Orlando e la disobbedienza vista dall’opposizione «Una mossa per distrarre dalle proprie mancanze»

Leoluca Orlando è stato l’uomo della settimana. A torto o a ragione, dichiarando di non voler attuare una parte del Decreto sicurezza di Matteo Salvini ha attirato su di sé i riflettori e conquistato la ribalta mediatica a livello nazionale, complice anche la reazione e le risposte a mezzo social dello stesso Salvini, che di riflesso hanno fatto da megafono al sindaco di Palermo. In tanti si sono schierati al fianco del primo cittadino, qualcuno ha teso una mano con riserva, parlando di una possibile strumentalizzazione, mentre non sono mancati neanche i tifosi del vicepremier, ma come ha reagito l’opposizione che contrasta Orlando proprio a casa sua? Come si è comportata l’altra metà di sala delle Lapidi? In tanti parlano di “mossa politica”, di quello si tratta in effetti, visto che le dichiarazioni che hanno scatenato il dibattito altro non sono che parti del mantra che ha ripetuto più e più volte il sindaco durante tutto l’arco del mandato, dal cavallo di battaglia Palermo capitale delle culture al rifiuto di chiudere il porto, gesto più simbolico che altro, visto che comunque nessuna nave carica di migranti, nel frattempo, è riuscita a raggiungere le banchine palermitane.

La maggiore curiosità riguarda certo le posizioni, politiche anche quelle, dei consiglieri del Movimento cinque stelle, alleati di governo di Matteo Salvini, ma spesso a Palermo in corto circuito con il sistema dell’alleanza in occasione di alcune uscite leghiste da Roma. Una posizione che appare subito molto critica e che segue un filo comune. «Trovo l’immancabile piazzata da “disobbediente civile” di Leoluca Orlando – commenta sui social Concetta Amella – altro non sia se non la solita manovra di “spostamento” (pratica per lui abituale) finalizzata a coprire le croniche carenze della sua amministrazione attraverso un “diversivo” tanto altisonante quanto impertinente». E ancora: «Essendo ormai sotto gli occhi smagati di noi tutti la sclerotizzata difficoltà a fronteggiare gli annosi problemi della città, il buon Leoluca la butta dunque in caciara e rilancia – con presunti “bei gesti” – una critica “ai biechi orientamenti governativi” che nei fatti, oltre a consentirgli di estrinsecare il suo ben noto e compulsivo (ma ormai logoro) istrionismo, non apporta alcuna miglioria alla condizione degli immigrati e soprattutto non riesce in alcun modo a sviare l’attenzione dei palermitani dal marasma generalizzato in cui versa la città e di cui egli è uno degli storici responsabili. Non sono dell’avviso – conclude – che si debba applicare alla lettera il motto latino primum vivere deinde philosophari, tuttavia a Palermo, col solo philosophari del magister Orlando, si rischia di morire soffocati dalla munnizza non raccolta, magari alla fermata di un autobus che non passa mai». 

Stesso leitmotif per la collega Viviana Lo Monaco, che in una lunga lettera ai palermitani chiede «a tutti i cittadini, in tutta onestà, quanto vi sentite sicuri quando il vento soffia più forte e i rami degli alberi – non potati – cadono giù? Oppure quando piove (neanche troppo a lungo) e le strade si allagano trasformandosi in fiumi d’acqua straripanti? Oppure quando vi trovate a percorrere la principale arteria stradale – v.le Regione Siciliana – priva di segnaletica (corsie di emergenza e di immissione seguono la fantasia del singolo automobilista) nonché di adeguata illuminazione? O, ancora, quando camminate a piedi su marciapiedi sconnessi, franati e invasi da spazzatura e rifiuti di ogni tipo o lungo vie piene di buche, con l’asfalto rattoppato (e male)? Viviamo in una città in cui violazioni e abusivismo sono concessi, perché non si trovano le risorse umane per controlli e sanzioni.  qUna città in cui ciò che conta è il viale principale, un po’ di fumo negli occhi, quattro luminarie e un “Viva Santa Rosalia” urlato ogni anno più forte». La lettera continua citando altre disfunzioni quotidiane della macchina comunale. 

Sulla scia di quanto affermato da Lo Monaco e Amella tante altre rimostranze di detrattori orlandiani, specie tra i cittadini, al punto che sui social qualche utente usa l’ironia per far notare che «E allora la munnizza?» sta diventando ormai la versione locale del più famoso «E allora il Pd?», caricatura della classica risposta pentastellata a chi muove critiche nei confronti dell’operato di governo su scala nazionale. Restando sempre in ambiente M5s, Giulia Argiroffi è forse quella che sceglie la linea più dura, facendo notare che «nel febbraio del 2017, nell’impostare la sua campagna elettorale (in cambio di qualche appoggio dal governo) Leoluca Orlando ha dato la disponibilità ad aprire un hotspot a Palermo, allo Zen». La struttura poi non vide la luce grazie anche all’apporto del consiglio comunale, grillini inclusi, che ne bloccò l’installazione.

Critiche a Orlando piovono anche dall’altra parte dell’opposizione, quella che fa capo a Fabrizio Ferrandelli. Il leader dei coraggiosi parla dell’intento del sindaco di ridurre un tema importante con quello dell’accoglienza a «una mera propaganda, passando per “scafisti” della politica». Niente di nuovo fin qui, ma è interessante la parte che segue, dove Ferrandelli concentra le proprie critiche sulla nota del sindaco agli uffici. «Ritengo – dice Ferrandelli – piuttosto che si tratti dell’ennesima trovata di Orlando per sfuggire dalle responsabilità, scaricando di fatto la scelta sui dirigenti del Comune con una nota davvero ambigua e capziosa». Parole che hanno un loro fondamento, visto che saranno gli uffici a dover gestire nella pratica dei fatti le conseguenze della disobbedienza del sindaco e finora l’avere rinviato diverse pratiche di richiesta di soggiorno non fa che confermare lo stato di dubbio, nel cui gravitano gli impiegati, che intanto potranno se non altro godere di un po’ di privacy in più, visto il divieto di fare riprese e fotografie negli uffici comunali.


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