Nonostante non si escluda che all'origine della violenza contro il giovane Salife, lo stesso giorno della visita del papa, possa non esserci un movente strettamente razzista, i responsabili dello Sprar mettono in guardia gli ospiti
Piazza Armerina, il migrante aggredito in centro «Ai ragazzi diciamo di non uscire da soli la sera»
Incubi, paura, attacchi di panico, dolori: segni indelebili dell’aggressione subita. Per il giovane Salife, si preannuncia un’altra notte insonne. Malgrado i tranquillanti, non riesce a prendere sonno. Rivive l’umiliazione di quella sera, i calci, i pugni, la violenza inspiegabile. «Urla e piange da giorni», raccontano i compagni di stanza, anche loro ospiti dello sprar Don Bosco 2000 di Piazza Armerina. Rivede ancora i tre aggressori, ricorda i colpi al viso, alla testa, all’addome. Tutto è avvenuto in pochi minuti, nella giornata in cui la città aveva accolto la visita del papa. Nel passato del giovane c’era già stata violenza: in questi giorni gli è capitato di ripensare alla vita in Gambia, ai soprusi, alla disperata fuga, al viaggio e ai compagni che non ce l’hanno fatta.
«I traumi a cui vanno incontro i ragazzi che fuggono da guerre e persecuzioni, prima di raggiungere le nostre coste, sono numerosi – spiega Samanta Barresi, coordinatrice dello Sprar -. Si tratta di persone vulnerabili con cui facciamo un percorso di riabilitazione insieme agli psicologi del centro. Ma fatti di violenza inaudita del genere, fanno rivivere nei migranti i traumi vissuti e si finisce per tornare al punto di partenza». Dopo l’aggressione c’è paura. «È umiliante – continua – ma esortiamo quotidianamente i ragazzi a non uscire da soli perché la comunità che dovrebbe accogliere non li fa sentire al sicuro».
Sulla natura dell’episodio, secondo la coordinatrice del centro non ci sarebbero dubbi. «Con le indagini in corso non possiamo esporci ma – ammette – tendiamo a escludere la matrice razzista. A nostro parere, si tratterebbe, di un gruppo di delinquenti che vedrebbero nei migranti, soggetti vulnerabili da poter facilmente attaccare solo perché vanno in giro da soli, indossano vestiti puliti e hanno un cellulare. Ottimi pretesti per chi cerca di approfittarsi dei più deboli». Ci sarebbero, poi, alcuni elementi che farebbero supporre che si tratti della stessa gang che in passato avrebbe intimorito sempre un altro ragazzo ospite del centro. «Quella volta – confessa Barresi – la vittima non sporse denuncia e la vicenda si concluse con le scuse da parte dei colpevoli».
Dopo l’apparente indifferenza iniziale – «in quella sera di festa nessuno ha soccorso Salife» – ha lasciato posto a gesti di solidarietà. «Un dentista del paese – racconta – si è offerto di occuparsi delle spese di ricostruzione dei denti, così come un gruppo di studenti di una scuola superiore che vorrebbe dare un contributo economico».
Intanto, sul fronte investigativo, prosegue il lavoro della polizia che sta cercando ulteriori riscontri per risalire all’identità dei colpevoli. Anche gli investigatori sarebbero propensi a escludere la matrice strettamente razzista, perché «secondo le prime indagini e le dichiarazioni dell’offeso non gli sarebbero stati rivolti commenti razzisti».