San Teodoro, mischia di candidati under 35 Sogni, saggezza popolare e padri nobili

«Nel rugby la mischia è una situazione di gioco che si viene a creare sia spontaneamente che per ordine dell’arbitro». Lo dice Wikipedia ma, per averne una prova, bastava essere presenti ieri all’incontro organizzato da CTzen tra i sei candidati under 35 al consiglio comunale etneo: uno per ogni candidato a sindaco alle prossime elezioni. La metafora sportiva era d’obbligo, considerata la location: la club house Peppe Cunsolo del campo San Teodoro, occupato e ristrutturato dalla squadra dei Briganti Rugby di Librino. «Al contrario dei loro predecessori, detti la generazione invisibile, i giovani tra i 18 e i 34 anni sono una vera generazione – apre l’incontro Rossana Sampugnaro, docente della facoltà di Scienze Politiche di Catania – Non solo un gruppo di persone nate nello stesso decennio o che hanno visto gli stessi cartoni animati, ma che condivide almeno in parte la stessa visione delle cose: la necessità di dire la propria e riappropriarsi del futuro». Proprio il motivo che, come raccontato dai candidati, ha spinto molti di loro ad entrare in politica. Per lo più con due sole certezze: la saggezza dei detti popolari e grande stima per Nello Musumeci.

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A incuriosire sono stati soprattutto i due ospiti meno conosciuti: Salvo Ficarra e Sergio Barbagallo. Presenza inattesa la prima – in sostituzione di una collega prevista in scaletta – Ficarra è un avvocato penalista “fuori quota”. Il suo sostegno a Tuccio D’Urso è ben evidente dalla parola chiave che spesso ricorre nei suoi discorsi: i parcheggi. Cura a quasi tutti i mali cittadini, comprese le scarse finanze del Comune etneo. «Più che rispondere, arringa», commenta qualcuno tra il pubblico. Più pratico si dimostra invece Sergio Barbagallo, per Maurizio Caserta sindaco, alla sua prima candidatura nonostante la militanza nelle file giovanili di Forza del Sud a fianco di Salvo Fleres. Sul bilancio e il piano regolatore generale etneo ha le idee chiare: «Si faccia qualunque cosa purché si faccia». A chi gli chiede di essere più preciso risponde: «Cosa non lo so, perché finora non ci sono stato io in consiglio a mangiarmi i soldi».

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La prima mischia nasce spontanea sul tema dei voltagabbana. Presenti due giovani praticanti del fenomeno: Agatino Lanzafame, dall’Mpa di Raffaele Lombardo al sostegno a Enzo Bianco, e Manfredi Zammataro, passato da  cinque anni all’opposizione nell’aula consiliare col gruppo de La Destra alla candidatura nella lista Tutti per Catania a sostegno del sindaco uscente Raffaele Stancanelli. «Megghi lu tintu canusciuti, ca lu bonu a canusciri», sintetizza la propria posizione Zammataro. «Cu do sceccu ni fa mulu u primu cauciu è do so», ricorda Lanzafame al collega, mettendolo in guardia dai pericoli della riabilitazione della figura di Stancanelli. «Il primo calcio l’ha preso Catania quando Bianco se n’è andato a Roma per fare il ministro», risponde pronto Zammataro. Che vince il premio della critica per la prontezza di spirito. «Fai beni a jatta ca t’aratta», chiude il siparietto il candidato del Movimento 5 stelle Alessio Occhinegro, a sostegno di Lidia Adorno, sorridendo sornione rivolto a entrambi i colleghi.

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Altro tema caldo è poi la nuova piazza Europa, un tema sollevato da Mirko Viola di Cittàinsieme, presente tra il pubblico. «Più un buco con una piazza attorno», la definisce Occhinegro, strappando una risata al pubblico. «Anche della Tour Eiffel, quando fu costruita, dissero che andava demolita», risponde ancora una volta pronto Zammataro. Ma il candidato grillino, messo da parte il gusto, ne fa una questione di utilità, non pubblica ma del privato che l’ha costruita: «S’ana manciatu macari l’ossa da città», conclude lapidario. Un po’ perplesso, in questo sfoggio di cultura popolare, resta Andrea Alba, candidato con Catania Bene Comune per Matteo Iannitti sindaco – unico presente in sala – che alla cultura popolare sembra preferire riferimenti internazionali: «Qui parliamo di parcheggi ma, secondo l’Economist, da quando New York ha chiuso il proprio centro al traffico l’economia degli esercizi commerciali della zona è cresciuta del 50 per cento».

La seconda mischia, stavolta spontanea, parte quando Manfredi Zammataro richiama tutti i candidati alla disciplina e alla legalità, a cominciare dall’affissione regolare dei manifesti in città. «Come i tuoi in via del Rotolo?», chiede Occhinegro. «Sono regolarmente affissi nei pannelli – risponde Zammataro, quasi perdendo l’aplomb che lo contraddistingue – Avete sempre quest’aria da professorini, ma siete voi ad aver sbagliato, tanto che Beppe Grillo non è nemmeno venuto a Catania. Vergogna!». Tra qualche urla e diversi brusii in sala, la questione sembra ricomporsi con la promessa di una passeggiata nella strada incriminata. Fino a quando a intervenire non è Sara Giorlando, assessore designato di Catania Bene Comune: «Abbiamo fotografato un cartello, a Monte Po, in cui degli “addetti” di Stancanelli minacciano di suonare i campanelli se la gente non scenderà ad ascoltare il candidato». «E’ anonimo, possono averlo scritto loro e fotografato», accusa un sostenitore di Zammataro. «La differenza tra noi e voi è che noi denunciamo e non lo facciamo – chiude Giornando – Voi denunciate, ma poi lo fate».

Per chi, mischie a parte, fosse rimasto con la curiosità di saperne di più sui sei candidati, molto dicono di loro le due risposte secche alle domande «Un sogno per Catania» – di crozziana ispirazione – e «Il vostro modello politico di riferimento». Di seguito le risposte per candidato.

Sergio Barbagallo: rilanciare lo sport, «oltre il calcio»; Nello Musumeci.
Andrea Alba: la messa in discussione del debito comunale; Don Gallo.
Salvo Ficarra: «Non ho un sogno ma la realizzazione di obiettivi per la città»; Nello Musumeci.
Manfredi Zammataro: riconquistare la competitività di Catania; Nello Musumeci e Falcone e Borsellino.
Alessio Occhinegro: rilanciare il turismo; Peppino Impastato.
Agatino Lanzafame: difendere la scuola e i servizi sociali; Aldo Moro.

 


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