Economia

Il progetto palermitano che valorizza gli scarti del pesce. Il responsabile scientifico: «Approccio innovativo ed economia circolare»

Un progetto che trasforma gli scarti della lavorazione del pesce in biomolecole utilizzabili per fare medicine, cosmetici e mangimi. Si chiama Bythos, è un progetto che ha come capofila il Dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche, chimiche e farmaceutiche dell’Università di Palermo ed è arrivato in finale all’European RegioStars Awards 2024. Questo è un prestigioso concorso della Commissione europea, istituito nel 2008, e premia gli interventi più innovativi sostenuti con i fondi comunitari a livello regionale; Bythos è l’unico progetto italiano a essere arrivato tra i 25 finalisti (le candidature sono state 262). «Bythos si basa sull’economia circolare», dice a MeridioNews il professor Vincenzo Arizza, direttore del Dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche, chimiche e farmaceutiche di Unipa. «Siamo partiti nel 2018 – continua il docente, che di Bythos è anche responsabile scientifico – rispondendo alla prima chiamata del Dipartimento della programmazione della Regione siciliana nell’ambito dell’Interreg Italia-Malta». Questo è un programma che promuove lo sviluppo integrato fra Italia e Malta in settori altamente tecnologici: l’85 per cento delle sue risorse vengono dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr).

«Bythos – dice Arizza – vuole valorizzare e quindi utilizzare i sottoprodotti della filiera ittico-conserviera (i cosiddetti ‘scarti’) per estrarre molecole bioattive da applicare in diversi campi». Su tutti «biotecnologie applicate alla salute delle persone e mangimistica per i pesci in acquacultura», spiega il docente al nostro giornale. «Perché, per esempio, uno dei problemi che hanno gli allevatori in acquacultura è il prezzo dei mangimi», dice Arizza, che ci racconta un paradosso. «La farina di pesce e l’olio di pesce sono ricavati da matrice naturale, ma per allevare un chilo di pesce in acquacultura servono due chili di pesce: è un peccato e non ha senso». Il progetto Bythos «può produrre anche farina e olio di pesce a un prezzo irrisorio: intercettiamo gli scarti prima che diventino rifiuti». Sono sottoprodotti della lavorazione, che altrimenti verrebbero buttati. «Così verremmo incontro agli allevatori per quanto riguarda il costo dei mangimi», che sarebbero meno cari proprio perché la farina e l’olio di pasce si ricaverebbero dagli scarti, «per i quali – puntualizza Arizza – i costi di smaltimento non sono indifferenti e sono a carico di chi gli scarti li produce». In questo modo, inoltre, «non intaccheremmo le risorse ittiche naturali».

Arizza sottolinea come «i maggiori produttori di farina di pesce sono in Perù, in Sudamerica, quindi il trasporto del prodotto costa molto ed è alta la quantità di anidride carbonica prodotta». Questioni che Bythos contribuirebbe a risolvere. Ma il progetto avrebbe anche altri risvolti pratici. «Il secondo aspetto – dice Arizza – è quello biotecnologico, perché dagli scarti del pesce abbiamo estratto del collagene, proteina che si usa in molti modi: per gli integratori e per la produzione di alcuni tessuti». Ma il team del progetto ha compiuto anche altre estrazioni. «Per esempio la chitina, che si trova nei gusci dei gamberi, che di solito vengono buttati. La chitina – spiega il responsabile scientifico del progetto – può diventare un polimero con il quale si può produrre packaging per gli alimenti: ha proprietà antibatteriche naturali e si eviterebbe di usare la plastica, sempre nell’ottica dell’economia circolare». Ma ci sono anche altri aspetti legati al progetto e al suo sviluppo. «Per noi – dice Arizza – è importante trasferire queste competenze alle industrie che sono interessate a usare questo know-how. I protocolli da laboratorio sono costosissimi – sottolinea – quindi gran parte del progetto è dedicato alla scalabilità dei protocolli, cioè a renderli più semplici ed economici possibile. E siamo arrivati a buon punto, perché abbiamo ridotto di molto passaggi e tempi».

Inoltre «abbiamo organizzato dei living lab dedicati a chi produce gli scarti, a chi li trasforma e a chi con le molecole estratte da questi sottoprodotti realizza delle materie». In pratica lo staff di Bythos ha realizzato dei laboratori per mostrare alle realtà interessate come si estrae il collagene e l’olio dei pesci. «Uno, che è ancora attivo, l’abbiamo fatto a Lipari – dice Arizza – il secondo a Malta». Un altro aspetto del lavoro svolto «è stato creare un documento – spiega il docente – una norma che sensibilizzasse le governance di Malta e della Regione siciliana sulla gestione e sull’utilizzazione dei sottoprodotti, perché ci siamo accorti che c’è un vuoto normativo, per cui attualmente per utilizzare i cosiddetti scarti serve fare i salti mortali». Arizza riferisce di «un grosso interesse da parte delle industrie. Come risultato di progetto si è già attivata una start up, che vuole mettere in atto i protocolli che abbiamo sviluppato». Il docente ci ha raccontato anche come estrarre l’olio di pesce direttamente a casa. «Chiunque può cimentarsi: per esempio – dice Arizza – si prende un miscuglio di pesce, si frulla, si riscalda a 95 gradi e poi si lascia lentamente raffreddare: l’olio salirà in superficie e non ci sarà stato bisogno di utilizzare particolari apparecchiature. Certo – puntualizza – è olio grezzo, che dev’essere raffinato».

Insomma, un progetto dal valore scientifico, industriale, ma anche molto pratico, oltre che ecologico e proiettato al riuso. «Sul sito di Bythos – dice Arizza – ci sono tanti contenuti per conoscere meglio il progetto e per capire il lavoro che abbiamo fatto». Un lavoro che «ha uno spirito divulgativo, non finalità speculative», sottolinea il docente. Un sito che descrive i procedimenti e i passaggi dell’estrazione dagli scarti di pesce, «così che chiunque possa provare». Dal 7 all’11 ottobre lo staff di Bythos sarà a Bruxelles, in Belgio, «dove faremo un esame durante il quale dovremo convincere della bontà del progetto la commissione scientifica». Ma, oltre alla valutazione della commissione esperta, per aggiudicarsi la finale dell’European RegioStars Awards 2024 i progetti in concorso dovranno anche raccogliere il voto popolare. Fino al 9 ottobre le cittadine e i cittadini dell’Unione europea potranno entrare su questo sito ed esprimere il loro voto.

Mauro Gemma

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