Palermo, in cinque anni 2299 attività in meno «Situazione grave, va cambiato regolamento»

Dati preoccupanti, sintomo della crisi che dilaga in questa città, della
sofferenza economica in cui vivono le imprese e di conseguenza le famiglie palermitane. Un quadro desolante e pesantissimo quello emerso dal report di Confesercenti che vede la Sicilia come la regione che vive la condizione peggiore con oltre 16mila attività in meno negli ultimi cinque anni, una cifra che è la summa del rapporto tra aperture e chiusure di negozi, bar e ristoranti. 

«La crisi – dice
Mario Attinasi, presidente di Confesercenti Palermo – ha determinato dei cambiamenti irreversibili soprattutto nel settore del commercio. Un’idea di soluzione io ce l’ho: occorre individuare con urgenza un nuovo modello di sviluppo economico, puntando al settore del turismo. Poi vanno riconsiderati i negozi, piccoli e grandi, attraverso la rinascita dei centri commerciali naturali abbandonati dalla politica siciliana». Per quest’ultimo obiettivo, spiega il presidente, andrebbero potenziati i servizi: trasporti pubblici con un biglietto unico, una card turistica e un nuovo modello di parcheggi in centro.

Attinasi fa anche una
analisi finanziaria per meglio chiarire la situazione e questo drammatico saldo negativo per la città. «Abbiamo un peso fiscale assurdo – continua -, le famiglie alla fine del mese non hanno un budget da destinare alla spesa e serve uno sforzo del governo per un abbassamento del peso fiscale. C’è da valutare anche che le piccole e medie imprese – che sono la maggioranza di quelle italiane – non hanno come affrontare le crisi anche dal punto di vista del marketing. Ma ci sono dei metodi di sviluppo». E questi metodi Confesercenti vuole metterli in atto: «Nei prossimi mesi, ad esempio, attiveremo dei corsi di inglese per i nostri associati e un corso gratuito entro la primavera anche per il marketing innovativo». Strumenti che oggi risultano indispensabili.

Ma un altro problema è quello relativo agli
affitti, troppo alti soprattutto in certe zone della città. «La nostra proposta comprende due temi: incentivare i grossi marchi con canoni più leggeri e poi modificare il regolamento del consiglio comunale per permettere di aprire attività che sono di oltre 200 metri quadri, cosa che attualmente non è possibile». I grandi marchi possono, ma la questione è tutta legata alle licenze: quelle vecchie vengono rinnovate e per questo troviamo grandi negozi in centro, ma i nuovi non possono. Il Comune infatti non ha adottato un piano che consenta alle medie e grandi strutture – oltre i 200 e i 1.500 metri quadrati – di richiedere l’autorizzazione all’apertura.

«Speriamo entro la primavera di portare un cambiamento – aggiunge Attinasi –  e per questo abbiamo già chiesto un incontro con le Attività produttive e l’urbanistica per rivedere in Consiglio comunale il regolamento. Inoltre – conclude – noi
siamo contrari alla liberalizzazione dei mercati e al fatto che si lavori sempre. O cambiano le regole o non possiamo andare avanti. Il nostro è un obiettivo a brevissimo termine».  

Marta Genova

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