Pioletti replica: ‘Ribadisco la mia scelta’

Lettera aperta ai colleghi docenti, al personale tecnico e amministrativo, agli studenti dell’Università di Catania.

Ho lavorato all’elaborazione del programma “Un’altra università è possibile”, assieme a diversi colleghi di varie facoltà, nella convinzione che i programmi non possono essere un semplice canovaccio buono per tutti gli usi. Non mi convince l’entrata in scena all’ultimo minuto con poche approssimative battute. Rispetto la vecchia commedia dell’arte, ma preferisco il teatro dove l’interprete è vincolato dal testo.

Con tutto ciò mi sento legato al collega Renato Pucci da un’antica amicizia, rafforzata da affinità politiche e culturali. Sono state soprattutto queste ultime ad aver determinato l’incondizionato sostegno in occasione della sua elezione al Consiglio d’Amministrazione dell’Ateneo. Così come credo che la condivisione di idee sulla gravità dei problemi provocati da sei anni di non-governo nell’Università di Catania, trasformata in una segreteria politica, lo abbiano spinto ad onorarmi del suo voto nel primo turno delle elezione a Rettore, almeno stando a quanto egli stesso mi aveva dichiarato.

Nella lettera aperta con la quale egli adesso giustifica l’improvvisa scelta di scendere in campo mi si chiama in causa con un giudizio perentorio, che apparentemente ci porta dritto al cuore della questione: “Credo che il preside Pioletti  abbia sbagliato a dare l’indicazione di far confluire i suoi voti sul preside Recca e spero che egli ritorni sui suoi passi”.
 
Io ci ho ripensato e ribadisco la mia scelta, che risulta ulteriormente motivata come segue.
 
Primo. L’assoluta urgenza mi è sembrata quella di superare l’opacità dell’attuale sistema di gestione che degrada a clientela quanto dovrebbe derivare da una faticosa ma indispensabile discussione collegiale. Insomma, liberarci dalla cappa autoritaria che ha isterilito il tessuto degli organi statutari dell’ateneo. Si tratta di riaprire una fase di dialettica interna.

Secondo. Ho creduto che fosse il momento di non limitarsi a un’opposizione puramente simbolica, bensì di porre le premesse affinché le idee di alternativa, collettivamente elaborate, possano contribuire a risolvere problemi urgenti e gravi. Ciò richiede un impegno prolungato, la rinuncia alla politica come sommatoria di interessi particolari, la capacità dell’intero ateneo di fare gioco di squadra. Visto il mio programma e la mia storia non ho nessuna preoccupazione ad incontrarmi con aree politiche e culturali diverse dalla mia, giacchè la garanzia degli accordi non può basarsi su una delega in bianco data alle persone, ma su un sistema di controlli basato sulla partecipazione.

Terzo. A differenza del preside Pucci, non ritengo che l’elezione del Rettore possa risolversi in una contesa basata unicamente sulla “credibilità”. Le molte esperienze accumulate in tal senso si sono rivelate nefaste. Dobbiamo invece riattivare il tessuto delle decisioni democratiche, la libertà di confronto, la vitalità degli organi di valutazione; garantendo la partecipazione e mettendo in un angolo chi ha considerato la gestione dell’Ateneo come luogo di raccolta del consenso politico piuttosto che come Istituzione pubblica e per il pubblico.
 
I voti ottenuti dai candidati Recca e Pioletti sono stati perlomeno voti espressi in direzione della discontinuità con l’amministrazione uscente. E’ forse un messaggio ancora più radicale quello che pretende di rivolgerci adesso il prof. Renato Pucci? L’auto rivendicazione di credibilità personale è sufficiente a porlo al riparo dalle strumentalizzazioni? Io credo che la credibilità, oltre che dalla nostra storia, deriva dalle scelte che si fanno. (Antonio Pioletti)


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