Anche a urne chiuse, e specie dopo l'arresto stamattina del neo deputato Cateno De Luca (Udc), il tema continua a occupare il dibattito pubblico. «È una vittoria infangata», ha detto Di Maio. «Non mi hanno votato», ha replicato Musumeci. Ecco come sono andati i candidati più chiacchierati e quanto hanno inciso
Regionali 2017, due eletti e mezzo tra gli impresentabili Voto chiacchierato non colma il vantaggio di Musumeci
Gli impresentabili. È stato il tema principale della campagna elettorale e non ha smesso di essere al centro dei discorsi dei vincitori e degli sconfitti neanche a urne chiuse e risultato acquisito. A maggior ragione dopo l’arresto, stamattina, del neo deputato Cateno De Luca, eletto in quota Udc, per una presunta evasione fiscale da due milioni di euro. Il loro inserimento nelle liste a sostegno di Nello Musumeci è stata la principale accusa rivolta al candidato ma, stando ai risultati ottenuti dal neo eletto presidente, la maggioranza dei siciliani andata alle urne non sembra averci dato molto peso. «È una vittoria infangata dagli impresentabili», sono state le prime parole di Luigi Di Maio lunedì sera a Caltanissetta. Poche ore dopo Musumeci, da Palermo, ha replicato: «Io ho avuto alcuni punti in meno della coalizione. Avevo chiesto agli impresentabili di non votarmi e sono stati precisi e puntuali e li ringrazio». Già, i voti. Quanti ne hanno presi i cosiddetti impresentabili? E quanto hanno pesato sulla vittoria del centrodestra?
Il tesoretto di preferenze – portato in dote da coloro che sono finiti nell’elenco di chi ha o ha avuto a che fare con la giustizia, o vanta parenti condannati, tutti ripresi nella video-denuncia di Cancelleri – ammonta a poco meno di 76mila voti. Non sufficienti a colmare la differenza tra Musumeci e Cancelleri, che si attesta a 108mila consensi. Pure senza il loro appoggio, insomma, il candidato del centrodestra avrebbe vinto con un vantaggio di circa 30mila preferenze. Un divario che sarebbe stato comunque sufficiente a garantire la vittoria anche nel caso in cui si considerassero pure i voti dei candidati chiacchierati. Il tutto prendendo per buona l’ipotesi – niente affatto scontata – che gli elettori degli impresentabili non si siano fatti affascinare dal voto disgiunto e abbiano posto una X anche su Musumeci. Semplici e aridi calcoli matematici, che sicuramente non esauriscono la portata di presenze ingombranti, per curriculum (dai processi per truffa a quelli per voto di scambio) o per parentele (si legga alla voce Riccardo Pellegrino e Luigi Genovese).
Il campione di preferenze in questo speciale elenco è stato Luigi Genovese, 21 anni e 17.359 voti presi a Messina e provincia, un terzo dei voti che ha raccolto tutta la lista di Forza Italia. Nel pomeriggio di lunedì ha festeggiato insieme a tanti coetanei che hanno affollato il suo comitato elettorale e accanto al padre Francantonio, condannato in primo grado a 11 anni nel processo per i corsi di formazione, che ha commentato: «Io non c’entro». Oltre a Genovese, riescono a entrare all’Ars altri tre candidati chiacchierati alla vigilia: Marianna Caronia a Palermo, Giuseppe Gennuso a Siracusa, e Cateno De Luca a Messina. La prima, indagata nell’inchiesta sugli imprenditori Morace che ha scosso Trapani (accuse che lei ha sempre smentito) appena pochi mesi fa, è la quarta più votata nella lista palermitana di Forza Italia con 6.557 preferenze. Il secondo, a processo con l’accusa di aver venduto acqua non adatta al consumo umano quando era amministratore del consorzio idrico Granelli, ha ottenuto 6.557 preferenze nella lista Popolari e autonomisti e bissa il seggio ottenuto anche cinque anni fa. Cateno De Luca, arrestato proprio oggi con l’accusa di avere evaso due milioni di euro, è stato il più votato dell’Udc a Messina (5.418 preferenze). Già prima dell’appuntamento elettorale, sul suo curriculum pesava l’imputazione per il cosiddetto sacco di Fiumedinisi, paese del Messinese di cui il neo deputato è stato sindaco.
Forza Italia porta in dote anche i 4.427 voti di Riccardo Pellegrino, un altro volto giovane risultato tra gli azzurri il secondo per preferenze a Catania città e sesto in provincia, nonostante un giorno sì e l’altro pure sia finito sui giornali per il fratello arrestato e sotto processo per associazione mafiosa. Cinquecento preferenze in più sono andate a Antonello Rizza, sindaco dimissionario di Priolo, che durante la campagna elettorale è finito pure ai domiciliari, poi revocati, ed è accusato di turbativa degli appalti e truffa. Sempre di Forza Italia è Santi Formica, rimasto schiacciato dalla fortissima concorrenza nella lista messinese nonostante i suoi seimila voti. Deputato uscente ed ex assessore della giunta Cuffaro, è stato condannato dalla Corte dei Conti per danno erariale nell’ambito della distribuzione di fondi extrabudget a enti di formazione professionale. Nessuno dei tre azzurri è stato eletto. Rimanendo nel collegio di Siracusa, non ce l’ha fatta neanche il notaio Giovan Battista Coltraro, nell’Udc, deputato uscente, rinviato a giudizio per falso in atto pubblico per aver firmato presunti contratti falsi con cui sarebbero stati sottratti terreni ai legittimi proprietari al fine di ottenere i fondi europei. Stessa sorte per il collega di partito Pippo Sorbello, giunto alle spalle proprio di Coltraro, con 1.949 preferenze, attualmente sotto processo per voto di scambio. A Catania era candidato con Diventerà bellissima Ernesto Calogero, condannato a quattro anni per una storia legata ai diplomi facili.
Niente da fare neanche per gli agrigentini Giuseppe Federico (1.153 voti nella lista di Forza Italia) e l’uscente Gaetano Cani (4.220 in quella dell’Udc). Entrambi continueranno ad affrontare le rispettive grane giudiziarie da non deputati: Federico è imputato per falsa testimonianza nel processo sul favoreggiamento della latitanza di Cesare Genovese, condannato per omicidio. La Procura lo accusa di mancata comunicazione all’autorità giudiziaria, ma il politico ha sempre smentito. Cani è a processo per estorsione in un’inchiesta su professori costretti a lavorare gratis in scuole private ed è coinvolto anche in un’altra inchiesta sul rilascio di diplomi dietro pagamento.
C’è poi il drappello di Popolari e autonomisti: a Trapani, non sono bastati 3.498 voti a Francesco Salone, primo nella lista e indagato nella sua città per la presunta truffa sui rimborsi da consigliere, per accaparrarsi un seggio; a Messina porte dell’Ars chiuse per Santino Catalano (2.210) e Roberto Corona (2.218 voti), finiti tra gli impresentabili di Cancelleri, il primo per aver patteggiato anni fa una condanna per abusivismo edilizio e abuso d’ufficio, il secondo, ex presidente di Confcommercio Messina, per essere stato condannato in primo grado per lo scandalo delle fidejussioni Ascom. Infine, a Palermo, resta fuori dall’Ars anche Roberto Clemente, nonostante le 5.520 preferenze ottenute. Deputato uscente e condannato in primo grado per corruzione elettorale, nell’ambito del processo sulla presunta compravendita di voti alle elezioni del 2012, sia alle Comunali di Palermo che alle Regionali.
«Impresentabili? Se non vi piacciono, non votateli», aveva affermato Silvio Berlusconi dal palco del teatro Politeama di Palermo. Oltre 74mila persone hanno pensato diversamente. Voti che, in alcuni territori in particolare (come Messina e Siracusa), sono stati fondamentali per i successi di molte liste del centrodestra ma che, numeri alla mano, non sono stati decisivi nella vittoria di Musumeci.