Placido Rizzotto, una vita contro la mafia

Un comunicato stampa di Rifondazione comunista ricorda che, dopo 64 anni, “sono stati ritrovati i resti di Placido Rizzotto, il sindacalista comunista ucciso dalla mafia a Corleone, simbolo insieme a tanti di un impegno pagato spesso con la vita per liberare la Sicilia dal morbo mafioso e dal latifondo”.
“Rifondazione Comunista – si legge sempre nel comunicato – porterà dei fiori sul luogo del ritrovamento dei resti di Placido Rizzotto per allacciare, con ancora più forza, il filo rosso che ci tiene legati alle bellissime e dolorose pagine di un’antimafia sociale vera, fermata solo dagli eccidi e dalla strage di Portella della Ginestra”.
Davide Ficarra ed Antonio Marotta, rispettivamente segretario provinciale e regionale, chiedono all’amministrazione comunale di Corleone che venga posta una lapide nel luogo del ritrovamento dei resti di Placido Rizzotto e che il luogo diventi simbolo del riscatto dei siciliani e delle siciliane dalla mafia”.
Placido Rizzotto nasce in una famiglia povera. Dopo aver partecipato alla seconda guerra mondiale torna nel suo paese – Corleone – dove ricopre l’incarico di presidente dei reduci e combattenti dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani italiani) di Palermo e, soprattutto, quello di segretario della Camera del lavoro di Corleone (Rizzoto è iscritto al Partito socialista italiano e alla Cgil).
Rizzotto si fa notare per il suo impegno in favore dei diseredati. Un lavoro accanto ai contadini che, inevitabilmente, lo porta a scontrarsi con i mafiosi. Lo rapiscono la sera del 10 marzo 1948, mentre si reca da alcuni compagni di partito. Viene ucciso dalla mafia per il suo impegno in favore del movimento contadino che si batte per l’occupazione delle terre.
Alla scena dell’uccisione di Placido Rizzoto assiste un giovane pastore, Giuseppe Letizia. Un testimone scomodo, per i mafiosi, visto che il ragazzo è in grado di riconoscere gli assassini del sindacalista. Così la mafia decide di eliminare anche il giovane pastore. Ad ucciderlo è Michele Navarra, medico e capo mafia. Navarra, che è considerato il mandante dell’omicidio di Placido Rizzotto, uccide il giovane pastore con un’iniezione letale.
Le indagini sull’assassinio di Rizzotto sono condotte dall’allora capitano dei Carabinieri di Corleone, Carlo Alberto Dalla Chiesa. L’allora giovane ufficiale dell’Arma fa arrestare Vincenzo Collura e Pasquale Criscione, che, una volta dentro, ammettono di aver preso parte al rapimento di Rizzotto insieme con Luciano Leggio, che poi, una volta diventato boss, prenderà il cognome di Liggio. Grazie alla testimonianza di Collura si ritrovano alcune tracce di Placido Rizzotto, ma non il corpo, che era stato gettato da Liggio nelle foibe di Rocca Busambra, nei pressi di Corleone.
Questa, in sintesi, la storia. Il 9 marzo 2012 – e siamo tornati ai giorni nostri – l’esame del DNA, comparato con quello estratto dal padre Carmelo Rizzotto conferma che i resti trovati il 7 settembre 2009 presso le foibe di Rocca Busambra appartengono a Placido Rizzotto.
Oggi, a Corleone, il nome di Placido Rizzotto viene ricordato grazie anche a una cooperativa agricola che porta il suo nome. La cooperativa siciliana Libera Terra produce e commercializza due vini denominati ‘Placido Rizzotto Bianco’ e ‘Placido Rizzotto Rosso’ provenienti da vigne confiscate alla mafia.

foto delle statua di Placido Rizzotto tratta da Piazzettacominista.wordpress.it

 


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