Pogliese: “Al Pdl serve un bagno di umiltà”

La debacle elettorale del Pdl alle amministrative affonda le sue radici nelle divisioni che causarono la sconfitta alle Regionali e non ha un solo padre. Nel partito bisognerà avviare subito una riflessione approfondita su cause e responsabilità. Ne è convinto Salvo Pogliese (nella foto a destra), vice presidente dell’Assemblea regionale, dove rappresenta, ormai, uno degli ultimi esponenti del Pdl a ricoprire, in quella che fu la terra del 61 a 0, una carica istituzionale di una certa importanza, visto che tutti gli altri fortini, a uno a uno, sono caduti tutti. Ma, soprattutto, bisognerà costruire una nuova classe dirigente, più legata al territorio, e imporre un codice etico. Pacato nei modi e nei contenuti, Pogliese non addita teste da tagliare e non innesca polemiche, sempre dietro l’angolo, dopo batoste di questo tipo. 

A che cosa si devono addebitare i risultati elettorali per certi versi catastrofici per il Pdl?

“C’è stato certamente un vento nazionale che ha soffiato molto forte anche in Sicilia. Il trend nazionale ha influenza a livello locale, quando si svolgono le elezioni amministrative, che, tradizionalmente non sono state mai particolarmente entusiasmanti in termini di risultati per il centrodestra. Però, ovviamente, il dato che emerge in queste ultime non è assolutamente positivo. Dobbiamo prenderne atto, dobbiamo dirlo con estrema schiettezza e con estrema lucidità. E’ importante analizzare i dati, noi abbiamo oggettivamente perso queste elezioni, commettendo alcuni errori, nella scelta dei candidati talvolta, ma comunque c’è da dire che un dato emerge in maniera trasversale: oggi amministrare gli enti locali rappresenta un handicap, non un vantaggio, anche in termini elettorali. In un contesto di  decrescenti trasferimenti dello Stato e della Regione, fare il sindaco rappresenta forse il ruolo più difficile che si va a ricoprire dal punto di vista politico. Penso a Catania, la mia città, dove Raffaele Stancanelli ha svolto un ottimo lavoro, per quello che era il contesto in cui si è ritrovato ad amministrare, con un buco di bilancio di 1 miliardo e 200 milioni nel comune e nelle partecipate, determinato anche dalle scelte delle passate amministrazioni di Scapagnini del centrodestra, ma anche da alcune scelte erronee della precedente gestione di Bianco, quando vennero contratti mutui  le cui rate si stanno pagando anche ora per coprire la spesa corrente. Stancanelli ha amministrato bene, in maniera rigorosa. Ha ridotto il buco, ma non ha potuto avere risorse per fare opere pubbliche, per organizzare feste e quindi ha risentito  della crisi economica . Noi dobbiamo rimboccarci le maniche, ma talvolta le sconfitte sono positive per ricostruire dalle ceneri, e quindi, con un bagno di umiltà, trarre le opportune conclusioni da questo dato non entusiasmante”.

Lei parlava di alcuni errori, anche nella scelta delle candidature, ma c’è anche un problema di linea politica nel Pdl siciliano?

“Noi stiamo pagando in Sicilia le conseguenze di quello che è avvenuto a ottobre, nel senso che allora non si è determinata l’unità del centrodestra e noi abbiamo perso le elezioni esclusivamente per quella frattura assolutamente eretica, le cui responsabilità sono certamente attribuibili molto di più a Lombardo e a Miccichè, piuttosto che al Pdl, ma comunque è stato fatto un errore. Da lì stiamo pagando le conseguenze, con quello che accade puntualemte, con un vizio tutto italico, ma in Sicilia in particolare, che è quello di saltare sul carro del vincitore.  In ogni città, ci sono stati
trasferimenti di decine e decine di consiglieri comunali, di dirigenti, soprattutto dall’area autonomista verso la lista Crocetta; a Catania, moltissimi dei consiglieri di Crocetta e del centrosinistra sono provenienti dall’esperienza autonomista. Se noi non avessimo perso le regionali, e non le avremmo perse se fossimo stati compatti, ci sarebbe stato, oggi, un dato diverso. Quella è stata la madre di tutti gli errori. Se Berlusconi fosse intervenuto a settembre, come era opportuno fare e, come ha fatto invece qualche mese dopo per le nazionali, ricompattando il centrodestra,  probabilmente, oggi avremmo commentato un dato diverso”.

 Stancanelli ha evidenziato come a Catania le liste di centrodestra hanno preso molti più voti rispetto alle preferenze espresse per il sindaco, a Siracusa Vinciullo rischia di essere espulso dal partito per non aver appoggiato il candidato ufficiale, che era dell’Udc, mentre a Messina il candidato del Pdl non è arrivato nemmeno al ballottaggio. Quindi, qualche problema c’è.

“A Catania c’è stata una perdita di consensi fra liste e sindaco, ma con la stessa percentuale rispetto a quello che si è verificato nel centrosinistra. Il problema, a mio modo di vedere è la legge elettorale, che deve essere cambiata. Ma il dato politico è comunque che le liste di centrodestra hanno preso il 36% circa, Stancanelli il 35%.  Al di là di chi poi ha dato il voto confermativo, anche Bianco ha avuto una grossa perdita rispetto ai voti delle liste, perché non tutti sanno votare con questo voto confermativo. Anche nelle municipalità abbiamo perso, per la prima volta, perché avevamo meno liste, con questi transfughi che hanno portato consensi dall’altro lato.  Abbiamo perso per questi motivi. Non c’è stato, quindi alcun tipo di mancato sostegno, anzi alla fine il centrodestra si è ricompattato su Stancanelli.  A Siracusa, qualcosa di anomalo è sicuramente accaduto, con la vicenda di Vinciullo, con il sostegno dato al candidato dell’Udc. Lì, qualche riflessione aggiuntiva bisogna farla. A Messina, siamo arrivati terzi, ma la scelta di Garofalo era ottima. Però ha avuto il suo peso la presenza di un ministro, del presidente dell’Ars e di un assessore regionale.  Poi c’è stata la sorpresa del candidato No Ponte. Anche lì abbiamo pagato quel che ha comportato gestire la città, nel senso che ho detto prima. Amministrare le città è difficile. Ovunque i sindaci uscenti hanno perso”.

C’è problema di dirigenza locale, regionale. Senza Berlusconi non si vince.

“I dati dicono questo: Al di là degli errori commessi, Berlusconi è un animale elettorale. A febbraio ha realizzato un miracolo. Noi stessi già a dicembre ci davamo per estinti, con  percentuali vicine al 10% e, invece, per pochissimi voti non abbiamo vinto le politiche. C’è stato un recupero eccezionale. Bisogna dare atto a Berlusconi di essere un grande comunicatore, di avere grande carisma, ha caratterizzato la campagna elettorale su due o tre grandi temi, a differenza di quello che ha fatto Bersani, e l’elettorato ci ha premiato per questo. Anche le prime scelte del governo Letta sono coerenti con quanto detto in campagna elettorale. Ma Berlusconi non è eterno. Noi ci siamo un po’ troppo cullati sul suo appeal elettorale e poi ha contribuito anche la legge elettorale per le politiche. E’ una legge vergognosa, la causa di questa deriva che ha cambiato l’atteggiamento di con molte persone che prima erano radicate sul territorio, poi hanno capito che con questa legge era meglio mostrare sudditanza a qualche leader nazionale, piuttosto che vicinanza al proprio elettorato. Quindi le scelte nazionali hanno fatto si che ci sia stata una distanza abissale tra eletti, meglio dire nominati ed elettori. Le centinaia di parlamentari che il Pdl ha espresso, poi alla fine non sono stati radicati nel territorio, non hanno svolto tranne qualche eccezione, alcuna funzione di cinghia di trasmissione tra partito e il territorio. Dobbiamo pensare a cosa accadrà nell’imminente futuro.  Dobbiamo davvero costruire una classe dirigente con regole certe, che non ci sono state ad oggi, puntando sul radicamento territoriale, sulla meritocrazia e sulla qualità e imponendo una questione morale, un codice etico”. 

In Sicilia avete intenzione di avviare presto questo ragionamento?

“Assolutamente si. Al più presto si dovrà convocare un coordinamento regionale per fare un’analisi del voto, subito dopo i ballottaggi, e fare le dovute riflessioni. Una scelta doverosa, con la responsabilità di tutti; nessuno è immune da responsabilità. Talvolta le sconfitte possono essere salutari perché consentono di eliminare le scorie; coloro i quali stanno nel partito solo se c’è del potere da gestire, è opportuno che se ne vadano”.

Cominciando col mettere in discussione i vertici regionali del Pdl?

“C’è una corresponsabilità di tutti, a tutti i livelli, ripeto: nessuno è immune da responsabilità, dai dirigenti, ai livelli intermedi al gruppo parlamentare. Dobbiamo fare un’autocritica, con grande umiltà e poi è giusto che si facciano le dovute riflessioni”.

Lei che viene da An, come vede il progetto di rifare quel partito?

“Provengo da quell’esperienza, sono orgoglioso di aver militato in An e prima ancora nel Msi e aver sviluppato con grande coerenza una militanza sempre nello stesso partito, con le evoluzioni che ha conosciuto. A me, questo progetto, sembrerebbe un passo indietro, non credo perfettamente coerente con quello che capita nel resto d’Europa. Noi dobbiamo cercare di cambiare dall’interno il Pdl, che abbiamo contribuito a fondare. So perfettamente che ci sono stati episodi gravi, perché quello che è avvenuto a Nania è stato un fatto grave, nel senso che, se si fosse applicato sempre un criterio rigido che avrebbe favorito un rinnovamento del partito,  ben venga. Però, quando l’ultima notte, si da la deroga al senatore D’Alì e non la si da al vicepresidente del Senato e coordinatore del partito Mimmo Nania, allora qualche corto circuito è avvenuto. Nania ha perfettamente ragione a indignarsi per quello che è accaduto e per come è accaduto”.

Secondo Vincenzo Vinciullo c’è una sorta di pulizia etnica nei confronti degli ex An, nel Pdl.

“Io mi auguro che questo non  corrisponda  a verità. Alcuni episodi danno ragione a Vinciullo. Quello che è accaduto con Nania, da sempre una delle menti più lucide, a livello nazionale, del partito, ha costruito nella sua realtà territoriale una splendida comunità, e quello che è accaduto a Siracusa, in realtà è coerente con quello che dice  Vinciullo. Mi auguro che siano dei casi isolati e non corrispondano a un disegno. Se questo dovesse essere fondato,  sarebbe di estrema gravità che imporrebbe una riflessione aggiuntiva a tutti”.

Il gruppo Pdl Ars sembra non saper fare una opposizione forte. In occasione dell’approvazione del Bilancio, per esempio, dove si poteva mettere in difficoltà Crocetta, si è persa forse un’opportunità.

“Noi siamo stati, nella vicenda del Bilancio molto responsabili, forse fin troppo, però penso che fosse giusto in un momento di oggettiva difficoltà che incontra non il Governo della Regione, ma la nostra Regione. Si sono registrati ritardi enormi nella predisposizione dei documenti economico finanziari, avevamo pochissimi giorni per affrontarli, avremmo potuto bloccare tutto, però credo che, alla fine, sia stata giusta la scelta. Abbiamo fatto opposizione dura, intransigente, ma responsabile; abbiamo cercato di modificare un bilancio dalla coperta cortissima, ma i margini di manovra erano pressoché nulli. Quindi, su questa vicenda, l’atteggiamento del gruppo parlamentare è stato giusto. Poi ci sono altre  vicende dove abbiamo fatto sentire la nostra voce forte e limpida. Penso alla vergognosa vicenda dell’articolo 37, sbandierato dal Governo come un successo rivoluzionario, in una vicenda paradossale, dove non solo nel Dpcm si fa menzione al riconoscimento di diritto sancito dal nostro Statuto e si fa menzione dei 49 milioni nel 2013, di trasferimenti aggiuntivi e poi, gli stessi importi si decurtano da altri trasferimenti già stabiliti. Quindi è una presa in giro nei confronti dei siciliani. Ma la cosa ancora più grave è un altro comma del Dpcm  che azzera tutto il contenzioso pregresso. Noi abbiamo azzerato un contenzioso di 70 anni, una vergognosa conclusione di una rivendicazione legittima della Sicilia. Era ovvio che non potevamo mai ambire a ottenere migliaia di miliardi  di risorse aggiuntive da parte dello Stato, ma è paradossale che non solo non abbiamo neanche un euro per tre anni, perché con una mano ci danno e con l’altra ci tolgono, ma abbiamo azzerato tutto il pregresso, rinunciando a qualsiasi risarcimento forfettario”.

Crocetta è il grande vincitore di questa tornata. Vuol dire che sta amministrando bene… 

“Non credo proprio. Lui a Catania, per esempio, ha ottenuto il 10% aggregando persone che erano, fino a due mesi fa, con l’Mpa sostenendo Stancanelli. Ha ‘comprato’ pezzi del Mpa, non ha avuto certamente voti di opinione ma di strutture che prima votavano per il centrodestra e poi dopo le regionali si sono trasferite nel centrosinistra. Ha avuto un buon risultato elettorale, oggettivamente, ma non si può vendere come il premio per la politica attuata a livello regionale, perché non è così. Vorrei capire cosa abbiamo fatto in questi 8 mesi. Abbiamo perso 6 mesi in settori strategici come il turismo e i beni culturali, con le nomine  che dovevano essere le più qualificanti del governo Crocetta, penso a Battiato, penso a Zichichi, dove abbiamo paralizzato settori strategici per il nostro sviluppo e dove la programmazione è ancora più importante rispetto ad altri. Una barzelletta.  Alla fine, se per rivoluzione si intende la soppressione delle province, con una legge che dovremmo fare entro dicembre con rischi seri di perdere trasferimenti statali, rischi di illegittimità costituzionale, una scelta che non ho condiviso, la doppia preferenza di genere, un bilancio quasi completamente impugnato dal commissario, nessuna misura per lo sviluppo. Ma di cosa stiamo parlando? Non credo che si possa parlar di rivoluzione. L’unica cosa che ho apprezzato che il  bilancio è stato ripulito di alcune entrate virtuali, come la valorizzazione degli immobili che ogni anno permettevano di giustificare uscite reali. Per il resto, non si è fatto assolutamente niente”.


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