Regione siciliana/ Che fine hanno fatto i Parchi Nazionali Siciliani? E che fine hanno fatto i Piani paesaggistici?

 

Temi delicati e importanti che registrano la ‘latitanza’ degli assessori regionali al Territorio e Ambiente, al Turismo, alle Risorse agricole e ai Beni culturali. I pesanti interrogativi amministrativi sul Muos di Niscemi

Quasi alla fine della prima estate dell’era crocettiana, e dopo aver assistito, increduli ma allarmati, alla “quasi guerra” agli Stati Uniti d’America e alla successiva totale, incondizionata e unilaterale resa, alla dichiarata equivalenza “opinione contraria = atteggiamento mafioso”, alla reiterata ed instancabile nomina di Presidenti e Commissari, ovunque e comunque, a prescindere dal possesso dei requisiti, della possibilità di nomina e di evidenti incompatibilità, alla presentazione ed approvazione di leggi definite epocali, sistematicamente cassate dal Commissario dello Stato, nel mentre non si rispettano discipline nazionali autoapplicative come nel caso del D.Lgs. n.39 del 2013 in materia di anticorruzione, sorge insopprimibile l’esigenza di tornare ad occuparsi di temi da troppo tempo dimenticati.

Che ne è stato dei Parchi Nazionali Siciliani, individuati dall’art.26, comma 4 septies del d.l. n.159 del 2007, convertito in legge n.222 del 2007, e dei Piani Paesaggistici di disciplina dei 17 Ambiti territoriali siciliani?

Sono temi entrambi di particolare rilevanza ed incidenza sull’intero assetto ordinamentale ed economico dell’Isola, e non solo per gli specifici aspetti paesaggistico-ambientali.

L’attenzione infatti va portata sulle particolari refluenze in termini promozionali e di incentivazione economica per le attività agro-alimentari tipiche e proprie delle aree ricadenti nei Parchi (acqua, latte, carne, cereali, ortaggi, olio e olive, uve e vini ad esempio) al pari di quanto già in essere in altre realtà nazionali italiane, nonché sul dato che la compiuta definizione delle tipologie di attività eco-paesaggisticamente compatibili di trasformazione del territorio permette al settore edile, oggi gravemente in crisi, una certa e corretta programmazione degli interventi, sia di edilizia residenziale che produttiva, riducendo, se non azzerando, “l’alea” del procedimento autorizzativo sia a livello locale che regionale.

Questi strumenti, volano per l’economia e per lo sviluppo positivo del nostro territorio, sembrano non interessare più nessuno, ed in particolare gli assessorati regionali competenti e quelli collegati, come l’assessorato regionale alle Attività produttive, forse distratto dalla particolare attenzione alle gestione delle aree Asi e dalla pressione di Confindustria, e l’assessorato Turismo, che invece dovrebbe anche mettere in mora i colleghi distratti, costituendo entrambi gli strumenti, certo ed efficace richiamo turistico e miglioramento complessivo dell’assetto e dell’aspetto territoriale siciliano.

Non si registrano interventi dell’assessorato Territorio ed Ambiente sul tema dei Parchi Nazionali degli Iblei, delle isole Egadi e del litorale trapanese, delle isole Eolie, dell’isola di Pantelleria, né tantomeno dell’assessorato Risorse Agricole, visto che gran parte dei demani boschivi e forestali (e sì, in Sicilia le foreste esistono eccome!) dallo stesso gestiti, dovrebbero costituire proprio il cuore pulsante dei Parchi stessi. (a destra una foto tratta da dipreedizioni.it)

Eppure quella dei Parchi Nazionali Siciliani è la vera sfida di qualità dell’azione amministrativa dell’assessorato Territorio ed Ambiente, chiamato a realizzare intese, per la disciplina dei Parchi, sia con lo Stato che con tutti gli enti locali interessati, in quello che risulta essere un vero e proprio esempio di positiva e proficua collaborazione coordinata di tutti gli enti territoriali (Stato, Regioni, enti locali) che costituiscono, a norma dell’art.5 della nostra Costituzione la Repubblica Italiana.

Spetta proprio a tale assessorato promuovere e concretizzare tutte le forme di dialogo istituzionale sia con il Governo Nazionale sia con tutti gli enti locali interessi (Comuni e Province, che nonostante tutto ancora esistono), enti territoriali posti tutti su un piano di assoluta equiordinazione, per la pari valenza degli interessi da ciascuno rappresentati, senza prevalenza o predominanza di sorta del livello di governo superiore rispetto a quello inferiore.

Ecco perché si tratta di una sfida di qualità e non di quantità, perché l’assessorato è chiamato a svolgere tale funzione senza che, come contraccambio, possa ottenere alcunché in termini di nomine o di disciplina delle prescrizioni di uso dei Parchi, visto che, trattandosi di Parchi Nazionali, sia la nomina del Presidente dell’Ente Parco, sia la adozione dei regolamenti di uso, spettano solo agli Enti Parco stessi, e non alla Regione, come invece nel caso dei Parchi regionali.

Inspiegabile poi il silenzio, sino al limite dell’attuale totale disinteresse, dell’assessorato Risorse Agricole, che invece avrebbe dovuto promuovere ed accelerare il procedimento di perimetrazione del Parchi Nazionali Siciliani, proponendosi come gestore provvisorio degli stessi nelle more della costituzione degli organi, visto che, poiché gran parte delle aree dei Parchi sono demanio forestale e boschivo, l’assessorato stesso finirebbe per svolgere un ruolo chiave all’interno dei singoli Enti Parco ed realizzerebbe anche una vera e permanente azione di promozione dei locali prodotti agricoli e alimentari, risparmiando inutili fiere e promozioni pubblicitarie.

Ma a fronte di tale assordante silenzio da parte di entrambi gli assessorati non ci si può non chiedere se ciò sia dovuto ad ingiustificabile sottovalutazione della materia, o a voluto accantonamento, finalizzato a ottenere la regionalizzazione dei Parchi, per applicare agli stessi le non proprio edificanti procedure di nomina e gestione dei Parchi regionali, dimenticati ed imbalsamati, ed utili solo per creare posti di sottogoverno.

Nessun intervento si registra inoltre da parte dell’assessorato Beni Culturali sul tema dei Piani Paesaggistici, nonostante le diverse e varie competenze in materia spettanti allo stesso.

Infatti nulla è dato sapere ad oltre 3 anni dalla adozione dell’iter di approvazione delle proposte di Piani paesaggistici quanto meno delle provincie di Caltanissetta e Ragusa, e dello stato di quelli successivamente adottati (Siracusa, e parte di Messina e Trapani), né dello stato dell’iter di adozione della restante gran parte del territorio siciliano (mancano ancora all’appello Palermo, Catania, Agrigento,le restanti parti di Messina e Trapani, ed Enna).

Ed ancora più grave è che nulla è dato sapere della indispensabile attività di “ricucitura” complessiva di tutti i singoli Piani predisposti ed adottati su piano provinciale, in un unico ordito, il Piano Paesaggistico Regionale, come descritto e voluto dal Codice dei Beni Culturali, che elimini il rischio di discipline differenziate nei territori contermini, appartenenti a diverse province, inclusi però all’interno del medesimo ambito di rilevanza paesaggistica, e quindi dotati della medesima valenza ambientale.

Spetta infatti all’assessorato Beni Culturali ricondurre ad unicum il lavoro, necessariamente parziale perché territorialmente limitato, svolto dalle singole Soprintendenze, che si sono trovate a disciplinare, ciascuna con autonoma sensibilità, singole parti di territori ed aree aventi invece unitaria e specifica valenza ambientale.

Difatti, mente gli Ambiti Paesaggistici individuati sin dal 1999 sono 17, invece le Soprintendenze sono solo 9 (una per provincia), con la conseguenza che ciascuno dei 17 Ambiti finisce per ricadere nella competenza di più Soprintendenze: solo per fare un esempio, l’Ambito n.15 “Area delle Pianure Costiere di Licata e Gela”, ricade nella competenza delle Soprintendenze di Agrigento, Caltanissetta e Ragusa.

Evitare incomprensibili, controproducenti, indebite oltre che discriminanti differenziazioni di disciplina per il medesimo Ambito di tutela paesaggistica è la funzione primaria dell’assessorato, specie laddove si impongono nuove prescrizioni limitative nell’uso del territorio: sarebbe ad esempio assurdo, riprendendo proprio l’Ambito n.15 sopra ricordato, che le aree ivi ricadenti avessero diversa disciplina prescrittiva da parte delle competenti Soprintendenze, di tal che una potrebbe consentire a Gela (CL) la realizzazione di impianti fotovoltaici su serra, mentre un’altra ad Acate (RG) vieterebbe sia la costruzione di serre, che di impianti fotovoltaici!

Infine sorge l’obbligo di ricordare, per evitare la reiterazione di inutili “guerre sante” e per realizzare invece concreti e corretti percorsi amministrativi, che sarebbe il caso che in via coordinata gli assessorati Territorio ed Ambiente, Risorse Agricole e Beni Culturali verificassero, ciascuno per il proprio ambito di competenza, se proprio tutto nell’affaire MUOS funzioni, se le autorizzazioni rilasciate siano ancora valide ed efficaci (Territorio ed Ambiente), se abbiano tenuto conto delle inderogabili prescrizioni d’uso delle zone A e B della Riserva della Sughereta (Risorse Agricole) e se siano state rispettate le prescrizioni dell’adottato Piano Paesaggistico della Provincia di Caltanissetta, nella vigenza delle prescritte misure di salvaguardia (Beni Culturali).

 


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