Porcellum, il male maggiore: il voto di preferenza, per favore!

da Agostino Spataro

riceviamo e volentieri pubblichiamo

L’oracolo ha parlato, ma non ha detto un bel nulla. Si farà la riforma elettorale? Come, quando, con quali forze? Credo che queste e altre domande consimili frullino nella testa della gran parte degli italiani, forse più di quelle che nascono dalla crisi economica, poiché il “Porcellum” è, oggi, il male maggiore.

Ieri, ha parlato l’oracolo del governo Letta, ossia il Ministro per le Riforme, Quagliarello, il quale, secondo l’Adn-Kronos, ha chiarito “che in questa prima fase sia necessario un intervento di ‘salvaguardia’ che renda certamente costituzionale il sistema vigente e, ‘sterilizzando’ il problema immediato della legge elettorale, agevoli il percorso complessivo di riforma istituzionale, all’interno del quale anche il tema della legge elettorale troverà una compiuta definizione”.

Alla faccia del caciocavallo! Se questo è un chiarimento, possiamo star freschi. Poiché il signor Ministro non ha chiarito un bel nulla. Ha solo lasciato intravedere una soluzione minimalista, rassicurando la maggioranza che non si farà una seria riforma di quella legge ignobile chiamata “Porcellum” che sta, pericolosamente, infiacchendo il sistema democratico italiano.

Una legge disastrosa e anticostituzionale, come, ora, si accorgono anche le alte Corti che dovrebbero (di più) vigilare su tale delicatissima materia. Con questa legge, infatti, è stato espropriato il cittadino-elettore del diritto (costituzionale) di potere scegliere, col voto, il suo candidato al Parlamento.

E’ stato compiuto un grave misfatto politico ai danni della democrazia e della sovranità popolare, trasferendo il potere elettivo dal popolo a un gruppo ristretto di capipartito (una diecina in tutto) i quali, di fatto, nominano i membri di Camera e Senato.

Così, nelle liste bloccate, e quindi in Parlamento, si trova di tutto: mogli, figli, amanti, portaborse, avvocati e fiscalisti di fiducia e via via degradando…

La “legge porcata” che a tutti piace

Al “Porcellum”, imposto a colpi di maglio dal centrodestra, si sono assuefatti anche i capipartito del centrosinistra che hanno goduto delle sue malefiche virtù.

Insomma, inutile girarci intorno: la mancanza del voto di preferenza fa comodo a Berlusconi e ai leghisti, ma anche ai loro (ex) avversari i quali, per altro, durante l’ultimo governo Prodi potevano modificare la legge-porcata, ma non l’hanno fatto. E anche oggi, di fronte a tanto disastro, gli esponenti del centrosinistra si guardano bene dal chiedere la re-introduzione di almeno una preferenza.

Soltanto l’Udc – bisogna dargliene atto – si è battuta per le preferenze, anche se, alla fine, ha votato la legge-vergogna.

Sappiamo che la preferenza comporta qualche problema, soprattutto quello della compravendita dei voti, superabile con una sola preferenza numerica (non nominativa) e, ancor di più, con l’introduzione del voto elettronico, come si fa in Usa, in Brasile e in tanti Paesi anche in via di sviluppo.

Ridateci il voto di preferenza, per favore!

Che Berlusconi non voglia le preferenze si può capire, poiché senza il potere di nomina (dei parlamentari) il suo trono vacillerebbe. Invece, nessuno capisce la ritrosia del Partito Democratico che sembra condividere con il Pdl l’avversione per il voto di preferenza.

E nemmeno convincono “le fughe” di taluni esponenti del PD i quali, pur di non re-introdurre il voto di preferenza, vorrebbero importare modelli elettorale da altri Paesi (da Francia, Germania, Spagna, ecc).

Ovviamente, su tale questione l’opinione pubblica desidera conoscere la posizione, pubblica e chiaramente motivata, di SEL, della Lega Nord e del Movimento di Grillo.

In assenza di una motivazione convincente, si accrediterebbe l’idea, già abbastanza diffusa, che non si voglia dare agli elettori il diritto di scegliere il parlamentare perché – si teme- provocherebbe una “rivoluzione copernicana” nel sistema politico italiano: il sole non sarebbe più il capo-partito che nomina, ma l’elettore che sceglie, col voto, anche il capo partito.

Infine, notiamo che la nomina, oltre a delegittimare i deputati e il ruolo del Parlamento, provoca un’incomprensibile disparità fra i diversi livelli della rappresentanza democratica: i deputati europei, i consiglieri regionali, provinciali e comunali sono eletti col voto di preferenza, solo quelli di Camera e Senato sono nominati dall’alto.

Una condizione anomala che non sta né in cielo né in terra, ma solo nelle teste dei capi partito ossia di privati cittadini (perché tali sono secondo la Costituzione) i quali esercitano un diritto espropriato agli elettori. E così non si può continuare.

 


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