Palermo, dramma della disperazione: uccide la sorella disabile e si lancia dal balcone

SESSANTA RIGHE IN CRONACA, OGGI E DOMANI, E DI QUESTA STORIA NON SE NE PARLERA’ PIU’. INVECE DI GIUSEPPINA E FRANCESCO, SORELLA E FRATELLO MORTI OGGI A PALERMO, SI DOVREBBE PARLARE DI PIU’. LEI, SULLA SEDIA A ROTELLE E CON UN DISAGIO PSICHICO, VOLEVA MORIRE. LUI L’HA AIUTATA E POI SI E’ TOLTO LA VITA. DOVE SONO LE STRUTTURE SOCIALI CHE DOVREBBERO AIUTARE QUESTE PERSONE?

Non voleva più vivere. A 62 anni e sulla sedia a rotelle, con altri problemi di salute, Giuseppina Puccio ha deciso di farla finita. Ma da sola non è riuscita ad uccidersi. Così ha chiesto aiuto al fratello. Francesco Puccio, 58 anni, per pietà o per disperazione, l’ha accontentata. L’ha uccisa lui e poi si è ucciso gettandosi dal sesto piano.

Si è consumato così, a Palermo, un dramma della disperazione al ritmo di una tragedia greca. Il disagio e il dolore di una vita di stenti e di amarezze continue. Solitudine e abbandono. Fratello e sorella che decidono di togliersi la vita proprio nei giorni in cui si ricordano i morti.

Lui, un bancario stimato, funzionario di Unicredit. Lei una donna con una vita bruciata. Un tunnel – dal quale non è mai venuta fuori – iniziato con una depressione subito dopo la laurea. Una maledetta depressione che, con il passare del tempo, si è trasformata in un disagio psichico.

Della donna, fino a otto anni fa, si occupava la mamma. Poi, dopo la morte della mamma, a seguire Giuseppina era il fratello.

Non deve essere stato facile, per Francesco Puccio, occuparsi della sorella. Il nostro è un Paese che si occupa poco delle famiglie che hanno in casa malati psichici. Nel Sud, poi, l’assenza dello Stato si avverte di più.

Oggi – complice la crisi economica – chi ha un malato di questo genere in casa si arrangia come può. Spesso in solitudine. Tra difficoltà enormi. Senza il supporto di strutture sociali ridotte ormai all’osso dalla crisi finanziaria dei Comuni.

Oggi nella mente di Giuseppina, ridotta peraltro in una sedia a rotelle, il dialogo con la morte non deve averle dato tregua. Le cronache – o meglio, la ricostruzione fatta dalle forze dell’ordine (in attesa dell’autopsia, che fornirà notizie più circostanziate) – ci dicono che la donna avrebbe tentato di uccidersi con un coltello tagliandosi le vene. Ma non sarebbe riuscita nel proprio intento.

A questo punto avrebbe chiesto aiuto al fratello. Che l’avrebbe finita mettendole un sacchetto di plastica in testa.

Le stesse cronache ci consegnano una lettera di addio della donna: “Sono stanca di vivere. Per questo ho chiesto a mio fratello di aiutarmi a uccidermi. Lui non c’entra niente“.

Il fratello, dopo averla uccisa, forse in preda alla disperazione, si è gettato dal balcone del sesto piano di via Albricci, nella zona dello Sperone, un quartiere che si trova nella parte sud orientale di Palermo. Si è sfracellato in un giardino, dove un bambino stava giocando.

 


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