L'eterna diatriba sul più famoso pezzo di tavola calda siciliano si arricchisce di una nuova puntata: la pasticceria Savia abbandona la denominazione al femminile per passare al maschile. Il proprietario commenta: «Abbiamo tentato di spiegare la nostra tradizione di famiglia. Alla fine, abbiamo ceduto»
Pasticceria Savia sterza in direzione «arancinu» La storica decisione del famoso locale catanese
«Siamo catanesi al cento per cento, semmai dubbio ci fosse mai stato». Recita così la pagina Facebook della pasticceria Savia di Catania, l’antico laboratorio del centro storico catanese, sotto alla foto che mostra l’etichetta «arancinu» sostituire quella «arancine». Fondata nel 1897 dai coniugi Angelo ed Elisabetta Savia, la pasticceria rimane tutt’oggi uno dei locali più famosi del capoluogo etneo. Savia, infatti, non è solo famosa per la sua ubicazione (è collocata di fronte al giardino Bellini, all’angolo definito da Federico De Roberto come «il salotto di Catania») ma anche e soprattutto per la sua pasticceria e rosticceria. Ed è proprio una delle specialità della cucina siciliana ad essere al centro del curioso cambiamento di denominazione, avvenuto ieri nel noto locale del capoluogo etneo.
Parliamo dell’arancino, il pezzo di tavola calda più famoso dell’Isola, e della diatriba in merito al sesso della prelibatezza tutta siciliana. Nonostante siano intervenute molte voci autorevoli in merito, prima fra tutte l’Accademia della Crusca o più recentemente il professore Salvatore Trovato, ordinario di Linguistica generale all’università di Catania, la natura della disputa sembra tutt’altro che risolta. L’eterna domanda tra Palermo e Catania rimane: arancino o arancina? Un’ulteriore risposta, in realtà, la fornisce proprio la famosa pasticceria Savia, cambiando il nome sulle storiche targhette.
«Finalmente, al maschile!», «Quella a finale era una coltellata al fegato dei catanesi», «Era ora»: sono soltanto alcuni dei commenti apparsi sulla pagina Facebook di Savia, in merito alla condivisione di un post con le nuove targhette, con un deciso «arancinu» impresso nelle etichette. Eppure, pare che la decisione presa da Savia non sia stata presa sicuramente a cuor leggero: «Riceviamo da anni, non solo recentemente, delle critiche in merito alla denominazione al femminile arancine», racconta Claudio Lombardo, uno dei due proprietari della pasticceria.
Lombardo spiega a MeridioNews le dinamiche dietro il singolare cambio: «Ne discutevamo da anni, studiavamo un modo per sfruttare la soluzione migliore. Noi, come da tradizione di famiglia, siamo sempre stati gli unici in città a chiamare i nostri prodotti in corretto italiano, scontrini compresi». «Arancinu» corrisponde ad «arancino» in italiano regionale, a sua volta diminutivo di «aranciu», il frutto dell’albero, secondo la Crusca: «Abbiamo tentato di spiegarlo in tutte le lingue del mondo ma, alla fine, abbiamo ceduto. Al catanese, a dire la verità – conclude Lombardo – le arancine non vanno giù esclusivamente per il discorso palermitano».