Il titolo che avete letto e' la sintesi di un ragionamento che parte dalle elezioni politiche nazionali del 2012. Quando il megafono viene sacrificato per salvare la vecchia politica siciliana 'travestita' da un improbabile 'nuovo'
Presidente Crocetta, dia retta a noi: ‘sbarelli’ Lumia e Confindustria Sicilia e chiuda l’accordo con il PD di Raciti
IL TITOLO CHE AVETE LETTO E’ LA SINTESI DI UN RAGIONAMENTO CHE PARTE DALLE ELEZIONI POLITICHE NAZIONALI DEL 2012. QUANDO IL MEGAFONO VIENE SACRIFICATO PER SALVARE LA VECCHIA POLITICA SICILIANA ‘TRAVESTITA’ DA UN IMPROBABILE ‘NUOVO’
Ora che il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, è sempre più solo e sempre più provato da due disastrosi anni di Governo, proviamo a illustrare qualche considerazione su quanto sta succedendo e, soprattutto, su quanto avvenuto da due anni a questa parte nel mondo della politica siciliana.
Con una premessa: che a nostro sommesso giudizio, al di là di quello che appare, questo presidente della Regione – diventato oggetto di mille polemiche – più che provato dagli attacchi dei suoi avversari politici, sembra un po’ stanco – forse molto stanco – dei suoi alleati, o presunti tali.
Partiamo da un raffronto tra il Crocetta che nell’estate del 2012 si presentava come il candidato alla presidenza della Regione di uno schieramento di centrosinistra e il Crocetta di oggi.
Nell’ormai lontana estate del 2012, Crocetta si presentava come un politico di sinistra, autoproclamandosi portatore di una ‘Rivoluzione’: ritorno della gestione idrica pubblica, superamento delle discariche e via libera alla raccolta differenziata dei rifiuti, tutela del lavoro, lotta senza quartiere al Muos di Niscemi nel nome di un’antica militanza nei movimenti pacifisti guidati nei primi anni ’80 del secolo passato da Pio la Torre.
Oggi Crocetta si presenta – non sappiamo se con convinzione o suo malgrado – come un presidente della Regione moderato, forse più conservatore che moderato: niente acqua pubblica, trionfo delle discariche (e dei grandi affari che stanno dietro ‘ ‘Signori’ delle stesse discariche), di fatto nemico di tanti lavoratori, mentre il Muos è diventato “uno strumento di pace”.
Che cosa gli è successo? E perché si è ridotto così?
La prima considerazione è che Crocetta paga lo scotto di un’alleanza che è in parte politica e in parte di potere. Alla fine, l’asse con il senatore Giuseppe Lumia ci può pure stare. E’ tutto il ‘resto’ che stona e che, con molta probabilità, ha trascinato Crocetta nel baratro amministrativo e politico.
In questo ‘resto’ c’è sicuramente Confindustria Sicilia dell’attuale presidente Antonello Montante, del vice presidente Giuseppe Catanzaro e di Ivan Lo Bello. Ma ci sono altri potentati che, di fatto, si sostanziano nella presenza di certi personaggi ai vertici della burocrazia regionale. Personaggi che il presidente Crocetta ha trovato. E che si è dovuto sorbire.
Spicca tra tutti la figura del segretario generale, dottoressa Patrizia Monterosso. Imposta all’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, la dottoressa Monterosso è ancora al suo posto, nonostante i ricorsi (sono noti i dubbi sui suoi titoli: basti rileggere un articolo magistrale del nostro Paolo Luparello che trovate nel giornale), nonostante una pesante condanna della Corte dei Conti. E nonostante altre indagini – sempre da parte della magistratura contabile – per le quali sono imminenti i giudizi.
Ma la dottoressa Monterosso è così legata al presidente Crocetta? Noi non ci crediamo. Ma il personaggio rimane, per motivi misteriosi, un’intoccabile. E intoccabile è anche il marito, l’avvocato Claudio Alongi.
In condizioni ordinarie – dopo gli articoli che riguardano questi due signori, che potete leggere sempre sul nostro giornale – gli stessi signori sarebbero già a casa. Ma, lo ribadiamo, sia la dottoressa Monterosso, sia l’avvocato Alongi (piazzati ai vertici dell’Aran), rimangono al proprio posto.
Accanto alla dottoressa Monterosso ruotano altri burocrati, tutti ereditati dal Governo Lombardo: Governo regionale, quello dell’ex presidente della Regione, a ‘sovranità’ politica e operativa limitata dall’alleanza con Lumia e con Confindustria Sicilia.
Di fatto, piano piano, vuoi per l’influenza di Lumia, vuoi per la presenza sempre più ingombrante di Confindustria Sicilia, tutti punti strategici del Governo di Rosario Crocetta, nel corso di questi due anni, sono stati stravolti.
Sui rifiuti Crocetta forse ha provato a ‘smarcarsi’ dagli interessi ‘pesanti’ (e non soltanto ‘pesanti’) di Confindustria Sicilia e, in particolare, di Giuseppe Catanzaro, vice presidente di Confindustria Sicilia e titolare di una delle più grandi discariche dell’Isola: quella di Siculiana, in provincia di Agrigento.
Crocetta ha chiamato come all’assessore all’Energia e ai Rifiuti il magistrato Nicolò Marino. Forse, questa, è stata una delle poche scelte che non gli è stata imposta da Lumia e da Confindustria Sicilia, adottata all’inizio della sua esperienza di Governo, quando la ‘stretta’ dei suoi ‘alleati’ non era ancora soffocante.
Ma è andata male anche con Marino. Che, alla fine, è stato stritolato dagli interessi ‘pesanti’ che ruotano attorno al settore non dei rifiuti, ma delle discariche intese come mezzo di arricchimento ai danni dei Comuni, secondo la folle riforma del settore varata nei primi anni del 2000 (leggere Ato rifiuti).
Così Marino è stato messo fuori dal Governo regionale. E, detto sinceramente, non riusciamo a capire che cosa stia succedendo nel mondo dei rifiuti della Sicilia con il nuovo assessore, Salvatore Calleri, altro personaggio ‘misterioso’. L’unico dato certo è che le discariche ci sono ancora. Anzi, aumentano, perché l’assessorato ne ha autorizzato di nuove.
Non parliamo dell’acqua. Dove – così si racconta – i gruppi privati che hanno interessi forti in questo settore sono direttamente ‘collegati’ all’attività della quinta Commissione dell’Ars (Ambiente e Territorio). E sono così collegati che questa Commissione legislativa – anche se presieduta dal grillino Giampiero Trizzino, persona per bene e preparata – fino ad oggi non ha cavato un ragno dal buco.
L’ex assessore Marino – altra persona per bene – ha cercato di mediare tra gli interessi (forti) dei privati e le istanze di chi si batte per il ritorno alla gestione pubblica.
Messo fuori Marino, del ritorno all’acqua pubblica – complice anche il ‘misterioso’ assessore Calleri – non si parla più. Nemmeno il fallimento delle due società private che hanno gestito l’acqua a Siracusa e in 52 Comuni del Palermitano ha fatto cambiare linea politica.
Ci sono, in questo, anche pesanti responsabilità della presidenza dell’Ars che, in modo piuttosto farisaico, si è limitata a far ‘sparire’ il disegno di legge d’iniziativa pubblica per la pubblicizzazione del servizio idrico.
Del resto, in un’Italia dove personaggi incredibili si sono impossessati perfino del PD – Partito che a Roma con Renzi sta massacrando i lavoratori, ‘consegnandoli’ alla Germania della signora Merkel con l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori più che dimezzato – perché mai la Sicilia dovrebbe approvare una legge per il ritorno all’acqua pubblica?
Non parliamo di quello che è successo con il Muos di Niscemi. Con il governatore Crocetta che ha cambiato opinione, guarda caso, subito dopo la sua partecipazione a un convegno a Gela – la sua città – dove, forse ricordandosi di Pio La Torre, ne ha dette di tutti i colori agli americani.
Subito dopo, il cambio di opinione, con un’intervista a la Voce di New York – quotidiano on line degli italiani d’America – dove il presidente ha ‘magnificato’ il Muos di Niscemi…
Sui fallimenti amministrativi non c’è bisogno di dilungarci: lo facciamo ogni giorno. Basti pensare ai disastri che vanno in scena nella Formazione professionale, nelle politiche del lavoro, in agricoltura, in quel poco che rimane dell’industria, nel rapporto con i Comuni, nella pessima gestione delle Province commissariate e via continuando.
Ma il vero fallimento di Crocetta non è solo amministrativo: è soprattutto politico. Perché, se alle spalle non c’è una buona politica, l’amministrazione pubblica non può che essere negativa. L’esperienza di Monti, di Letta e adesso di Renzi sta lì a dimostrarlo.
Il vero fallimento del Governo Crocetta, dicevamo, è politico. Nei primi mesi del 2013, nell’imminenza delle elezioni politiche, Crocetta aveva trasformato l’esperienza della sua lista alle elezioni regionali in Movimento politico, il Megafono.
Non era un brutto Movimento politico. In quei giorni il nostro giornale intervistava alcuni dei protagonisti del Megafono, che si trovavano in sintonia con il Movimento 5 Stelle. E anche il presidente della Regione, tutto sommato, provava a dialogare con i grillini dell’Ars.
Poi, però, qualcosa s’inceppa. Forse il momento in cui inizia la crisi del Megafono e la parabola discendente di Crocetta è rappresentata dalle elezioni politiche nazionali del 2012.
Crocetta, i suoi stretti collaboratori e gli attivisti del Megafono stavano creando un Movimento dal basso che avrebbe dovuto lavorare almeno un paio di anni prima di misurarsi con un’elezione.
Invece, in quel momento, al senatore Lumia serviva una lista. Privo di consenso sociale ed elettorale, Lumia temeva – secondo noi a ragione – che alle primarie del PD sarebbe stato battuto.
Gli serviva una lista per farsi riconfermare a Roma. E ha deciso di utilizzare il Movimento che Crocetta e i suoi collaboratori – e non lui! – avevano creato: il Megafono.
Lumia sapeva benissimo che, utilizzando il Megafono come volano elettorale, a qualche mese dalla sua nascita, mentre il Movimento era ancora in fase assestamento, avrebbe rovinato tutto. E avrebbe creato dissidi fortissimi con il PD.
Ma a Lumia di questo non gliene poteva fregare di meno. Prima vengono i suoi interessi personali. Gli altri, in confronto a lui, sono meno che nulla.
In questo passaggio Crocetta ha dimostrato tutta la sua debolezza politica. Il Megafono, infatti, era nato e si stava diffondendo con un’idea della politica diversa dall’idea della politica del senatore Lumia. Anzi, più Lumia stava lontano dal Megafono, più la gente cominciava ad avvicinarsi ai Circoli di Crocetta.
Noi abbiamo vissuto i giorni della nascita del Megafono. E possiamo testimoniare che era presente in tutta la Sicilia. Piccoli gruppi che vedevano la luce e che crescevano di giorno in giorno, portando avanti istanze politiche e culturali lontane mille miglia dagli interessi di Lumia e di Confindustria Sicilia.
La gente, in Sicilia, è meno stupida di quanto gli attuali politici pensano. Chi dava vita al Megafono, attraverso i Circoli di Crocetta, si batteva contro il Muos, non voleva le discariche, era per l’acqua pubblica. Nulla a che vedere, lo ribadiamo, con Lumia e con i vari Montante, Catanzaro e Lo Bello, personaggi che, al di là delle belle parole, rappresentano il vecchio della politica siciliana.
Quando Lumia si è imposto come capolista al Senato nella lista del Megafono, di fatto è finito il Megafono. Per almeno tre motivi.
In primo luogo, perché la partecipazione a una competizione elettorale era troppo prematura.
In secondo luogo, perché Lumia era palesemente ‘scappato’ dalle primarie del PD – dove non sarebbe stato eletto – e la sua candidatura si presentava come una manifestazione di ostilità verso la base del PD.
In terzo luogo – e questo è il motivo più importante – perché la base del Megafono non aveva nulla, ma proprio nulla a che spartire con Lumia e con il suo sistema di potere.
Tutta la deriva successiva non del Megafono – che come movimento politico scompare con la candidatura di Lumia al Senato (da quel momento in tanti si allontanano dal Megafono) – non è altro che la conseguenza di questo errore politico frutto della debolezza di Crocetta.
Privato – forse non a caso, potremmo affermare oggi con il senno del poi – di un Movimento politico che stava nascendo con lui, Crocetta finisce inesorabilmente in balìa di Lumia e degli interessi di Confindustria Sicilia.
Nella Formazione professionale e nelle politiche del lavoro la dottoressa Patrizia Monterosso, l’assessore Nelli Scilabra, la dottoressa Anna Rosa Corsello fanno quello che vogliono. Molto spesso a prescindere da Crocetta, che in buona parte certe ‘cose’ le scopre quando incontra sindacati e titolari di enti e società che operano nella Formazione.
Lo scorso agosto si consumerà la rottura tra l’assessore Scilabra (e chi gli sta dietro) e la dottoressa Corsello, forse perché quest’ultima – che non è laureata in ‘filosofia’ e la legge la conosce molto bene – si rifiuta di avallare certe forzature amministrative.
Sui rifiuti passa senza colpo ferire la linea del gruppo Catanzaro, cioè di Confidustria Sicilia. Non è un caso se Marino – come già ricordato – viene sbattuto in malo modo fuori dalla Giunta.
Sull’acqua – complice, l’abbiamo già ricordato, la presidenza dell’Ars – scompare il disegno di legge d’iniziativa popolare sul ritorno all’acqua pubblica (su questo fronte ci sono anche responsabilità dei grillini dell’Ars, che dicono di essere espressione della volontà popolare, ma sull’acqua si sono guardati bene dal patrocinare il disegno di legge d’iniziativa popolare: spiace dirlo, ma ogni soggetto, in questa storia dell’acqua rimasta ai privati – grillini compresi – ha comunque partecipato a questa sorta di commedia pre-goldoniana improvvisando una parte).
In quasi tutte le branche dell’Amministrazione regionale il peso degli ‘alleati’ di Crocetta si fa sentire.
Nel frattempo si è consumata la rottura all’interno del PD siciliano. I renziani – con in testa Davide Faraone – si sono alleati non con Crocetta, ma con Lumia e Confindustria Sicilia. Del resto, un tipo come Renzi, non può che essere l’interlocutore giusto di Lumia e Confindustria Sicilia.
Si mettono di traverso i cuperliani di Sicilia, che non sono interessati a qualche assessorato, ma a rompere l’asse Lumia-Confindustria Sicilia-renziani (per lo più Faraone, che si fa i fatti suoi, a prescindere dagli altri renziani siciliani).
A questo punto, quello che succede nella sanità è incredibile. Pur di penalizzare un’area del PD catanese che aveva segnalato due dirigenti di qualità per la guida di due strutture sanitarie della provincia Etnea, il Governo blocca le due nomine in attesa che entri in vigore un Decreto nazionale che vieta il conferimento di incarichi a dirigenti in pensione.
Guarda caso, i due dirigenti che avrebbero dovuto ricoprire questi incarichi nella sanità pubblica catanese, i dottori Cantaro e Pellicanò, nominati – particolare non di poco conto – prima dell’entrata in vigore del Decreto nazionale, sono pensionati. Di fatto, con questo stratagemma ‘gesuitico’ vengono messi fuori. Il tutto creando enormi danni alla sanità pubblica catanese, bloccate per mesi nell’impossibilità di programmare alcunché.
E’ evidente che questa mossa non è stata ‘pilotata’ dall’assessore Lucia Borsellino. E nemmeno da Crocetta. Questa – è inutile che ci prendiamo in giro – è una mossa di chi sta dietro l’attuale Governo.
E oggi? Oggi – e siamo tornati all’inizio del nostro ragionamento – il Governo Crocetta sembra al capolinea. Schiacciato da una crisi finanziaria imposta dal Governo Renzi, che – come ripetiamo spesso – ha scippato al Bilancio della Regione 915 milioni di euro nel 2013 e 850 milioni di euro circa quest’anno.
Renzi e il suo fido Faraone hanno penalizzato la Sicilia. Non solo gli hanno scippato un miliardo e 350 milioni in due anni, ma hanno imposto al Governo regionale – il solito, debole Crocetta – di rinunciare a contenziosi con lo Stato, in parte già vinti, per un ammontare pari a circa 5,4 miliardi di euro.
Con molta probabilità, con quest’ultima mossa, Renzi, Lumia e Faraone pensano – e non hanno torto – di avere intrappolato Crocetta, che negli ultimi mesi mostra segni di insofferenza verso i renziani, verso Lumia e, soprattutto, verso Confindustria Sicilia.
Si vocifera di continui scontri tra Crocetta e l’assessore Linda Vancheri, espressione di Confindustria Sicilia. Per non parlare dell’assessore Scilabra, che nonostante la mozione di censura (con richiesta di dimissioni) che pende sul suo capo all’Ars, si sente ancora così forte da smentire lo stesso presidente della Regione.
Di questa storia il nostro giornale ha ampiamente parlato. Crocetta che, sotto sotto, non se la sente di ‘scaricare’ gli oltre 8 mila dipendenti della Formazione professionale per dare tutto nelle mani dei privati, apre a sorpresa ai “Consorzi di enti”. Un modo, alla fine, per salvare questo personale, riservando loro una quota di risorse finanziarie del Piano Giovani e, soprattutto, dei fondi della Programmazione europea 2014-2020.
Mossa che all’assessore Scilabra non va proprio giù. Tanto che l’assessore – cosa che non si era mai vista – smentisce il presidente della Regione, addirittura ‘interpretando’ il pensiero di Crocetta. Con lo stesso Crocetta che, qualche giorno dopo, alla presenza dei lavoratori del settore, ‘smentisce’ a propria volta l’assessore Scilabra riproponendo il “Consorzio di enti”.
Non è difficile immaginare due diverse idee della politica. Da una parte Nelli Scilabra (e il suo sponsor), Linda Vancheri (e i suoi sponsor) e Patrizia Monterosso (e i suoi sponsor); dall’altra parte un Crocetta, che fino ad ora sopporta, sopporta, sopporta…
Che dire? Solo un consiglio, presidente: mandi a quel paese Lumia e Confindustria Sicilia e stringa un’alleanza con il PD di Fausto Raciti. Quanto ai renziani, li può pure lasciare dove sono, tanto Faraone, tra i renziani siciliani, conta sempre meno.
Certo, ora è un po’ tardi. Ma meglio tardi che mai. Tanto ormai dovrebbe avere imparato – a sue spese – che con Lumia elezioni non se ne vincono. E che Confindustria Sicilia non incanta più nessuno. Ormai Montante, Catanzaro e “l’intellettuale del gruppo”, Lo Bello sono stati ‘sgamati’. Come abbiamo già detto, non rappresentano affatto il nuovo, ma solo la vecchia e trita politica siciliana degli ‘azzicca-forchette’.
Dia retta a noi: aspetti magari che l’Aula la ‘liberi’ delle ‘assessore’ Scilabra e Vancheri, per le quali sono già pronte due belle mozioni di censura. Colga l’occasione per azzerare la Giunta e chiuda un bell’accordo con il PD di Raciti.
Il resto verrà da solo. Due minuti dopo troverà la maggioranza all’Ars. Perché a Sala d’Ercole, pur di togliersi di mezzo Lumia e Confindustria Sicilia, le faranno i ponti d’oro.