Il futuro della Perla Jonica potrebbe essere ancora all’insegna della catena Hilton. È quanto trapela da ambienti vicini alla famiglia Rappa, gli imprenditori che in estate hanno acquistato all’asta ciò che rimane del complesso alberghiero di Capomulini, nel territorio di Acireale. Di origine palermitana, i Rappa si sono aggiudicati il bene per circa sette milioni di euro. La loro è stata l’unica offerta – dopo una prima gara andata deserta – che è arrivata al tribunale di Catania, entrato in possesso dell’immobile dopo il fallimento della Item, società riconducibile allo sceicco Al Hamed Hamed Bin Ahmed che nel 2014 aveva definito l’acquisto dalla famiglia Costanzo, gli originari proprietari.
L’esperienza dello sceicco, legato alla famiglia reale di Abu Dhabi, si era conclusa nel 2020 con il fallimento della società. Una vicenda che aveva lasciato l’amaro in bocca a quanti per anni hanno sperato in un rilancio della struttura, con i naturali riflessi sul fronte occupazionale. Così però non è stato, nonostante i 24 milioni di finanziamento garantiti alla Item – tramite l’agenzia Invitalia – dal ministero dello Sviluppo economico, all’epoca del governo guidato all’epoca da Matteo Renzi. Dai bilanci analizzati dalla sezione fallimentare del tribunale di Catania, è emerso che la Item, negli anni in cui è stata proprietaria della Perla Jonica, si rese protagonista di spese quantomento curiose: da una Ferrari California fatta passare come auto aziendale al pagamento di circa 60 mila euro a una società britannica attiva nella diffusione di fake news in giro per il mondo con l’obiettivo di condizionare gli equilibri politici all’interno dei singoli Paesi.
Il fallimento dello sceicco e dei suoi emissari italiani, tuttavia, è una storia che appartiene ormai al passato. Il presente e il futuro è targato Rappa. Per gli imprenditori palermitani si tratta di uno dei primi investimenti, dopo un periodo difficile sul fronte giudiziario. In primavera, infatti, la Corte d’appello di Palermo ha restituito ai Rappa larga parte del patrimonio di oltre duecento milioni di euro in precedenza sequestrato dal tribunale. I provvedimenti erano scaturiti dalla condanna definitiva di Vincenzo Rappa, capostipite della famiglia, per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio. L’uomo, deceduto negli anni scorsi, fu processato per i rapporti intrattenuti a inizio anni Novanta con diverse famiglie di Cosa nostra, dai Madonia ai Galatolo, mentre per il decennio precedente era stato considerato soltanto una vittima delle pressioni estorsive della mafia. Più di recente, i legali della famiglia Rappa hanno ottenuto dalla Corte d’appello di Caltanissetta la revisione del processo con la cancellazione della condanna per riciclaggio, mentre è stata confermata quella per concorso esterno. Ciò ha portato gli avvocati a ricorrere alla Cedu, la Corte europea dei diritti dell’uomo, nel tentativo di ottenere per Vincenzo Rappa ciò che è stato disposto nei confronti di Bruno Contrada, l’ex poliziotto e uomo del Sisde, la cui condanna per concorso esterno è stata revocata perché riconducibile a un periodo in cui il reato «non era ancora sufficientemente chiaro e prevedibile».
Ad acquistare la Perla Jonica è stato Vincenzo Corrado Rappa, uno dei nipoti del capostipite. Anche lui era stato interessato dal sequestro dei beni, per poi riuscire a dimostrare come le vicende del nonno non abbiano inciso nella propria carriera imprenditoriale. Adesso starà a lui provare a dare un futuro alla Perla Jonica.
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