Preoccupanti i segnali mostrati dai rosanero che nella gara persa al Barbera contro la Lazio hanno confermato le proprie debolezze, sul piano tecnico e caratteriale. E intanto vacilla la posizione di Novellino. La squadra preparerà in ritiro a Coccaglio il match contro la Juventus
Palermo con l’encefalogramma piatto Salvarsi così diventa un’impresa ardua
Dal punto di vista psicologico il Palermo è già in serie B. È la sentenza più amara che ha emesso ieri una serata in cui hanno perso tutti, la squadra in campo e anche i tifosi (una parte dei tifosi) sugli spalti. Matematicamente l’obiettivo sarebbe ancora alla portata (nel weekend hanno perso tutte le squadre relegate negli ultimi posti della classifica e non sono cambiati gli scenari), ma le prospettive concrete di salvezza sono ancora una volta mortificate dal dato di realtà, dalla pochezza di un Palermo incastrato definitivamente in un tunnel senza via di uscita. La pesante sconfitta maturata al Barbera contro la Lazio ha detto che il Palermo non c’è più. L’immagine, cucita addosso a Novellino, di un chirurgo chiamato ad intervenire su un corpo morto è cruda ma pertinente. È un frame compatibile con un quadro come questo in cui è visibile l’encefalogramma piatto della squadra. E anche il chirurgo – sia chiaro – ha le sue responsabilità. Un punto in quattro gare è uno score che fa traballare la posizione di Novellino, tecnico ancora alla ricerca di un eventuale antidoto alla crisi e in stato confusionale come dimostra il frequente trasformismo di un gruppo privo di una precisa identità.
Resuscitare i rosanero (che prepareranno in ritiro a Coccaglio la gara in programma domenica a Torino contro la Juventus) teoricamente è ancora possibile ma sarebbe davvero un miracolo sportivo. Allo stato attuale, come fa a vincere una squadra che fatica ad imbastire un’azione degna di questo nome? In generale, è un’impresa davvero difficile trovare oggi una formazione contro cui possa fare punti questo Palermo. Le ultime prestazioni legittimano il De profundis. E il fatto che anche le dirette concorrenti siano in grande difficoltà resta una magra consolazione. È vero, il Palermo ha ancora le carte in regola per salvarsi ma, obiettivamente, meriterebbe la retrocessione soprattutto per lo spirito con cui i giocatori scendono in campo. Non ci si può salvare se affronti l’avversario senza un minimo di ardore agonistico, non ci si può salvare se alla prima difficoltà ti sciogli come neve al sole. Una squadra debole e senza anima è destinata a sprofondare.
E il clima ostile con cui ieri i rosa si sono dovuti confrontare, peraltro, non aiuta un gruppo che avrebbe bisogno di serenità. Abbiamo detto in apertura che ieri hanno perso tutti e ribadiamo che le scene viste in occasione del match con la Lazio, introdotte nel pomeriggio dai disordini avvenuti in centro città, rappresentano una sconfitta. Chi va allo stadio ha il sacrosanto diritto di esprimere la propria delusione (restando ovviamente nei confini della civiltà) ma le derive di violenza (il lancio di petardi e bombe carta potrebbe costare la disputa di una partita a porte chiuse o la chiusura dei settori da cui sono partiti i botti) sono da condannare senza se e senza ma. Un paio di domande, poi, vanno fatte: infierire su una squadra scarsa, composta peraltro da giocatori giovani e dunque facilmente condizionabili, è una mossa efficace? Perché sparare sulla croce rossa se il principale bersaglio della contestazione si trova a migliaia di chilometri di distanza? Il riferimento è ovviamente a Zamparini, il vero responsabile di questa stagione surreale.