Agenzie di pompe funebri per depositare lo stupefacente, trasportato su mezzi di soccorso. Sono 37 gli arrestati. L'operazione colpisce la cosca che gestiva lo spaccio a San Cristoforo, Monte Po, San Berillo e a Piano Tavola. «Piazze passate dai Santapaola ai Carateddi», spiega il questore etneo. Guarda foto e video
Revenge 5, colpito clan mafioso Cappello-Bonaccorsi «Droga trasportata in ambulanza, a sirene spiegate»
Sono le prime ore del mattino e un elicottero della
polizia sorvola il centro città. Vola in cerchio, sopra piazza Università, a quota talmente bassa da fare suonare gli antifurto delle automobili parcheggiate nei paraggi. A terra, le autopattuglie, coi loro lampeggianti azzurri illuminano le strade e i palazzi. I residenti – svegliati dal rumore delle eliche e dal lamento degli allarmi – si affacciano a balconi e finestre e guardano in su per capire cosa succede. A spiegarlo nei dettagli, qualche ora dopo il lancio delle agenzie di stampa, è il procuratore generale di Catania Michelangelo Patanè. Gli agenti della
mobile sono stati impegnati in un’operazione antimafia, denominata Revenge 5, conclusa con l’arresto di 37 persone. «Pericolosi criminali dediti al traffico di stupefacenti – dice il procuratore di Catania – che agivano con incredibile tracotanza». Comportamento riferito al particolare modo con cui la droga veniva trasportata: «A sirene spiegate sull’ambulanza di una Onlus», la New Città di Catania ambulanze.
Il nome dell’operazione non è casuale, «è la prosecuzione del filone Revenge, partito nel 2009 – spiega il questore di Catania, Marcello Cardona – che racconta il passaggio di soggetti criminali, e di interi gruppi, dalla famiglia Santapaola al clan Cappello-Bonaccorsi e in particolare all’ala dei Carateddi». L’attività investigativa – portata avanti grazie a intercettazioni, pedinamenti e registrazioni video – «ha coinvolto 200 agenti di diversi reparti delle forze dell’ordine», spiega il dirigente della polizia Antonio Salvago. E da Roma sono arrivati i complimenti del capo della polizia, Alessandro Pansa.
L’organizzazione – che gestiva lo spaccio nei quartieri della periferia catanese oltre che nell’hinterland del capoluogo e a Belpasso, nella frazione Piano Tavola – sarebbe stata capeggiata da
Francesco Di Mauro, Fabio Reale e dai fratelli Attilio e Gaetano Bellia. Sarebbero stati questi ultimi a occuparsi della fornitura di droga e della successiva messa sul mercato, divisa in tre piazze di spaccio: San Cristoforo, Monte Po, San Berillo nuovo. Il mezzo utilizzato dai corrieri era, in alcuni casi, l’ambulanza di un’associazione onlus riconducibile a Salvatore Spampinato e Antonio Cosentino, gestore inoltre un’agenzia di onoranze funebri – la Retof, con sede nel quartiere San Cristoforo – che veniva utilizzata come base logistica per la consegna della droga. «Metti in sirena e te vai in via Grimaldi, non cercare scuse. Quello mi deve un camion e mezzo di soldi», dice Cosentino a Spampinato, non sapendo di essere intercettato. Una volta a settimana la consegna avveniva in un’altra agenzia di onoranze funebri, con sede a Francofonte, nel Siracusano, intestata a Francesco Belluardo.
Tra gli arrestati figurano anche alcuni nomi eccellenti.
Salvatore Bonaccorsi, figlio del più noto Concetto che è detenuto e sottoposto al regime del carcere duro perché ritenuto al vertice della cosca; Gaetano Lo Giudice, padre di Sebastiano che è in regime di 41bis perché del clan era stato reggente; i fratelli Alessandro, Claudio e Marco Strano e i fratelli Nicolò Roberto e Massimo Squillaci, appartenenti alle omonime famiglie – radicate rispettivamente a Monte Po e Belpasso – che rappresentano storiche componenti dell’organizzazione mafiosa Santapaola–Ercolano transitate tra le fila della cosca Cappello-Bonaccorsi. Singolari le modalità di arresto di Antonello Ventaloro, dentro la cui autovettura – andata a sbattere contro un muretto al termine dell’inseguimento con la polizia – è stata rinvenuta sostanza stupefacente su sedili e pianale. «Aveva cercato di disfarsene mentre era in movimento – spiega Salvago – e si è invece sparsa sulla vettura come fosse zucchero a velo». Le indagini hanno evidenziato inoltre come Gaetano Lo Giudice pretendesse dai fratelli Bellia la restituzione di 200mila euro che il figlio Sebastiano avrebbe affidato ai due, che avrebbero dovuto occuparsi del sostentamento dello stesso e dei suoi familiari.
Nel corso delle indagini sono stati effettuati arresti in flagranza di reato e sequestri di sostanza stupefacente. Tra i 37 arrestati 30 sono i pregiudicati, alcuni già detenuti o sottoposti a misure cautelari. In 26 sono stati portati in carcere – alcuni a piazza Lanza, altri a Bicocca – gli altri undici sono stati posti agli arresti domiciliari. Quasi tutti sono ritenuti, secondo gli investigatori, appartenenti al clan mafioso Cappello-Bonaccorsi e responsabili a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al
traffico di droga, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, reati in materia di armi con aggravanti. «La lotta alla mafia catanese è prioritaria – dice il questore Cardona al termine della conferenza stampa – Da gennaio abbiamo arrestato 124 persone per mafia e condotto nove operazioni per contrastare la malavita organizzata. La nostra attività resterà incessante».