Il candidato Giacomo Li Destri viene citato nell'operazione Black Cat come vittima di un'estorsione. Il suo omonimo cugino invece è tra gli indagati, considerato referente di Cosa Nostra a Caltavuturo. Secondo gli inquirenti, però, si sarebbero incontrati per una messa a posto su un appalto che si era aggiudicato l'imprenditore
Regionali, il caso del candidato del M5s Li Destri I presunti contatti col cugino arrestato per mafia
Di Giacomo Li Destri a Caltavuturo ce ne sono due, omonimi, cugini di primo grado, i rispettivi padri erano fratelli e per lungo tempo hanno condiviso la stessa impresa edile. Le strade dei due cugini, a un certo punto, hanno preso direzioni diverse: uno, che ha continuato l’attività di costruzioni del padre, si è avvicinato al Movimento 5 stelle, il suo nome è finito sulle pagine dei giornali in quanto titolare della ditta che realizzò la famosa trazzera che, per un po’ di tempo, ha sopperito alla chiusura dell’autostrada Palermo-Catania, e oggi è candidato nella lista pentastellata di Palermo per un seggio all’Assemblea regionale. L’altro ha preso brutti giri, è stato arrestato nel maggio del 2016 nell’ambito dell’operazione antimafia Black Cat, perché ritenuto referente di Cosa Nostra a Caltavuturo, per conto della famiglia di Trabia. Per lui, lo scorso luglio, la Procura di Palermo, ha chiesto 14 anni di carcere. È stato Il Giornale a sollevare il caso della stretta parentela tra i due cugini, rinfacciando a Giancarlo Cancelleri la presenza di un impresentabile anche nelle sue liste.
Giacomo Li Destri, il candidato del Movimento 5 stelle, non è mai stato indagato nell’inchiesta dei magistrati palermitani. Il diretto interessato spiega: «Siccome la macchina del fango si è già attivata, deve essere chiara una cosa: non ho più rapporti con mio cugino da quasi trent’anni per motivi familiari che chiedo a tutti di rispettare. Lui è stato coinvolto nell’inchiesta Black cat e dagli stessi atti emerge come lui stesso chieda notizie di me ad altre persone».
«Negli ultimi anni – spiega il sindaco di Caltavuturo, Domenico Giannopolo – non li ho mai visti insieme. Che il cugino arrestato fosse un tipo ardimentoso lo si percepiva a pelle, ma che fosse inserito in contesti mafiosi consolidati lo abbiamo appreso dall’operazione dei carabinieri».
In realtà, dall’ordinanza dell’operazione Black Cat, il nome del candidato del Movimento 5 stelle spunta fuori come parte lesa, in quanto vittima di un’estorsione tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, quando con la sua impresa stava svolgendo dei lavori, per conto della protezione civile, lungo la strada provinciale 8, tra Caltavuturo e Valledolmo. Li Destri però, stando alla ricostruzione dei carabinieri, non avrebbe opposto resistenza alla richiesta di pizzo. Anzi, avrebbe cercato la messa a posto. E in questo contesto sarebbe entrato in contatto col cugino omonimo.
«Dal tenore delle conversazioni intercettate – si legge nell’ordinanza – emergeva che Giacomo Li Destri (l’arrestato ndr) chiedeva a Mario Cascio, referente per la famiglia mafiosa di Valledolmo, come si stesse comportando suo cugino. Quest’ultimo replicava affermando che l’imprenditore in questione gli aveva rullato il piazzale senza alcun costo, opera effettuata a titolo di messa a posto». La conversazione a cui si fa riferimento viene captata all’interno dell’auto di Li Destri. «Ma lui buono si comporta o no?», chiede. «Ma sì – risponde Cascio – è venuto da me, onestamente con me si è comportato bene. Mi è venuto a rullare il piazzale e una lira non l’ha voluta… che io lo volevo pagare, gli ho detto almeno la nafta pagatela, “no no.. che fa cugghiunii?“, si è comportato bene». «Deve collaborare – conclude Li Destri – deve aiutare a spingere la croce».
Circostanza che Li Destri nega. «Non ho mai pagato, né tantomeno mi è mai stato chiesto pizzo in alcuna forma – si difende -. Per un semplice motivo: avrei subito denunciato. E questo è stato messo anche a verbale di fronte ai carabinieri. La mia azienda ha il certificato antimafia ed è nella white list della prefettura».
In un’altra intercettazione due presunti mafiosi arrestati in quell’operazione, Gandolfo Interbartolo (accusato di aver diretto la famiglia di Cerda) e Stefano Contino (accusato di essere il reggente occulto della stessa famiglia), affermano che Li Destri (il candidato) «si sarebbe rivolto ad Antonio Maria Scola (presunto appartenente alla famiglia di Polizzi Generosa ndr) al fine di pagare quanto dovuto all’organizzazione mafiosa, ma questi gli avrebbe detto di rivolgersi direttamente a Mario Cascio. Ciò fa dedurre – scrivono i magistrati – che oltre ai lavori eseguiti a titolo gratuito a Cascio, l’imprenditore ha corrisposto il pizzo per i lavori che stava eseguendo nel territorio di sua competenza».
Stando alla ricostruzione degli inquirenti, sarebbe stato lo stesso Li Destri a indicare al cugino di rivolgersi a Scola per la messa a posto. Un incontro che – secondo il racconto di Contino, intercettato – sarebbe avvenuto a tre: Scola e i due cugini Li Destri. «In questa circostanza – scrivono i magistrati – Scola aveva riferito ai Li Destri che per tali lavori doveva recarsi a Valledolmo, rivolgendosi a Mario, Mario Rosolino Cascio».
La ricostruzione dei magistrati viene però negata dal candidato. «Non ho nulla da nascondere – precisa – né posso certo rispondere io di eventuali colpe di altri. Non sarà qualche schizzo di fango ad arrestare la riscossa del popolo siciliano».