Primo maggio, pochi giovani al corteo «O non lavorano o sono emigrati»

«L’unità è un valore indispensabile per la democrazia. E siamo qui a testimoniarlo, in un territorio che ha pagato con il sangue le riforme». Così il sindaco di Biancavilla Giuseppe Glorioso inaugura la manifestazione unitaria dei sindacati siciliani che quest’anno hanno scelto proprio il suo Comune per il corteo del primo maggio. Cgil, Cisl e Uil unite – «come non accadeva da vent’anni»  –  a difesa del lavoro, «precario, nero, sottopagato, diverso dai propri studi». Ma il corteo è dedicato anche a chi oggi è pensionato e chi invece il lavoro neanche ce l’ha. Un tema che riguarda soprattutto i giovani, protagonisti dei discorsi e degli slogan della giornata, ma poco o per niente presenti al corteo. «Le iniziative dei sindacati si rivolgono ai lavoratori – spiega Maurizio Bernava, segretario regionale Cisl – E i giovani sono senza lavoro. È normale che non partecipino».

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Tra chi invece sfila, bandiera al collo, ci sono Oriana Abate e Adina Celona, rispettivamente presidente e coordinatrice dei giovani Cisl Catania. Entrambe ventenni, lavoratrice in cassa integrazione la prima e precaria con un contratto di tre anni la seconda. Insieme chiedono una cosa sola: «Poter essere indipendenti, ma così è impossibile». E non sono migliori le prospettive di chi, più giovane, non si è ancora affacciato al mondo del lavoro. Come Gianmarco e Alfonso, 18 anni: uno studia al liceo e l’altro in un istituto professionale. Le loro idee sul futuro, però, sono le stesse: «Terminare gli studi qui e poi cercare fortuna altrove. Magari in qualche città del Nord». Alfonso, trascorsi un po’ di anni e messi da parte altrettanti soldi, tornerebbe. «Perché qui si vive meglio», dice sorridendo. Per Gianmarco, invece, la scelta sarebbe radicale: «Se tornare non conviene, meglio restare fuori».

«In Sicilia, secondo l’ultimo rapporto Svimez, ci sono 600mila disoccupati. Il doppio rispetto ai dati ufficiali – sottolinea Claudio Barone, segretario regionale Uil – Perché i nostri figli ormai alle liste di collocamento nemmeno si iscrivono più. Tanto il lavoro qui o è precario o è nero e preferiscono emigrare». Colpa della crisi, ma soprattutto della mancanza di reazione da parte degli ultimi governi italiani, secondo i sindacati. «Chiediamo al presidente del Consiglio Mario Monti di tornare ai punti elementari del suo programma: rigore, crescita ed equitࠖ urla dal palco Mariella Maggio, segretaria regionale Cgil – Finora abbiamo visto soltanto il rigore». Puntare allo sviluppo e alla modernizzazione del Paese, riducendo gli sprechi e concentrando le risorse: questa la ricetta secondo tutte le sigle. «Il governo la chiama spending review. Sospetto che lo dicano in inglese per non farlo capire alla gente, ma noi lo chiediamo da anni», commenta Bernava. In poche parole: «Ridare i soldi in tasca alle persone», traduce Barone.

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Processi che passano non solo dal lavoro, ma anche della legalità. Altro tema a cui i sindacati hanno deciso di dedicare la giornata del primo maggio. Perché precariato e mafia, in Sicilia e non solo, spesso vanno a braccetto, attraverso il clientelismo. «Ma il governo quanto e come investe per una lotta seria all’illegalità? Il governo che posizione assume nel momento in cui i nodi vengono al pettine?», si chiede Maggio. Prospettive future già necessarie nel presente. Ma c’è anche chi si lascia andare alla nostalgia. «Sono del ’47, devo fare 65 anni. Sono stato bracciante agricolo, adesso in pensione», racconta un signore, con moglie, figli e otto nipoti. «Quando io ero ragazzo, qui è venuto Togliatti – continua – Ho preso 300 bambini e li ho sistemati tutti con la falce e il martello. Sono comunista forte io, ma ormai…», scuote la testa. Nella sua famiglia non lavora nessuno. «Hanno tolto ai padri – conclude Maggio – Ma cosa stanno dando ai figli?».


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