Cronaca

La morte della piccola Elena Del Pozzo: per lo psichiatra, quello della madre è stato un «infanticidio altruistico»

Un «infanticidio altruistico». Così lo psichiatra Antonino Petralia ha definito il gesto compiuto da Martina Patti, la 24enne imputata per avere ucciso la figlia di quattro anni Elena Del Pozzo, a Mascalucia nel giugno del 2022, e per averne occultato il cadavere, dopo avere inscenato il rapimento da parte di un commando armato. L’ultima udienza del processo al tribunale di Catania è stata tutta dedicata all’esperto che più volte, in carcere, ha incontrato la donna che si è dichiarata colpevole nel corso del suo interrogatorio. «Sentivo che la mia vita era finita – aveva spiegato Patti tra le lacrime – Ero entrata in un tunnel in cui vedevo tutto nero. Pensavo al suicidio, mia figlia la vedevo soffrire e ho creduto che, forse, sarebbe stato meglio che tutte e due ci togliessimo la vita insieme».

A fornire una spiegazione tecnica alla ricostruzione dell’infanticidio-suicidio prospettata dall’imputata è stato lo psichiatra. Di fronte alla corte, rispondendo alle domande dei pubblici ministeri e degli avvocati delle parti, Martina Patti aveva parlato di un «tunnel buio» all’interno del quale era finita ed rimasta bloccata a causa di «un accumulo di tante cose negative che erano successe»: dalla fine della relazione con il padre di sua figlia, Alessandro Del Pozzo alla crisi con Francesco Nicosiaun ragazzo che da poco aveva iniziato a frequentare fino alla bocciatura a un esame all’Università. Nell’analisi dello psichiatra, sarebbe stato l’insieme di queste cose a portare la donna innanzitutto alla decisione del suicidio. Una scelta a cui subito sarebbe seguita una domanda: «Ma mia figlia con chi resta?», come lei stessa aveva raccontato in aula. Ed ecco che, nei termini tecnici dell’esperto di psichiatria, la risposta si traduce in un «infanticidio altruistico».

Un’azione che avrebbe interrotto il progetto completo di infanticidio-suicidio a metà. Presa consapevolezza di avere ucciso la figlia, la donna sarebbe come «rinsavita». Questo le avrebbe impedito di togliersi la vita. E sarebbe stato lo stesso meccanismo a dettare a Martina Patti l’invenzione degli uomini incappucciati e armati che l’avrebbero bloccata in auto e avrebbero rapito la bambina. Una fantasiosa invenzione che, stando al parere dello psichiatra Petralia non sarebbe servita a eludere le eventuali future indagini sul delitto ma come alternativa alla verità da raccontare al suo ex compagno e padre della figlia e ai propri genitori. La prima parziale confessione, infatti, arriverà solo ore dopo al padre e preceduta da un’unica domanda di Patti al genitore: «Papà, voi mi vorrete comunque bene?».

Marta Silvestre

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