"c'è da restare basiti di fronte a quanto avviene. Scomodare infatti pier luigi cervellati - il mitico urbanista chiamato, a suo tempo, dal sindaco leoluca orlando a redigere il piano regolatore generale della città - per dare un giudizio tranchant sulle scelte non fatte di attuazione di quel piano e farlo, inoltre, esprimere a favore di un altro candidato la cui storia e le cui potenzialità sono certo che cervellati non conosce, mostra il livello di correttezza che sembra segnare la campagna elettorale per le amministrative palermitane.
Palermo, chi ha paura di Orlando sindaco?
“C’è da restare basiti di fronte a quanto avviene. Scomodare infatti Pier Luigi Cervellati – il mitico urbanista chiamato, a suo tempo, dal sindaco Leoluca Orlando a redigere il Piano regolatore generale della città – per dare un giudizio tranchant sulle scelte non fatte di attuazione di quel Piano e farlo, inoltre, esprimere a favore di un altro candidato la cui storia e le cui potenzialità sono certo che Cervellati non conosce, mostra il livello di correttezza che sembra segnare la campagna elettorale per le amministrative palermitane.
I giudizi espressi dall’urbanista, lo si consenta anche al sottoscritto che si giudica appena orecchiante di problemi urbanistici, sanno molto di politichese. Essi, infatti, non tengono conto che il recupero del Centro storico ha un “incomprensibile” ostacolo nella palude burocratica comunale, uffici del Centro storico in primis, e negli uffici del Genio civile, delle Aziende sanitarie locali e, se del caso, della Sovrintendenza, e che la fruizione di quelle ‘isole’ risanate è impedita da tutte quelle carenze puntualmente evidenziate che sono presenti a Palermo in tutti i quartieri, anche in quelli del centro della buona borghesia.
Ma non sono tanto le opinioni di Cervellati, che come tutti gli anziani resta molto affezionato al proprio passato, sulle quali mi voglio soffermare quanto, piuttosto, sui veleni e i colpi bassi di cui segnalavo il pericolo e che, purtroppo, contraddistinguono il dibattito politico cittadino. È evidente, infatti, che in questa vicenda venga in luce l’antica acredine che molti leader e militanti del vecchio partito comunista continuano a portare nei confronti dell’ex sindaco di Palermo.
Vero è, infatti che, da molti anni, gli epigoni o le code di quel partito – riverniciate di modernità e insediati come classe dirigente del Partito democratico – si dice l’abbiano con Orlando, a cui imputano antiche responsabilità relazionali maturate negli anni delle sue precedenti sindacature palermitane, prima fra tutte quella di non essere stato obbediente ai diktat delle nomenclature dello stesso partito. Vero è ancora che quelle nomenclature abbiano cercato, nel passato più o meno recente – ricordiamo l’estenuante sforzo di delegittimarne il peso di capo dell’opposizione in Assemblea regionale negli anni della prima legislatura con l’elezione diretta del Presidente della Regione – e cerchino, tuttora, di frenarne gli slanci e le giuste ambizioni, usando ogni strumento giudicato utile all’obiettivo, fregandosene perfino di vedere allontanarsi o addirittura eclissarsi la probabilità di vincere le elezioni.
In questo gruppo storico, unito da un forte risentimento contro il protagonista della ‘Primavera’ di Palermo, pare infatti che prevalga l’idea che, in ogni caso, importante sia la sconfitta di Orlando, “il nemico”, mentre tutto il resto, a cominciare dal destino di una città che ha bisogno di essere amministrata da chi ha le qualità per farlo, diventa in realtà secondario.
Di questo fatto credo, però, che la gente di Palermo se ne sia resa conto, come si è resa conto che, di qui al giorno del voto, sarà certamente messa in campo tutto quanto è disponibile per cercare di frenare una corsa, quella di Orlando, che sembra non trovare più ostacoli. Di questo si dovrebbero a maggior ragione, rendere conto gli antagonisti di Orlando, perché insistere nelle scorrettezze non credo che, alla fine , giovi molto alla loro causa.