Pet-coke,il combustibile che avvelena la Sicilia

“Si adottino le misure segnalate da Legambiente sull’uso del pet-coke, il residuo del petrolio usato come combustibile”.

Il tema lo pongono i parlamentari di Sala d’Ercole del Movimento Cinque Stelle in un’interrogazione rivolta, naturalmente, al Governo regionale.

Il problema lo ha sollevato Legambiente Sicilia che, forse per far dimenticare l’assurda proposta, lanciata l’anno scorso, di bruciare i rifiuti nei forni delle cementerei dell’Isola, affronta, oggi, il tema dell’impatto ambientale del pet-coke e, di conseguenza, i pericoli per la salute che la combustione dello stesso pet-coke comporta.

I parlamentari grillinI citano anche lo studio “Inorganic pollutants associated with particulate matter from an area near a petrochemical plant”, condotto dal Dipartimento di chimica e fisica della terra dell’Università degli studi di Palermo nel comprensorio di Gela, che attesta che la presenza nell’aria di arsenico, vanadio e nichelio. Un inquinamento che è da ricondurre all’incenerimento del pet-coke che viene effettuato nel polo chimico di una città – Gela – che dagli anni ’60 del secolo passato viene massacrata dai veleni della chimica ‘pesante’.

Con la stessa interrogazione i deputati Cinque Stelle pongono il problema delle tasse statali (accise) relative all’utilizzo del pet-coke.

“Durante lo studio del bilancio previsionale 2013 – afferma il deputato Claudia La Rocca – abbiamo notato un capitolo relativo alla combustione del pet-coke pari a zero. Abbiamo successivamente rilevato che, dal 2003, l’imposta è stata modificata in accisa, quindi di competenza dello Stato. Chiediamo comunque che la Regione si accerti dell’effettiva riscossione statale della stessa accisa e si assicuri che il gettito venga utilizzato per le zone interessate, al fine di limitare o prevenire ulteriori danni ambientali ed effetti nocivi per la salute”.

Già è una follia utilizzare il pet-coke. Ma, leggendo questa interrogazione, scopriamo che i gruppi economici che operano in Sicilia nella chimica – che sono quasi tutti del Nord Italia e che, quindi, non pagano le imposte in Sicilia pur inquinando la nostra Isola – potrebbe anche non pagare l’accisa sul pet-coke. Nel caso in cui, invece, tale accisa venga pagata, non siamo nemmeno sicuri se gli introiti di tale accisa vengano spesi in Sicilia, in questo caso a Gela.

Il Governo regionale di Rosario Crocetta, che si è già fatto ‘scippare’, in silenzio, 800 milioni di euro dal Governo nazionale per il Fiscal Compact, che ha preso in giro i siciliani con la storia dell’articolo 37 (ha detto che tale articolo dello Statuto siciliani sarebbe stato applicato – e cioè che le imprese con stabilimenti in Sicilia e sede sociale in altre parti d’Italia avrebbero pagato le imposte alla Regione – e invece si è trattato di una bufala), che non ha chiesto nulla a Roma per l’articolo 38 dello Statuto ha la possibilità di riscattare, almeno in parte, le proprie insufficienze. Facendo chiarezza sul pet-coke. Chiedendo notizie su questa accise. O, magari – abolendo l’utilizzazione del pet-coke in Sicilia.

E’ chiedere troppo?

 


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