Sanità in Sicilia, un lettore risponde al deputato Laccoto: «Troppo spesso le prestazioni sembrano un favore»

Dopo la pubblicazione della nostra intervista al deputato regionale Pippo Laccoto, presidente della commissione Ars Salute, Servizi sociali e sanitari sulle necessità del settore sanitario in Sicilia, un lettore ci invia il suo contributo alla discussione.
Ho letto e ascoltato con interesse l’intervista, mi permetto di fare alcune osservazioni dal momento che dal 1979 abito tra Padova, Bologna e Bergamo. E ho sperimentato in prima persona il ricovero in Terapia intensiva per una polmonite da Covid. Ascoltando alcuni medici che vengono a specializzarsi qui, ma soprattutto tanti sanitari siciliani che a diverso livello occupano posizioni apicali anche nelle migliori strutture sanitarie del Veneto, dell’Emilia Romagna e della Lombardia, mi convinco sempre di più che in Sicilia alla base di tutti i mali ci sia una pessima organizzazione e un’etica comportamentale del personale sanitario che invece di svolgere un servizio appare come un soggetto di potere che concede una cortesia, un favore, al paziente. Qui, se ho un rilievo da fare, in meno di una giornata la direttrice sanitaria dell’ospedale mi risponde via email, cosa che non accade in Sicilia dove nemmeno gli uffici tecnici rispondono agli accessi agli atti. Qui, dopo averti risposto per email lo stesso giorno della richiesta, ti chiamano per ritirare la documentazione o la inviano via email.

Oltre a ciò ritengo che la società siciliana debba prepararsi alle nuove esigenze dovute all’incremento significativo della fascia degli anziani, soggetti molto deboli e spesso abbandonati dalla medicina di quartiere. È fuor di dubbio che qualcosa non funziona se molti siciliani devono spostarsi al Nord per cure specialistiche importanti con un aggravio delle casse della Regione per i trasferimenti dei costi delle prestazioni. Qui la sanità privata sta facendo passi da gigante anche se, come è ovvio, gestisce le prestazioni più remunerate lasciando al pubblico quelle meno convenienti. E inoltre molti giovani neolaureati o comunque con un minimo di specializzazione o prestazioni professionali esercitate temporaneamente in Italia in condizioni di vero e proprio sfruttamento, sempre più spesso vanno a lavorare stabilmente in altri Paesi dove vengono pagati molto bene. Ma questo è un problema generale dell’Italia, che si sta impoverendo in termini di figure professionali qualificate: qui anche i figli degli immigrati, quando terminano le scuole superiori o conseguono la laurea, vanno via e trovano subito un lavoro ben retribuito all’estero.

Tornando al settore sanitario, si sente già anche qui la carenza di medici di base e di personale nel pronto soccorso dove una volta i giovani facevano la loro prima esperienza. È un problema che l’Italia deve affrontare ma, sino a quando i livelli retributivi non si adegueranno agli standard europei, la decadenza di questo Paese continuerà ancora: non solo nel campo delle professioni ma anche nei settori produttivi, dove già manca più del 25 per cento di manodopera comune e specializzata. E chi approda sulle coste italiane lo fa per andare in altri Paesi europei, perché già prima di partire sa che l’Italia è di passaggio e che altrove si vive meglio, dove si trovano parenti e amici che potranno aiutarli. Così sempre meno è la forza lavoro che paga i contributi e sempre più alto è il numero dei pensionati. In Sicilia non si sa da dove cominciare per sistemare le cose e io la mia vita l’ho già in buona parte consumata. Altre generazioni ci penseranno.

Enzo Victorio Bellia


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