Da Il corriere della sera una riflessione della nostra Luisa Santangelo sulla festa della donna. Che senso ha essere femministe oggi? Quali sono le ragioni, soprattutto quando ci si accorge che ormai stereotipi e battute hanno assunto la status di normalità?
Quando il problema è la nostra festa Le ventenni non vedono quello che non va
«Essere femminista oggi è come inserire anacronismo a caso». L’altra sera un conoscente s’è messo a ridere quando gli ho presentato un’amica come «una femminista convinta». «Che senso ha oggi esserlo?», ha domandato. Io non ho risposto. Probabilmente perché se hai poco più di vent’anni è raro che tu ti senta discriminata. Tendi a passarci sopra. Sull’addetto stampa che parafrasa Berlusconi e ti definisce «tanto brava quanto bella», e non saprai mai che voleva dire. Sul collega che allude al fatto che tu abbia una notizia e lui no perché tu hai sorriso, hai fatto l’ammiccante.
Sulla tizia – sì, una donna – che è convinta che fare il telegiornale significhi ripetere a memoria con un po’ di trucco in faccia cose scritte da altri. Dicevo, di tutto questo non ti accorgi. Perché è normale, come mettere il pecorino sull’amatriciana. E non è colpa dei maschi brutti e cattivi che hanno sempre la bava alla bocca del gatto che osserva il topo. È solo che ad alcune di noi piace. E considerare una parte per un intero è una figura retorica che riscuote – da sempre – un grande successo. Poi, possiamo discutere su quanto questo sia ingiusto, ma non è il punto. Il punto è che finché la festa della donna ci andrà bene saremo le fautrici di quelle discriminazioni che ci piacerebbe tanto combattere. Se, per cominciare, fossimo in grado di riconoscerle.
[Articolo del Corriere della Sera ]
[Foto di EMERGENCY]