La provincia del capoluogo si piazza al 45esimo posto (su 106) per numero di reati denunciati, distante dalle altre aree che fanno capo a una grande città. In controtendenza solo il dato sul pizzo, commentato da Daniele Marannano
Palermo più sicura per il Sole24Ore, ma salgono le estorsioni AddioPizzo: «Troppe denunce arrivano solo dopo le indagini»
Come ogni anno il Sole24Ore ha pubblicato l’indice che riporta l’incidenza della criminalità nelle 106 province italiane. Una classifica stilata sulla base delle denunce effettuate nel corso dell’anno e che tiene conto di 18 diverse tipologie di reato, dall’omicidio all’infanticidio, passando per l’associazione mafiosa, i furti e gli scippi e che restituisce un quadro della provincia di Palermo che fa davvero ben sperare. La città metropolitana, infatti, ottiene un lusinghiero 45esimo posto perdendo cinque posizioni rispetto all’anno precedente. Ben lontana dalle altre province che fanno capo a grandi città come Torino, Roma e Milano, tutte ferme stabilmente tra le prime dieci e anche da Napoli, che si attesta al 17esimo posto della classifica generale.
Un dato parziale, certo, che non tiene conto dei tanti reati per cui non viene sporta denuncia, ma sicuramente che fa ben sperare. Analizzando i risultati raccolti dagli analisti del quotidiano economico, tuttavia salta all’occhio un dato in forte controtendenza rispetto agli altri: quello delle estorsioni. Nella graduatoria, guidata dalla provincia di Foggia, Palermo si piazza al quinto posto con 315 reati denunciati, 25.1 ogni centomila abitanti. Un dato quasi raddoppiato rispetto alle 180 denunce dell’anno precedente (37esimo posto in graduatoria) e che per questo da un lato deve destare delle comprensibili preoccupazioni, ma dall’altro potrebbe essere interpretato come un segnale positivo, visto che troppo spesso la protezione più grande nei confronti di chi compie tale reato sta proprio nel silenzio della vittima di turno e che questa classifica si basa appunto sulle denunce effettuate, che ancora rappresentano un’eccezione, una crepa nel muro dell’omertà.
Secondo chi vive la questione sul campo, tuttavia, non sarebbe tutto oro quello che luccica. «Da tempo sosteniamo che la tendenza di denunce e collaborazioni a nostro avviso rimane più o meno costante ed è legata in particolare all’azione repressiva – spiega Daniele Marannano, presidente di AddioPizzo – Dal nostro osservatorio che è quello della strada e dei processi, rispetto al numero di denunce non registriamo picchi di crescita nè tantomeno battute d’arresto. E soprattutto il trend delle denunce è legato e stimolato, in maniera sensibile, dall’azione repressiva di forze dell’ordine e magistrati».
Un trend, quello a cui fa riferimento Marannano, confermato più volte dalle forze dell’ordine, che pure hanno messo a segno diversi colpi negli ultimi mesi, ma che continuano a trovare reticenza da parte delle vittime, che spesso finiscono col denunciare solo se messe di fronte al fatto compiuto. «Non a caso la maggior parte delle scelte di collaborazioni maturano a seguito delle indagini – continua il presidente dell’associazione antiracket – Ma del resto è illusorio pensare che in una città come Palermo che è stata governata in passato e per decenni da un sistema di potere mafioso, possano esserci rivoluzioni e carovane di operatori economici pronti a denunciare dall’oggi al domani».
Un atteggiamento timoroso che però, per certi versi, è lecito considerare comunque positivo quando culmina in una denuncia, almeno secondo Addiopizzo. «Va sfatato il luogo comune secondo il quale si tendono a considerare le collaborazioni che nascono su sollecitazione di investigatori e inquirenti meno importanti delle denunce. Collaborare in certi contesti di periferia, come Borgo Vecchio, Brancaccio, Borgo Nuovo, Cruillas, Zen e tante altre aree investite da profonde sacche di degrado e di povertà economica è tutt’altro che scontato. Sono aree che scontano un gap in termini di accesso a diritti essenziali come quelli al lavoro, alla casa e alla salute notevole e tutto questo crea un senso di insicurezza sociale, economica, esistenziale – direi – che rappresenta un tappo anche alla crescita delle denunce contro il racket delle estorsioni. Rispetto a tale scenario – conclude Marannano – più che l’azione di magistrati e forze dell’ordine che rimane incessante ed efficace, occorre che la politica dia risposte a quelle emergenze occupazionali e sociali che se irrisolte diventano terreno fertile per fenomeni di illegalità diffusa e criminalità organizzata».