Raffineria, Goletta Verde a Gela incontra il nemico Eni Syndial: «Il territorio bonificato non prima del 2050»

Goletta Verde sbarca a Gela, ma nella città del «porto che non c’è» perché insabbiato da decenni,
la carovana di Legambiente è costretta ad approdare qualche chilometro più a Est, al Porto Isola
della Raffineria Eni
, il nemico pubblico numero uno con cui gli ambientalisti si sono poi
confrontati qualche ora dopo nel dibattito pubblico organizzato presso la Pinacoteca Comunale.

La tappa gelese è stata fortemente voluta dal presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, che da tempo ha puntato i riflettori su una città pesantemente ferita dall’inquinamento
industriale e che ora sta attraversando la fase della riconversione Green.

Presenti al dibattito presso quella che una volta fu l’aula bunker del Tribunale di Gela, oggi
trasformata in sala convegni e pinacoteca, i vertici di Raffineria e Syndial e i rappresentanti di Arpa
Sicilia e Asp,
oltre che il padrone di casa, il sindaco Lucio Greco.

L’atmosfera si surriscalda sin dall’inizio quando, dopo i saluti del primo cittadino, prende la parola
proprio il presidente di Legambiente che parla di Gela come una città «sfortunata» rispetto ad altre
realtà industriali: «Si parla spesso di Taranto e dell’Ilva – ha detto Ciafani – ma Gela non è
sicuramente da meno, anche se non ha ricevuto le stesse attenzioni dalla magistratura, dalle
istituzioni e dai media».

E poi la stoccata sui danni creati dall’industria negli ultimi 50 anni, partendo dai dati sconfortanti
pubblicati dal recente rapporto Sentieri: «I dati su Gela sono impressionanti – ha spiegato Ciafani
– I disastri combinati sul territorio e le malformazioni sono ferite tuttora aperte. Noi non siamo
contro l’industria, ma abbiamo sempre chiesto invece di bloccare le fonti di inquinamento. Da
qualche parte bisogna pur cominciare».

Il riferimento di Ciafani al rapporto Sentieri si fa ancora più evidente quando vengono esposti i
numeri. Malformazioni agli organi genitali (le cosiddette ipospadie) e altre malattie come asma,
tumore ai polmoni, allo stomaco e al colon-retto sono solo alcune delle patologie che, con
un’incidenza più alta rispetto alla media nazionale, colpiscono gli abitanti di Gela. In media quasi il 15% in
più rispetto al resto d’Italia.

Ma oltre al bastone, Legambiente offre ad Eni anche la carota, anche se con riserva. Ciafani dice
sì alla green refinery, che ad ottobre dovrebbe essere operativa, purché però il cane a sei zampe
rinunci ad alimentarla con olio di palma. «Avremmo preferito che 1,2 miliardi venissero investiti sul lato green e non su quello della ricerca di
idrocarburi
, che è invece il passato – ha proseguito – ma la riconversione è comunque un
importante primo passo».

Non ci sta però il presidente di Raffineria di Gela Francesco Franchi a passare come il capro
espiatorio, causa di tutti i mali: «Siamo perfettamente consci di quanto accaduto in passato – ha
detto – e siamo attenti all’economia circolare, ma non siamo un ente di beneficenza e dobbiamo
anche pensare ai profitti per garantire gli oltre 70mila posti di lavoro che Eni ha dato in questi anni
. Quando iniziammo l’attività – continua Franchi – era il periodo del boom economico e non c’erano
le stesse conoscenze in tema di tutela ambientale. Noi ci siamo e ci mettiamo la faccia. Stiamo
lavorando per industria sempre più eco compatibile. Altri 330 milioni di euro sono destinati al bio
refining e 25-30 milioni alle biomasse per sostituire l’olio di palma».

Poi il grande tema delle bonifiche che, come confermato anche dai vertici Syndial vanno a rilento: «Ci vogliono i decreti ministeriali per ogni singola bonifica e i tempi sono lunghi – dicono – anche se
negli ultimi dieci anni abbiamo già investito oltre 900 milioni per le bonifiche. In molti interventi
stiamo adottando tecniche sperimentali ma i tempi rimangono purtroppo molto dilatati, ed è difficile
ipotizzare un territorio interamente bonificato prima del 2050
».

Al momento sono due gli interventi in atto, come confermato da Arpa Sicilia. Uno è la bonifica della falda
a Est dell’impianto che si estende lungo la costa di Bulala
per eliminare la presenza di benzene,
mercurio e arsenico, solo alcune delle sostanze tossiche, collegate a numerose patologie, che
negli anni hanno di molto superato le concentrazioni limite previste dalle normative vigenti nei suoli
e nelle falde dell’area del Sin. E poi c’è il completamento della bonifica del cosiddetto Black Hole, la vasca A zona 2 della
raffineria di Gela per la quale appena lo scorso anno il Tribunale di Gela pronunciò una sentenza
di assoluzione per i quattro imputati, finiti sotto accusa sei anni fa per presunte irregolarità nella
gestione.

Industria e bonifiche, due facce di una stessa medaglia per una città che ancora oggi paga un
prezzo altissimo all’altare dell’industrializzazione, mentre si continua a cercare equilibrio tra lavoro
e salute ancora lontano da raggiungere.


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