La pena più alta è stata inflitta al manager considerato la mente «dell'ente bancomat» che, secondo l'accusa, avrebbe utilizzato i 15 milioni di euro destinati ai corsi per corrompere politici e funzionari regionali, ma anche per acquistare orologi di lusso, borse firmate e altri beni
Processo Ciapi, otto anni a Giacchetto I giudici condannano altri tre imputati
Quattro condanne per il processo sullo scandalo della formazione professionale in Sicilia che vede coinvolto l’ente regionale Ciapi. La sentenza è stata emessa dal Tribunale di Palermo e la pena più alta è stata inflitta dai giudici al manager Faustino Giacchetto, condannato a otto anni di carcere. Il deputato all’Ars Francesco Riggio, eletto con il Pd ma ora nel Gruppo Misto, è stato condannato a cinque anni e otto mesi, in passato ex presidente dell’ente di formazione Ciapi. Condannata a quattro anni di carcere Stefania Scaduto, segretaria di Giacchetto, e a tre e sei Rino Lo Nigro, ex direttore dell’Agenzia regionale per l’impiego. Assolto nel merito per un’ipotesi e per prescrizione per un’altra l’ex assessore regionale Luigi Gentile. Assolta anche la moglie di Giacchetto, Concetta Argento. Gli imputati rispondevano di associazione a delinquere, truffa aggravata, corruzione, falso e reati fiscali.
Secondo i giudici con i 15 milioni che il Ciapi, l’ente regionale di formazione in cui lavorava, avrebbe dovuto usare per finanziare campagne di comunicazione finalizzate in ultimo a trovare lavoro a oltre 1500 giovani siciliani, Giacchetto avrebbe fatto viaggi, comprato orologi di lusso, borse firmate, ma non solo. Tra le somme finite nelle tasche del project manager esperto in pubblicità e dominus di un complicato sistema di arricchimento illecito a spese dell’Ue, c’erano pure lavatrici e biglietti per concerti e tanti, tanti soldi, per l’accusa, destinati alla corruzione di politici e funzionari regionali. Un saccheggio di denaro pubblico scoperto dalla Finanza che per due anni ha tenuto sotto controllo il Ciapi, l’ente bancomat spremuto dal manager per vantaggi personali e per oliare la macchina amministrativa e politica che ricambiava con finanziamenti e appalti per l’organizzazione dei grandi eventi siciliani. Nell’inchiesta, coordinata dalla Procura di Palermo, sono finiti anche una sfilza di politici ed ex amministratori regionali: per alcuni, come Luigi Gentile, ex assessore regionale accusato di corruzione, ma oggi assolto perché il fatto non sussiste.
Il sistema Giacchetto ha funzionato per anni anche perché alla Regione nessuno si era accorto di nulla. C’é voluto l’Olaf, l’Ufficio per la lotta antifrode della Commissione europea, chiamato a vigilare sui fondi che l’Ue destina ai progetti di formazione degli Stati membri, per scoperchiare la pentola sulla maxitruffa. Tanti i dubbi sulla regolarità della condotta del Ciapi segnalati dall’ufficio europeo alla Procura: tra questi quelli sul progetto Co.or.ap. In sintesi l’ente avrebbe dovuto, attraverso la creazione di centri di coordinamento, mettere in contatto giovani in cerca di lavoro e imprese a caccia di dipendenti. Attività per cui il Ciapi ha assunto con chiamata diretta 278 persone che, poi, sentite dai pm, hanno candidamente ammesso di non avere mai lavorato al progetto. Dei 1500 giovani da far lavorare con l’apprendistato, solo 14 hanno avuto un contratto. Mentre nessuno dei 600 ragazzi che avrebbero dovuto avere un’assunzione a tempo indeterminato ha trovato un impiego. In compenso il Ciapi ha spesso milioni. L’ente, presieduto da Francesco Riggio ex candidato Pd all’Ars, acquistava servizi a peso d’oro da due società riconducibili a Giacchetto, la Sicily Comunication srl e la Media Consulting, i cui titolari si sono poi trasformati nei principali accusatori del manager. Le ditte sovrafatturavano i servizi resi all’ente. Poi, per abbassare l’imponibile e restituire il denaro incassato a Giacchetto a loro volta acquistavano beni e servizi da altre imprese di prestanomi del manager.
Che così si ritrovava in tasca milioni di euro. In alcuni casi la Finanza ha scoperto falsi preliminari di vendita di immobili: la Sicily Comunication srl e la Media Consulting fingevano di volere comprare case della famiglia di Giacchetto. Poi l’affare non veniva portato a termine e le ditte perdevano cospicue caparre. Parte dei soldi il manager li spendeva per sé e per i suoi familiari: le due gole profonde che l’hanno accusato hanno dato ai pm la lunga lista degli acquisti del re della truffa. Parte veniva usata per corrompere dirigenti regionali dell’assessorato al Lavoro come Rino Lo Nigro che tra il 2007 e il 2009 ha foraggiato l’ente aumentando i soldi destinati al progetto Co.Or.Ap con motivazioni risibili e vaghe. Ingraziandosi le persone giuste Giacchetto sarebbe riuscito anche a pilotare diverse gare pubbliche per l’organizzazione di grandi eventi per 7 milioni di euro: per questa vicenda è in corso un processo separato. Al manager è stato sequestrato e in parte restituito un patrimonio milionario a cui ora hanno apposto i sigilli i giudici delle misure di prevenzione.