Palermo e dintorni, diossina per tutti

Spazzatura che viene raccolta non si sa ogni quanti giorni, cataste di rifiuti che vengono spesso incendiate sprigionando aria irrespirabile, satura di veleni. Palermo e alcuni centri della provincia stanno attraversando ormai da sei mesi, troppi, un’autentica emergenza. E pare che nessuno sia in grado di proporre soluzioni valide. Anzi, chi governa – alla Regione, alla Provincia e al Comune di Palermo – non sembra neanche aver compreso la gravità della situazione.

Nel mese di novembre dello scorso anno, il nostro giornale ha pubblicato un articolo nel quale venivano denunciati i ritardi della pubblica amministrazione nell’adottare provvedimenti urgenti per la salvaguardia della salute dei cittadini dopo l’incendio che, mesi e mesi prima, aveva bruciato la discarica di Bellolampo a Palermo. (a sinistra, foto tratta da amazzonievalchirie.it)

Immediatamente dopo, anche se nel frattempo erano trascorsi alcuni mesi dall’incendio e migliaia di persone, fiduciose delle dichiarazioni della “normalità” dell’ambiente rilasciate da personalità di spicco, avevano invece respirato l’aria carica di veleni e ingerito alimenti probabilmente alimenti contenenti sostanze tossiche (stando ai dati rilevati dall’Asp di Palermo), è stata confermata la pericolosità di una vasta zona che ricade nei Comuni di Borgetto, Carini, Giardinello e Montelepre, e interdetto il consumo di alcuni alimenti prodotti da aziende con sede in questi Comuni.

A dicembre dello scorso anno, nel corso di un’assemblea organizzata dai Comuni di Montelepre, Borgetto, Giardinello e Torretta per conoscere la reale situazione sull’inquinamento da diossina provocato dall’incendio divampato nella discarica di Bellolampo, i tecnici dell’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) e del servizio veterinario dell’Asp 6 (l’Azienda sanitaria provinciale di Palermo), riferivano che non era il caso di creare allarmismi perché “i risultati degli accertamenti eseguiti nell’immediatezza del rogo ed altri effettuati successivamente, tranne qualche eccezione, rientrerebbero nella norma”.

Secondo i tecnici, tra cui quelli dell’Asp di Palermo, del dipartimento di prevenzione veterinaria, del servizio veterinario di Carini e del servizio veterinario di Partinico, intervenuti alla riunione, si sarebbe trattato solo di due casi di contaminazione da diossina che si concentrava prevalentemente nei grassi animali e quindi nel latte e nei suoi derivati. Per smaltire la diossina del latte di una mucca contagiata, hanno spiegato i tecnici, sarebbero stati sufficienti 60 giorni, mentre servirebbero 8 mesi per le carni. (fonte Teleoccidente). (a destra, un’immagine dell’incendio della discarica di Bellolampo)

Già questi dati sarebbero sufficienti a far scattare un campanello d’allarme in chiunque fosse interessato o coinvolto nel problema salute di un’area dove vivono migliaia e migliaia di persone.

I ritardi nel rilevare i rischi connessi con l’incendio alla discarica di Bellolampo, la difformità delle dichiarazioni rilasciate dai tecnici rispetto ai dati rilevati (due contro un terzo degli oltre sessanta campioni analizzati dall’Istituto G. Caporale di Teramo su incarico della Regione Sicilia) e l’inesattezza riguardante i tempi di permanenza della diossina, che permane non settimane o mesi, ma di decenni (tali sarebbero, infatti, i tempi di “dimezzamento” di alcune diossine che si degraderebbero difficilmente) sono sotto gli occhi di tutti. Siamo davanti a fatti gravissimi che dimostrano che il problema è tutt’altro che risolto e che chi lo ha gestito e lo gestisce non sta operando come avrebbe dovuto e potuto fare.

Come hanno dimostrato numerosi studi (si vedano, ad esempio, le analisi condotte da Antonio Giordano, presidente del Comitato scientifico del Centro ricerche oncologiche di Mercogliano, Avellino, nonchéricercatore allo Sbarro Institute della Temple University a Philadelphia sui rifiuti Campania), i problemi connessi con la produzione di diossine derivanti dalla combustione di rifiuti urbani posso essere così sintetizzati: “Il rischio cancerogeno collegato allo sversamento dei rifiuti tossici sarebbe elevato in territori dove sostanze tossiche come amianto, cadmio, diossina, sono altamente pericolose per la salute”.

Nei giorni scorsi, a distanza di quasi sei mesi dal rogo che provocò l’emissione di sostanze palesemente tossiche, si è tornato a parlare di roghi di rifiuti solidi urbani e di avvelenamento. E, ancora una volta, l’atteggiamento delle autorità coinvolte appare, quantomeno, incomprensibile. A breve la situazione potrebbe ancora degenerare. (a sinistra, Palazzo delle Aquile, sede del Comune di Palermo)

La raccolta dei rifiuti in diversi dei Comuni che fanno parte dell’Ato rifiuti Palermo è, di fatto, ferma. Le conseguenze di questo arresto stanno portando la provincia di Palermo ai limiti dell’emergenza sanitaria.

La maggior parte dei media nazionali, forse perché distratti dalla ‘corsa’ dei vari partiti o movimenti alle prossime elezioni politiche, o forse, perché in attesa che la situazione degeneri, come avvenuto in Campania solo pochi anni fa, hanno dimenticato di informare la popolazione del fatto che la provincia di Palermo è di nuovo in “emergenza rifiuti”.

Per tecnicismi più che per motivi sostanziali, nei giorni scorsi è saltato l’accordo tra i sindaci dei 12 Comuni dell’ATO PA1 e la Catanzaro Costruzioni, società che gestisce la discarica di Siculiana. E, mentre le strade di quasi tutti i Comuni della costa, da Isola delle Femmine a Balestrate, venivano invase dai rifiuti, l’aria cominciava a diventare irrespirabile a causa dei roghi che i soliti benpensanti hanno acceso nell’illusione di risolvere, in questo modo, il problema del mancato conferimento dei rifiuti in discarica.

Nei giorni scorsi, sono stati dati alle fiamme cumuli di immondizia a Cinisi, a Terrasini e a Partinico, anche in zone ad alto traffico. La raccolta dei rifiuti, che nelle scorse settimane pareva potesse riprendere, seppure a singhiozzo, è, ora di nuovo ferma e le tossine prodotte dalle decine di incendi che continuano ad essere appiccati ai cumuli di rifiuti andranno a sommarsi a quelle ancora in circolazione (nonostante quanto asserito da alcuni esperti locali…) dopo l’incendio della discarica di Bellolampo, rendendo la situazione incandescente.

Ma non è tutto. Secondo uno studio effettuato su 58 città europee, condotto da osservatorio Tom Tom, la qualità dell’aria che respiriamo non viene avvelenata solo dalle conseguenze di una cattiva gestione dei sistemi di trattamento dei rifiuti solidi urbani. In base ai dati rilevati, infatti, la nostra amata Palermo è risultata la città italiana in cui è maggiore il traffico urbano (quarta in Europa), con le ovvie conseguenze sulla salute dei suoi abitanti. E ciò in barba alla direttiva sulle targhe alterne (emessa dall’ex Sindaco, Diego Cammarata e confermata dal nuovo Sindaco Leoluca Orlando), in attesa, ormai da parecchi anni, che venga attuato il PUT, Piano Urbano del Traffico.

Mentre il gruppo di lavoro insediato dal Ministero della Salute per fare il punto sulla situazione epidemiologica della Campania nei giorni scorsi ha preferito non sbilanciarsi nel definire un nesso di causalità tra l’esposizione ai rifiuti e specifiche patologie, in particolare oncologiche, affermando, però, che “non possono essere escluse” e pur rilevando “i tassi più alti per molte sedi tumorali”, alcune delle aree più belle di Palermo e dintorni vengono trasformate in vere e proprie discariche abusive, passando dalla classificazione di aree altamente pericolose per la salute degli abitanti a quella, ben peggiore, di aree malsane.

Cosa succederà quando le persone che risiedono in luoghi in cui l’aria è ormai irrespirabile e malsana verranno “invitate” a pagare ancora di più, con il passaggio da TARSU a TARES, per una tassa che ad oggi non è servita a nulla?

 

 


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