Così il procuratore capo di Palermo definisce un’attività ben articolata e composta da venti soggetti, al vertice della quale ci sarebbe il pluripregiudicato Placido Anello, emigrato in terra tedesca nel 2007. Colonnello Mazzotta: «Non si facevano scrupoli ad usare la violenza e a commettere atti intimidatori contro chi non voleva piegarsi». Il video
Operazione Meltemi, droga e armi fra Palermo e Germania «Un’organizzazione evoluta, metodi simili a quello mafiosi»
«I metodi sono simili a quelli usati dalla mafia». Queste le parole del procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi rispetto ai metodi utilizzati dall’organizzazione criminale transnazionale dedita al traffico di stupefacenti e di armi smantellata con l’operazione Meltemi, che ha portato all’arresto di venti persone fra l’Italia e la Germania e al sequestro di beni per oltre quattro milioni di euro. Un’indagine dal respiro europeo, condotta dagli agenti del Gico di Palermo e dalla Kriminalpolizeidirektion di Rottweil. L’indagine scatta nel giugno del 2016, in seguito al ritrovamento al porto del capoluogo siciliano di una pistola Smith&Wesson 357 Magnum e moltissime munizioni, trovate addosso a Massimiliano Bellavia, appena sceso dal traghetto proveniente da Genova. Un’arma forse destinata ad alcuni elementi vicini alla mafia, ma l’urgenza di intervenire non ha permesso di risalire a chi sarebbe servita. È questo il momento che fa scattare delle indagini ad ampio raggio e che innescano la collaborazione fra la nostra Procura e quella di Costanza. Uno scambio diretto e continuativo di informazioni e dati, che ha permsesso di smantellare un’organizzazione ben articolata, capeggiata dal pluripregiudicato palermitano Placido Anello.
«La criminalità organizzata in quanto impresa, seppure illegale, si è evoluta», dice il tenente colonnello Giuseppe Campobasso, responsabile delle indagni condotte dalla Guardia di finanza. «Una criminalità molto vicina alla mafia e, in questo caso specifico, forse vicina alla famiglia mafiosa di Passo di Rigano – spiega – una criminalità che si evolve e che va dove c’è da guadagnare. Anche trasferendosi all’estero, come in questo caso andando in Germania». Tutto, infatti, sembra iniziare nel 2007, quando Anello emigra dall’Italia, dichiarando di non possedere nulla ma nei fatti aprendo subito due ristoranti. «Così come la criminalità si evolve, anche noi investigatori affiniamo i nostri metodi – prosegue il tenente colonnello – Questi criminali in particolare usavano soprattutto whatsapp per scambiarsi informazioni e accordarsi su qualcosa». A disposizione di Anello c’erano dei veri e propri sodali, ognuno col proprio ruolo. Fra tutti spicca Benito Amodeo, corriere della droga per l’organizzazione, fermato a dicembre dell’anno scorso a Messina proprio mentre trasportava un chilo di cocaina e 18 chili di marijuana destinati a Giacomo Principato Russo e Felice Formisano, anche loro tra i fermati. Tutti raggiunti dal fermo emesso dalla Dda di Palermo.
Mentre altri due indagati sono stati raggiunti da un mandato di arresto europeo: si tratta di Rosario Salvatore Iuliano di Crotone e Antonio Lo Grande di Leonforte, una sorta di pendolare che faceva la spola fra la Germania, dove era a disposizione dell’organizzazione di Anello, e l’Italia, dove scontava un residuo di pena ai servizi sociali sino al giovedì. Delle venti persone finite in manette, quindici sono state catturate in Germania. «Un’organizzazione molto violenta, che non si faceva alcuno scrupolo a commettere atti intimidatori, come quello del 27 maggio 2017 a Hüfingen», precisa il colonnello Francesco Mazzotta. Il riferimento è a un atto intimidatorio subito da un imprenditore italiano: «Alcuni membri dell’organizzazione di notte hanno sparato dei colpi di arma da fuoco contro il suo esercizio commerciale – dice il colonnello – Volevano costringerlo a installare alcune macchinette dentro il suo negozio». Anello, emerge dalle indagini, avrebbe avuto a disposizione grosse quantità di denaro e la possibilità di appoggiarsi a alcune attività commerciali precise per riciclare il denaro ricavato dal traffico di droga e di armi.
Nei confronti di Anello, infatti, il Gico ha eseguito un sequestro preventivo d’urgenza per sproporzione dei beni immobili e delle disponibilità finanziarie possedute in Italia, sequestrandogli circa 40mila euro in contanti, conti correnti, nove terreni e sei villini, di cui uno molto lussuoso a Boccadifalco. E ancora due magazzini e dieci appartamenti realizzati abusivamente e poi sanati. Tutto riconducibile a lui e ai suoi familiari. «È la prima volta che questo tipo di sequestro viene applicato nei confronti di persone coinvolte nel campo degli stupefacenti – spiegano gli agenti – È un risultato importante». Mentre le perquisizioni in Germania, condotte da circa 300 poliziotti, hanno portato al sequestro di circa 60mila euro in banconote, due pistole, due lanciarazzi e diverse armi da taglio, una piantagione indoor di cannabis, sei automobili tra le quali una modificata con un doppiofondo per la droga, due terreni e merci del valori del valore di oltre 140 mila euro. Gli altri nomi coinvolti nell’indagine sono quelli di Antonello Lo Porto, Michele Padovani, Christian Scaletta, Giovambattista Saraceno e Giuseppe Aracri.