scandalo del servizio 118: tanto personale e servizio scadente. I consulenti. I tetti di spesa ignorati. La ‘lite’ tra i ‘manager’ della sanità siciliana e la Consip. E le nuove, annunciate assunzioni (annunciate ovviamente in campagne elettorale) di altre 2 mila e 800 unità. Da pagare con quali soldi se già il sistema è indebitato fino al collo? (a destra, foto tratta da notizie.guidone.it)

Poi altre spese pazze per l’acquisto di beni, con i vertici delle Aziende che, ovviamente, si guardano bene dal ricorrere alla Consip. Quindi disservizi, inefficienze, crescita dei ‘viaggi della speranza’, parti cesarei sempre molto al di sopra della media nazionale. Unico dato positivo, la diminuzione delle inappropriatezze.

 

Ma vediamo i passi salienti della relazione. Ovviamente, per i lettori interessati ad entrare nei dettagli.

 

“Insostenibilità del sistema”

“Già un anno fa – scrivono i magistrati della Corte dei Conti della Sicilia – in occasione di un’audizione alla Assemblea regionale siciliana sui documenti di bilancio, la Sezione di controllo manifestava viva preoccupazione per il contributo agli obiettivi di finanza pubblica, richiesto alla Regione siciliana dai dd.ll. 78/2010, 98 e 138/2011, a causa dei rilevanti oneri da scontare nel Patto di stabilità. Altri, poi, se ne sono aggiunti: prima, con il d.l. 201 del 2011 (c.d. decreto Salva Italia), poi con il d.l. 6 luglio 2012 n. 95 (sulla spending review) e, da ultimo, con il d.d. legge di stabilità 2013”.

Insomma, da Roma sono arrivati i ‘siluri’ del ‘Governo delle Banche’ di Mario Monti che, anche sulla sanità, non ha esitato a incasinare la Sicilia per far quadrare i conti a Roma.

“Il necessario contenimento della spesa – si legge nella relazione – ha messo in forte tensione il bilancio regionale con un’esigenza di copertura, per gli anni 2012-2014 e seguenti, di milioni 1.344, 1.882, 2.001, 2.031 (un miliardo e 300 milioni e rotti, un miliardo e 882 milioni di euro e 2 miliardi di euro circa ndr). L’effetto, a fronte della degradata situazione finanziaria dei conti e di una allarmante illiquidità di cassa presagisce una sostanziale insostenibilità”.

Dunque, dalla magistratura contabile arriva la prima ‘notizia: il costo della sanità siciliana non sembra più sostenibile dalle ‘finanze’ regionali.

“L’influenza sulla sanità indotta dalle gravi difficoltà nelle quali versa il bilancio regionale – scrivono i magistrati contabili – trova immediata evidenza nella sua incapacità di sostenere il peso finanziario della maggiore compartecipazione al finanziamento dell’assistenza sanitaria, passata dal 42,5% del 2006 al 49,1% a partire dall’anno 2009, in base a quanto disposto dalla finanziaria 2007 (art. 1, comma 830), con conseguente necessità di copertura per oltre 600 milioni”.

Ricorsi presso la Consulta: due ‘buchi’ nell’acqua

La Corte Costituzionale a Roma

“Vana è risultata sino ad oggi – aggiungono i giudici della orte dei Conti – la protesta della Regione che, per due
“Risale infine al 24 luglio scorso – si legge sempre nella relazione – lo sblocco di ulteriori risorse per 240 milioni; restano da riconoscere crediti per 1.014 milioni condizionati dal mancato puntuale rispetto da parte regionale agli obiettivi del Programma operativo. Di qui, il ritardo nell’erogazione dei finanziamenti spettanti con inevitabili effetti negativi sulla situazione di ‘cassa’ della Regione, generatore a sua volta di una situazione di illiquidità delle stesse Aziende sanitarie costrette a fronteggiarne l’impatto tramite il ritardo nei pagamenti ai fornitori o con ricorso ad anticipazioni di tesoreria, con inevitabile aggravio di costi e alimentazione di debito”.volte, si è rivolta alla Corte costituzionale ma senza successo”. Il riferimento è ai giuristi del Governo regionale uscente, che hanno provato a far annullare dalla Consulta l’aumento della quota di partecipazione della Regione alle spese sanitarie. Facendo due buchi nell’acqua”.

Pagano imprese e cittadini

Insomma: la Regione non ha contenuto le spese sanitarie, lo Stato l’ha ‘punita’, le Aziende sanitarie sono rimaste a ‘secco’ e a farne le spese sono state le imprese che hanno lavorato per conto della sanità. E, naturalmente, i cittadini siciliani, chiamati a pagare – senza saperlo – i debiti provocati dal ricorso alle anticipazioni di tesoreria.

“Da sottolineare a riguardo – scrivono sempre i magistrati contabili – come, sia nel 2011 come pure nel 2012, la copertura alla più elevata compartecipazione (343 milioni di euro ) sia stata trovata tramite il ricorso alle risorse del Fondo per aree sottoutilizzate (Fas oggi Fosco)… Due le considerazioni da fare. La prima, per notare come la copertura alla maggiore compartecipazione risulti affidata ad un rimedio straordinario e congiunturale, a fronte di un contributo al finanziamento sanitario ormai destinato ad essere annualmente ricorrente. La seconda, per riscontrare come le risorse rivenienti dai fondi Fas sono per loro natura legate ad obiettivi di sviluppo, perciò andrebbero scrupolosamente riservate, specie nelle Regioni del Mezzogiorno, alle sole destinazioni utili in termini di crescita economica”.

Insomma, in questi ultimi anni, sembra dire la Corte dei Conti, per pagare i costi della sanità la Sicilia ha fatto fuori i soldi destinati alle infrastrutture e allo sviluppo.

Aumento delle imposte

“Il risultato di esercizio delle gestioni sanitarie siciliane, nel consolidato regionale stimato dal Tavolo ministeriale di luglio 2012 – si legge sempre nella relazione – evidenzia un deficit 2011 pari a circa 26 milioni di euro, a fronte di una ricostruzione contabile del Governo regionale di appena 22 milioni. Nondimeno la manovra regionale sulle aliquote Irap e addizionale Irpef per 337 milioni e la rideterminazione della fiscalità 2009, 2010, 2011 (46 mln) hanno assicurato coperture per complessivi 383 milioni e perciò un risultato positivo in avanzo per 357 milioni”. A conti fatti, se la sanità siciliana è ancora in piedi lo si deve all’aumento delle imposte: Irap e Irpef.

I ‘buchi’ delle Aziende di Messina, Catania e Siracusa

“Ad influire nella formazione del deficit regionale – scrivono i magistrati contabili – hanno contribuito in larga misura i risultati negativi di alcune aziende fra cui Messina (-17 milioni), Catania (-6 milioni), Siracusa (-4 milioni)”.

“Da osservare tuttavia – prosegue la relazione – che, seppure la Sicilia sia riuscita a coprire i disavanzi, tale risultato è stato conseguito soprattutto con l’attivazione della leva fiscale ai limiti massimi, piuttosto che con manovre strutturali valevoli ad incidere il trend di spesa. In particolare, gli insufficienti interventi di razionalizzazione delle reti di offerta e delle modalità di gestione hanno comportato sia il permanere di rischi sulla capacità di contrarre la spesa, sia un ulteriore ritardo nel processo di riqualificazione della rete assistenziale in coerenza con i livelli essenziali di assistenza”.

Insomma: tasse e imposte a gogò, niente manovre strutturali serie e razionali e, ciliegina sulla torta, peggioramento dell’assistenza sanitaria.

 

I debiti sulla testa delle generazioni future

“L’analisi disaggregata della situazione debitoria delle singole Aziende sanitarie al 31.12.2011 – osservano i giudici contabili – mostra come la maggiore incidenza sul totale dei debiti regionali sia quella dell’Asp di Catania (17,7%), dell’Asp di Palermo (12,7%,) sia pure in decremento rispetto alle percentuali registrate nel 2006 e 2007 e dall’Asp di Messina (11,9%). All’elevatissimo debito accumulato negli anni, si è posto rimedio prima tramite operazioni finanziarie poi con l’anticipazione del MEF, con allungamento della sua scadenza fino anche a trent’anni, trasformando un debito commerciale a breve in debito finanziario a lungo termine e scaricandone gli effetti sulle generazioni future”.

Morale: gestione dissennata del settore, indebitamento a breve trasformato in indebitamento a lunga scadenza. Risultato: pacheranno i posteri.

“Si tratta, in sostanza, di un debito di durata trentennale – spiegano i magistrati della Corte dei Conti – con rata di ammortamento pari a 180 milioni annui, il cui importo a fine 2011 ammonta a circa 2.503 milioni (2 miliardi e mezzo di euro!). L’esposizione debitoria complessiva, a tener conto di questa rilevante voce, assume una dimensione ragguardevole cui va riservata attenzione e preoccupazione”.

 

Spese per il personale: lo scandalo del 118

“La spesa per il personale – si legge sempre nella relazione – riveste indubbie criticità nell’ambito della gestione della sanità siciliana. Il totale dei dipendenti è pari a oltre 50.000 unità (32.581 del ruolo sanitario) per un costo complessivo di circa 3 miliardi pari a quasi il 35% dei costi complessivi, ma che sale al 54% con riferimento ai costi interni relativi all’assistenza diretta. Va altresì considerato che, nell’ambito della gestione dell’emergenza-urgenza sanitaria (c.d. 118), il reclutamento di complessivi di 1440 dipendenti avvenuto a inizio 2006 in aggiunta a quelli in servizio (1.570), ha segnato una complessiva dotazione di oltre 3000 dipendenti per il solo 118”.

Due gli elementi: il personale sanitario non manca, eppure alcuni servizi – come certi Pronto soccorso – il personale medico è carente. Di fatto, una ‘disorganizzazione organizzata’. Poi lo scandalo del servizio 118: altro caso di personale in eccesso e servizio carente.

 

I concorsi ‘elettorali’

“In occasione dell’Audizione del maggio 2010 – si legge sempre nella relazione – questa Sezione non mancava di denunciare tale incresciosa questione, rilevando sin d’allora come la soluzione dell’affidamento del servizio ad un organismo a partecipazione pubblica (SEUS) non poteva risolvere la disfunzione legata ad un eccesso di personale e a prestazioni strutturali ridondanti (da 157 a 280 ambulanze) rispetto alle prestazioni richieste. Sorprende perciò l’iniziativa di varie Aziende per reclutamento di oltre 2800 unità di personale sanitario”.

Il personale è già in esubero, eppure la politica siciliana, a ridosso del voto per le recenti elezioni regionali, ha annunciato concorsi per altri 2 mila e 800 posti…

 

Spesa beni e servizi in crescita patologica

“Non minori criticità riveste la spesa relativa all’acquisto di beni e servizi. Gli obiettivi di contenimento non sono stati raggiunti tant’è che la spesa è cresciuta nel 2011 del 6,15%, in misura assai superiore anche alla media nazionale (2,4%). Per tale spesa già la finanziaria regionale 2007 e poi specialmente la finanziaria nazionale 2010 (L. 191/2009), avevano previsto tetti alla crescita che mai sono stati rispettati dalle Aziende sanitarie nel corso degli ultimi cinque anni”.

Qui la relazione tocca un punto delicatissimo dove si annidano gli sprechi. I ‘manager’ o presunti tali, rispondono alla politica. Che ‘chiede’. E la spesa aumenta non per migliorare il servizio sanitario pubblico per i cittadini, ma per alimentare la politica ladra.

 

Il ‘mangia mangia’ degli acquisti

“La Sezione ha più volte richiamato il Governo regionale alle proprie responsabilità in tema di controlli più incisivi sui prezzi di acquisto per categorie omogenee di beni – scrivono i giudici della Corte de Conti – eccessivamente elevati, anche a causa di acquisti praticati al di fuori delle pur previste procedure centralizzate di gara, e con eccessivo ricorso alle procedure in economia (nel 2010 le procedure in economia effettuate dalle Aziende risultano pari a 1.250). Per contrastare tale prassi, del resto presente anche in altre Regioni, sono state introdotte più severe discipline in tema di acquisto di beni e servizi da parte delle Aziende sanitarie. Il d.l. 6 luglio 2012 n. 95 (conv. con L. 135/2012) prevede (art. 15, comma 13), la riduzione del 5% dei corrispettivi e dei corrispondenti volumi di acquisto anche per i contratti in essere. Alle Aziende, inoltre, è assegnato il compito di proporre la rinegoziazione dei contratti e l’eventuale recesso, senza onere per le stesse, qualora i prezzi unitari siano superiori del 20% rispetto a quelli individuati dall’Osservatorio per i contratti pubblici”.

“E’ altresì previsto l’obbligo per gli enti del Servizio sanitario nazionale – leggiamo sempre nella relazione – di avvalersi o di strumenti di acquisto telematico messi a disposizione dalla Consip o di centrali di committenza se disponibili, fermo restando il parametro di riferimento prezzi rilevato dall’Osservatorio. La sanzione prevista è la nullità dei contratti e la conseguente responsabilità amministrativa. Tali nuove discipline sono state oggetto di puntuali atti di indirizzo da parte dell’assessorato della Salute con una articolata circolare (9 agosto 2012 n. 1295) diretta agli enti sanitari (Aziende ed ospedali) nonché ai Collegi sindacali ai fini di un pronto adeguamento”.

 

Troppi disservizi e troppe inefficienze

“La recente verifica del marzo 2012 – si legge sempre nella relazione – condotta dal Tavolo ministeriale sul rispetto degli obiettivi intermedi di riqualificazione organizzativa ha evidenziato alcune criticità con particolare riferimento all’assistenza territoriale, specialmente agli anziani (ADI) ed ai disabili, al settore della sanità penitenziaria e alla rimodulazione della rete ospedaliera”.

“Se da un lato – osservano i magistrati contabili – le politiche di rientro hanno prodotto buoni risultati in termini di contenimento del tasso di crescita dei costi della gestione, le stesse non hanno tuttavia contribuito a risolvere i problemi di una sanità che presenta ancora disservizi e insufficienze sul piano erogativo dei livelli di assistenza sulla base dei principali indicatori di efficienza e di qualità delle prestazioni sanitarie e ospedaliere”.

 

Efficienza ospedaliera

“Flette, nel 2011, il numero complessivo dei ricoveri ordinari e delle relative giornate di degenza in coerenza con la politica sanitaria regionale volta alla deospedalizzazione dell’offerta sanitaria – scrivono i magistrati contabili -. La riduzione dei ricoveri in day hospital è poi da ascrivere ad uno spostamento verso il regime ambulatoriale ed è dunque sintomatica di una maggiore appropriatezza delle prestazioni”.

“La riduzione del numero dei ricoveri nel 2011 – si precisa nella relazione – riguarda prevalentemente i ricoveri in strutture pubbliche (-7,85% tra 2010 e 2011) mentre sostanzialmente invariata rimane quella dei ricoveri nelle strutture private accreditate nel confronto tra 2011 e 2010. Nel complesso (strutture pubbliche + private) si registra una riduzione del numero dei ricoveri per acuti pari al -6,97%, che conferma un trend che prosegue dal 2007. Nel dettaglio diminuiscono del 5,39% quelli in regime ordinario e del 9,77% quelli in day hospital. Aumentano invece i ricoveri post acuzie del 9,29% confermando il trend in crescita (+7,05%)”.

“Quanto alle giornate di degenza – si legge sempre nella relazione – i ricoveri ordinari per acuti (pubblici e privati) continuano l’andamento in flessione con la riduzione del 2,58% di giornate di degenza tra 2011 e 2010, inferiore rispetto al -3,86% del precedente biennio. Per lungodegenza e riabilitazione si registra invece, tra 2011 e 2010, un sensibile incremento delle giornate di degenza (+24,64%) che conferma il trend di crescita a partire dal 2009 e compensa la riduzione delle giornate di degenza per acuti”.

 

I posti letto

“Con riferimento al numero dei posti letto – scrivono i magistrati contabili – continua la riduzione: dai 20.886 posti letto per degenza ordinaria e day hospital del 2007 ai 19.880 posti letto (pl) del 2008 fino agli attuali 19.558 p.l. Nel confronto col 2007 circa 1.300 pl in meno. Tale processo di ristrutturazione della rete ospedaliera risulta quasi completato (intorno all’80% sarebbe infatti la dismissione delle attività non più previste nei piani di rimodulazione della rete) e l’attuazione a regime può consentire alla Sicilia di raggiungere la dotazione, in termini percentuali, di 3,7 p.l. per mille abitanti, di cui 3 per acuti e 0,7 per lungodegenza e riabilitazione come previsto dal d.l. n. 95”.

 

Indicatori di complessità

“L’analisi degli indicatori di complessità – leggiamo nella relazione – mette in luce come la Sicilia, pur esponendo dati favorevoli in termini di degenza media per acuti, basso indice di ‘letti vuoti’ e buona rotazione di pazienti per letto, sconta poi bassi indici per complessità di episodi di ricovero e per interventi chirurgici ed ancora un alto indice di ricoveri medici. Quanto all’indice di case mix, la Sicilia risulta avere nel 2010 un valore pari a 0,90, ancora inferiore alla media nazionale”.

“Anche per il 2009, sempre per i ricoveri per acuti, l’indice di case mix risultava pari a 0,88, quindi sotto l’unità. Tali risultati relativi alla scarsa complessità degli episodi di ricovero trovano conferma qualora si confrontino i ricoveri seguiti da interventi chirurgici con quelli esclusivamente medici”.

“Le dimissioni con DRG (Diagnosis Related Group) chirurgico rispetto al totale dei ricoveri risultano nel 2011 pari al 34,82% dei ricoveri, ancora inferiori alla media nazionale al 2010 che si attesta al 41,35% mentre rimangono superiori alla media nazionale (pari al 58,66% al 2010) i dimessi con DRG medico (in Sicilia il 65,18%)”.

Su questo punto non ci troviamo d’accordo con i magistrati della Corte dei Conti. Non è detto, infatti, che debbano essere ricoverati solo i pazienti chirurgici. Ci sono malati che giungono nei Pronto soccorso e che, grazie a nuove direttive molto ‘soggettive’, vengono dimessi perché “non chirurgici” o comunque perché ritenuti al di fuori di parametri elaborati più con criteri economicistici che medici. Stupisce che anche i magistrati della Corte dei Conti si adeguino a certe direttive sbagliate. Non è diminuendo la sicurezza per i pazienti che si eliminano le storture della sanità siciliana. Anzi. 

Un dato positivo

“Un dato positivo – scrivono sempre i magistrati della Corte dei Conti – è invece la diminuzione registrata nel 2011 dei 43 DRG a rischio di inappropriatezza sia in termini assoluti (-3.036) che in percentuale rispetto al numero dei ricoveri ordinari (dal 4,60% del 2010 al 4,30% del 2011 )”.

La solita ‘abbuffata’ di parti cesarei

“Rimane tuttavia in Sicilia alta, rispetto alla media nazionale, la percentuale di parti cesarei. Con riferimento al 2010 i cesarei registrati risultano pari al 52% circa del totale a fronte della media nazionale del 38%. La percentuale più alta, pari al 75% di cesarei, si registra nelle case di cura private accreditate. Nel 2011, secondo quanto comunicato dalla Regione, i cesarei si sarebbero ridotti al 50,6% del totale, percentuale comunque lontana dalla media nazionale”.

 

I ‘viaggi della speranza’ sempre in aumento

“La mobilità passiva si mantiene su valori ancora elevati – si legge sempre nella relazione della Corte dei Conti – . I dati, riferiti al 2010, mostrano un aumento dei ricoveri fuori regione pari a 56.723, con un aumento di 874 ricoveri rispetto al 2009 (55.849). Rispetto al trend di progressiva riduzione registrato dal

2003, si registra nel 2010 un aumento della mobilità passiva dell’1,56% rispetto al 2009”.

“All’inverso nel 2010 – prosegue la relazione – si riduce la mobilità attiva di 2.473 unità (dai 20.615 ricoveri del 2009 ai 18.142 del 2010). La Regione ha peraltro comunicato che il risultato 2011 sarebbe positivo con un aumento del numero dei ricoveri rispetto al 2010 (20.672)”.

“In ogni caso – sottolineano i magistrati contabili – il raffronto fra mobilità attiva e passiva evidenzia un netto sbilanciamento tuttora esistente tra l’indice di fuga, ancora alto, ed il basso indice di attrazione, anche se quest’ultimo può essere ricondotto a fattori geografici”.

Insomma: tanti siciliani, oggi preferiscono curarsi fuori dalla Sicilia. E sono pochi i non siciliani che scelgono la nostra Isola per farsi curare.

“I valori finanziari confermano tale fenomeno – si ribadisce nella relazione – ove si consideri che il saldo della mobilità è sempre negativo con valori che, dal 2003, si mantengono intorno alla media di circa 164 milioni annui. L’esigenza sarebbe quella di incrementare la quantità e la qualità dell’offerta in ambiti specialistici come ortopedia, oncologia, riabilitazione e cardiochirurgia nei quali, in ragione di oggettive carenze di offerta, si realizza in prevalenza la mobilità verso altre Regioni”.

 

I controlli e i saldi negativi

“L’esame delle relazioni dei collegi sindacali – osservano sempre i giudici contabili – permette di evidenziare numerose criticità riconducibili innanzitutto ai risultati di esercizio delle Aziende che, seppure in costante miglioramento negli ultimi anni, tuttavia ancora registrano complessivamente un saldo negativo, per l’esercizio 2011, pari a quasi 34 milioni di euro”.

“Particolarmente significativi, a tal riguardo – leggiamo sempre nella relazione – risultano i risultati negativi di esercizio dell’Asp di Messina, pari ad oltre 17 milioni di euro, e dell’Asp di Catania, quantificato in oltre 6 milioni di euro. Un ulteriore fattore di criticità, che si evidenzia con riferimento alle Aziende sanitarie, è relativo alla situazione debitoria che presenta un dato complessivo, riferito all’anno 2011, in evidente crescita rispetto all’esercizio precedente con l’aggravio delle spese per interessi che si aggiungono al debito originario”.

 

Nessuno rispetta i tetti di spesa

“L’esposizione debitoria delle aziende è particolarmente rilevante nei confronti dei fornitori e degli istituti tesorieri, evidenziando una preoccupante crescita della massa debitoria che rischia di pregiudicare gli equilibri complessivi di bilancio. Si riscontra altresì che non risultano sempre rispettati i parametri della spesa posti dal legislatore per la farmaceutica diretta così come non risultano rispettati da nessuna Azienda i tetti di spesa per l’acquisto di beni e servizi. Tale criticità, influente sulla crescita dei costi complessivi a carico delle Aziende, si accompagna ad evidenti anomalie nelle modalità di approvvigionamento”.

La Consip, questa ‘sconosciuta’

“Infatti – osservano i magistrati contabili – le Aziende utilizzano in modo prevalente proroghe e rinnovi contrattuali ovvero le procedure negoziate, ricorrendo in pochi casi alle procedure Consip o agli acquisti attraverso le centrali di committenza.

 

La grande ‘abbuffata’ di consulenti

“Si deve anche sottolineare – scrivono in giudici contabili – il dato relativo ai conferimenti di incarichi e consulenze che presenta, nel corso degli ultimi anni, un trend decisamente crescente e che spesso non risulta accompagnato dal controllo del rispetto delle prescrizioni dettate dal legislatore. In riferimento ai dati relativi al bilancio 2010 deve evidenziarsi la mancata formulazione del parere favorevole del collegio sindacale con riferimento alle Asp di Agrigento, Catania, Messina e Palermo”.

 

Asp Palermo: calcoli inattendibili

I Collegi sindacali hanno difatti riscontrato, oltre ai risultati negativi nella gestione delle Aziende, numerose criticità di carattere contabile riferite ad esempio, con riferimento

all’Asp di Palermo, all’utilizzo di un sistema informativo obsoleto e poco integrato con gli altri sistemi informativi che determina l’inattendibilità dei criteri impiegati per il calcolo degli ammortamenti e la difficoltà di imputare correttamente le manutenzioni straordinarie al singolo cespite patrimoniale.

Tali carenze del sistema informativo producono l’effetto di una rappresentazione del risultato di esercizio e della situazione patrimoniale dell’Azienda che non appare rispettare i fondamentali principi della veridicità e dell’attendibilità richiesti dalle norme contabili. Si ravvisano inoltre criticità legate ai saldi negativi della mobilità o alla presenza di debiti derivanti da vecchi contenziosi per i quali non sono stati operati i necessari accantonamenti, negli esercizi precedenti, per fronteggiare le passività potenziali”.

“L’Asp di Catania – scrivono sempre i giudici contabili – presenta un saldo negativo per la mobilità pari a 9 milioni di euro ed inoltre iscrive in bilancio, nell’anno 2010, un debito complessivo pari ad oltre 13 milioni di euro, derivante da un complesso di debiti verso il Comune di Catania per prestazioni socio sanitarie, in conseguenza di un decreto ingiuntivo attivato per il recupero della suddetta somma”.

 

I costi crescenti della Fondazione ‘Maugeri’ di Sciacca

Le Asp di Agrigento e Messina – si legge sempre nella relazione -registrano risultati di esercizio considerevolmente negativi, in rapporto agli obiettivi programmati, anche in ragione della non corretta stima compiuta in sede di predisposizione delle stime previsionali. In particolare, l’Asp di Agrigento giustifica il disallineamento riscontrato tra obiettivo negoziato e risultato conseguito pari a 12 milioni di euro, evidenziando l’errato calcolo della mobilità passiva, le sopravvenienze legate ai numerosi contenziosi esistenti non coperte dagli accantonamenti disposti e i crescenti costi della Fondazione Maugeri di Sciacca”.

 

… e a Messina sono un po’ imprudenti…

“Allo stesso modo – scrivono sempre i magistrati contabili – l’Asp di Messina, registra un disallineamento tra obiettivo programmato e risultato conseguito pari a oltre 18 milioni di euro, evidenziando tali risultati negativi anche in ragione delle stime recate nello strumento previsionale non improntato ai criteri di prudenza e attendibilità delle poste in esso contenute. La gestione straordinaria registra un saldo negativo pari a quasi 3 milioni di euro in ragione dello scarto tra l’importo negoziato, pari a 500 mila euro, altre somme finanziate ed i costi accertati pari a quasi 5 milioni di euro. La sottostima degli importi si riscontra anche per i budget negoziati per l’assistenza ospedaliera, l’assistenza specialistica e l’assistenza riabilitativa extra ospedaliera da privati rispetto ai quali si sono evidenziati costi aggiuntivi in misura superiore ai 3 milioni di euro”.

 

 

 

 

 

 

Giulio Ambrosetti

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