“Roma dice sì all’art. 37 dello Statuto siciliano”. Dove è la trappola?

Squilli di trombe e rulli di tamburi: l’esecutivo siciliano ha annunciato che il governo di Roma avrebbe detto si all’applicazione dell’art. 37 dello Statuto siciliano che, lo ricordiamo, è parte integrante della Costituzione italiana. 

 Si tratta della norma secondo la quale le imprese che hanno gli stabilimenti nell’Isola,  ma la sede legale altrove, devono pagare qui le imposte. Il tema è quello della territorializzazione dei tributi, sacrosanto diritto di tutte le regioni. Un dettato costituzionale mai rispettato e che ha causato alla Sicilia ingenti danni economici (qui una stima del rapporto dare-avere Stato-Sicilia). 

La notizia dell’inatteso rispetto della Costituzione italiana -e quindi dello Statuto siciliano- da parte del Governo nazionale arriva su un ‘roboante’ comunicato di Palazzo d’Orléans, la sede del la presidenza della Regione. E, in effetti, se dovesse essere confermata da fatti e conti economici, questa news potrebbe cambiare il corso della storia siciliana.

Ma, proprio la storia, ci insegna la cautela. Non è la prima volta che arrivano annunci del genere. Bisognerà capire se il Governo nazionale, anche questa volta, con un mano finge di dare e con l’altra è pronto a bastonare appropriandosi di risorse non sue. Come, ad esempio, la richiesta di accantonamenti che Roma ha imposto alla Sicilia per 900 milioni di euro poi diventati 800. Richiesta che aggrava non poco il bilancio regionale che è già un colabrodo, come vi abbiamo raccontato qui.

In ogni caso, per sapere esattamente come stanno le cose, bisognerà leggere il decreto attuativo dell’art.37, che ancora non c’è.

Ma leggiamo l’annuncio:

Da oggi le imprese che operano in Sicilia pagheranno le imposte in Sicilia. Uno dei sogni dei padri dello Statuto siciliano e degli autonomisti trova attuazione su proposta della Regione siciliana”. Lo dicono in una nota il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, e l’assessore regionale all’ Economia, Luca Bianchi.

“Il Governo nazionale – aggiunge Crocetta – ha approvato all’unanimità il provvedimento sulla base delle buone prassi di bilancio che il Governo siciliano ha avviato, attraverso le azioni di spending review, i tagli delle Province, delle partecipate, la revisione di spesa per gli assessorati, il taglio del salario accessorio, la chiarezza dei conti, quindi, sulla base dell’azione di buon governo che la Sicilia sta portando avanti”.

Il Governo siciliano e i siciliani tutti, ringraziano il Governo nazionale per il riconoscimento di un diritto. “Utilizzeremo nel miglior modo possibile la fiducia che ci viene data – precisa il governatore siciliano – portando avanti con giustizia le politiche di rigore senza massacro sociale, sostenendo le imprese e i poveri. Da oggi inizia una pagina nuova per la Sicilia, la sfida di cominciare a farcela da soli, con l’orgoglio di essere siciliani, mettendo a posto i conti e sviluppando l’economia”.

“La Sicilia – continua Crocetta – non vuole vivere di assistenzialismo e parassitismo, vuole vivere con le proprie risorse e questo cambia la prospettiva totale e inverte la tendenza politica di oltre 50 anni. Siamo orgogliosi, felici, insieme a tutti i siciliani, di festeggiare una rivoluzione che continua e che è in corso in Sicilia. Questo è merito di tutti i siciliani. Il modello Sicilia è siciliano, è fatto da i siciliani e – afferma il Presidente – ce la faremo a fare divenire la nostra regione, una delle più sviluppate d’Europa, ma anche una regione che diventa un simbolo sul piano dei diritti civili, della lotta alla mafia, della trasparenza, dando impulso a una rivoluzione culturale che mette al centro anche i soggetti deboli”.

Se i conti confermeranno questo entusiasmo, la rivoluzione siciliana sarà davvero iniziata.

Aggiornamento delle ore 19.00: i conti, come avevamo sospettato, non tornano, ve lo  raccontiamo qui.

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