«La forza dello Stato si esprime attraverso la presenza fisica e i simboli». Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, arriva a Palermo nel pieno della bufera suscitata dalla pubblicazione delle presunte intercettazioni choc tra il governatore Rosario Crocetta e il suo medico personale e primario di Villa Sofia, finito in manette a giugno, Matteo Tutino. Insieme al capo della polizia di Stato Alessandro Pansa inaugura il commissariato “Porta Nuova“, in corso Calatafimi a Palermo, in «una zona di mandamento – ricorda ai cronisti – che ha dato la residenza mafiosa a boss importanti, che hanno sempre condizionato in modo drammatico la vita di questa città e non solo».
L’immobile, in corso Calatafimi 410, non soltanto segna «il trasferimento dell’importante ufficio di polizia cittadino di alcune centinaia di metri nella direzione del lato monte dell’arteria, ma scrive una pagina importante di collaborazione istituzionale» spiegano dalla questura. È il segno di «una perfetta sinergia tra enti, un gioco di squadra, il cui beneficiario ultimo è il cittadino». I nuovi locali sono stati assegnati gratuitamente, per finalità istituzionali, alla questura dall’Agenzia del demanio. L’opera di ristrutturazione dell’immobile è stata finanziata in virtù della norma riguardante lavori di riqualificazione urbanistica con interventi di edilizia sociale convenzionata per le forze di polizia. Con lo stesso finanziamento, si è proceduto alla ristrutturazione di tre immobili, già assegnati alla polizia dall’Agenzia nazionale per i beni confiscati e in passato appartenenti ad esponenti di associazioni criminali di stampo mafioso. I tre immobili sorgono a Brancaccio, corso Calatafimi e zona Fiera.
Ma l’appuntamento istituzionale per Alfano è anche l’occasione per tornare sulla bomba esplosa alla vigilia del 23esimo anniversario della strage di via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino, e gli agenti della scorta. «Io credo a Lo Voi» dice subito ai giornalisti per sgomberare il campo da eventuali equivoci. Perché «per me quelle parole fanno testo. Se ci sono altri uffici giudiziari che hanno quelle intercettazioni e non lo dicono – aggiunge subito dopo -, a questo punto sono loro responsabili di questo grande cortocircuito istituzionale». Occorre, dunque, fare chiarezza, per scongiurare «un’incertezza che crea un clima insopportabile». Certo, se «le intercettazioni fossero vere Crocetta dovrebbe dimettersi, ma io credo a Lo Voi».
Ma lo scandalo che ha travolto la Sicilia e il suo governo richiede una riflessione aggiuntiva. «Queste cose non si verificano nemmeno nel paese giuridico meno sviluppato e meno evoluto. Dobbiamo far qualcosa e sono convinto che questa legge che regola le intercettazioni prima o poi sarà approvata». Resta il fatto che la battaglia contro Cosa nostra si vince quando lo Stato sa stare unito. Una squadra, quella che indossa il tricolore, vince quando non si divide».
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